L’amicizia e il lavoro
di Giuseppe Savà

“Cà nun cari nu spillu /senza Ciro Cirillo”
Che lo Stato si fosse rivolto, tramite i servizi segreti, a Don Raffaele Cutolo per chiedere la liberazione di Ciro Cirillo, era cosa ben nota. Correva l’anno 1981 e l’assessore ai lavori pubblici della Regione Campania, Cirillo, fu vittima di un sequestro durato 89 giorni.
Dieci anni dopo Fabrizio De Andrè e Massimo Bubola scrivevano “Don Raffaè” e nel mezzo dei versi che accusavano lo “Stato, che si costerna, s’indigna s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”, mettevano una allusione esplicita al caso Cirillo.
L’incontro fra De Andrè e Bubola era avvenuto nel 1976.
Che formazione avevi ricevuto in famiglia, che studi e percorsi culturali avevi fatto per indurre un poeta come De Andrè a chiedere la tua collaborazione nella stesura di testi e canzoni?
“Tutto nasce da un problema di dislessia, che avevo manifestato durante l’adolescenza. Mio padre, che era un insegnante, mi sottopose a una terapia letteraria. Mi fece imparare a memoria centinaia di poesie, molte di Rainer Maria Rilke. Appresi inconsapevolmente il modo della poesia”.
Di Bubola e De Andrè sono l’album “Rimini”, “L’Indiano” (composto nel dopo sequestro De Andrè). Una collaborazione durata quattordici anni, sino a “Le Nuvole” e a “Don Raffaè”.
“Sì, c’è un processo di decadenza del personaggio che dalla condizione di purezza e poesia propria di un primigenio mondo arcaico e arcadico, viene catapultato dentro l’attualità.
che inseguivi il tuo profumo
presa in trappola da un tailleur grigio fumo
i giornali in una mano e nell’altra il tuo destino
camminavi fianco a fianco al tuo assassino”.
La stazione è quella di Bologna, dove la protagonista resta vittima dell’attentato del 2 agosto 1980.
il vento li raccoglierebbe
il regno dei ragni cucirebbe la pelle
e la luna la luna tesserebbe i capelli e il viso
e il polline di Dio
di Dio il sorriso”.
In “Rimini” si discute molto di chi sia “Teresa, la figlia del droghiere”. E’ la borghesia, la middle class che ha tradito la missione di favorire il riscatto del proletariato?
“A volte si scrive un verso perché ti serve una rima. C’era un’affascinazione cinematografica nel personaggio di Teresa. De Andrè in un’occasione disse: “La piccola borghesia è un cancro diffuso in tutto il mondo ed estremamente pericoloso, perché non prende mai posizione, persa com’è a rassomigliare il più possibile alla borghesia vera, quella che ha dettato le regole del mondo di vivere degli ultimi quarant’anni e forse più”.
La canzone parla del rifiuto. L’aborto di Teresa e il rifiuto di Cristoforo Colombo sono la rinuncia di chi avendo perseguito degli ideali con grande intensità, vi rinuncia, salvo guardarli con nostalgia e tristezza”.
E Don Raffaè? Come nacque l’idea di celebrare un camorrista, anzi il capo della Camorra?
“L’idea dell’Antistato era presente nella poetica di Fabrizio. L’idea fu sua.
In Don Raffaè, nonostante la censura, o autocensura che dir si voglia, si siete andati giù pesante:
Qui non c’è più decoro le carceri d’oro
ma chi l’ha mi viste chissà
chiste so’ fatiscienti pe’ chisto i fetienti
se tengono l’immunità
Che cosa pensi dell’Italia di oggi?
“Mi fa strano che si parli e si scriva di Fabrizio, interpretando, inventando, accaparrando ruoli. A nessuno viene in testa di ascoltare chi insieme a lui componeva, scriveva, musicava.
La canzone che vi ha legato di più?
“Quella che racconta dello sterminio di un popolo, gli Indiani d’America. Nell’accampamento di pellerossa Cheyenne e Arapaho, nel Colorado, nel novembre 1864 ci fu un orribile massacro di un centinaio di donne, bambini e vecchi – i guerrieri erano a caccia – perpetrato da un certo colonnello Chiwington, il quale, per questo ed altri meriti patrii, fu poi insignito di varie onorificenze e fu eletto al Senato degli Stati Uniti. La canzone si chiama Fiume Sand Creek”.
La foto di Bubola al Teatro Garibaldi è di Sergio Bonuomo
L’intervista è stata realizzata durante il concerto organizzato dall’associazione The Entertainer di Mariolina Marino al teatro Garibaldi di Modica, dove molti hanno scoperto il vero repertorio di Bubola, troppo spesso associato banalmente a De Andrè e non sufficientemente conosciuto nel resto della sua produzione, da “Il cielo d’Irlanda” interpretato magistralmente da Fiorella Mannoia fino alle canzoni da lui composte e cantate.
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