di Redazione
“Nullam, Vare, sacra vite prius severis arborem”.
Deve aver dato inconsciamente ascolto alle parole del porta latino Orazio, Rosario Alescio, uno dei manager iblei e dei consulenti d’impresa più conosciuti negli ambienti di Confindustria, quando tre anni fa decise di comprare un’azienda vitivinicola abbandonata in contrada Bonincontro, a Vittoria.
Il maestro di eleganza latino, famoso per la sua capacità di affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo dettando quelli che per molti sono ancora i canoni dell’Ars Vivendi, raccomandava all’amico Varo, citando il poeta greco Alceo: “Non piantare, o Varo, alcun albero prima della vite sacra”.
Per i romani la vite era l’albero più importante. E forse non è un caso che uno dei professionisti (“imprenditore di se stesso” si autodefinisce) che negli ultimi dieci anni si è occupato in maniera alacre di sviluppo del territorio in Sicilia, di strumenti di pianificazione, Pios, Patti Territoriali, Pit, passando dalla consulenza per gli enti pubblici a quella per le banche e le imprese, abbia deciso di cimentarsi, con un successo inaspettato, nella produzione di vino. Cerasuolo di Vittoria.
Ottenendo la Gran Menzione al Vinitaly, la prima per un DOCG siciliano.
Il “Melovivo Cerasuolo di Vittoria” è stato insignito del “Premio speciale Gran Menzione Vinitaly 2007” al 15° Concorso Enologico Internazionale di Verona e del “Diploma di Medaglia d’Oro 2007” al Concorso Enologico Nazionale di Pramaggiore.
“Rosso si nasce, divino si diventa”. Recita così il claim della Tenuta Bonincontro, il luogo in cui si consuma la chimica, anzi, l’alchimia della trasformazione delle uve “kerasos”, rosse come le ciliegie, in nettare degli Dei.
Del resto, che il territorio limitrofo a Vittoria, oggi Val di Noto, ma un tempo Magna Grecia, nei dintorni dell’antica Kamarina, fosse a forte vocazione vinicola, è provato dalla circostanza che presso il Museo archeologico di Siracusa esiste un documento, trovato da queste parti, costituito da una lamina di piombo arrotolata, un atto notarile di vendita di un terreno coltivato a vigneto, compreso tra i fiumi Ippari ed Irminio. Il commercio del vino qui data III Sec. avanti Cristo.
Nella zona esisteva un arbusto che produceva una bacca rossa e che si chiamava “kerasos”, diversa dal ciliegio; alcuni storici pensano che il vino Cerasuolo di Vittoria possa aver preso il nome da quella bacca.
Ma per il Cerasuolo della tipologia attuale, si ha una data certa di nascita, il 1606, quando fu fondata la città di Vittoria: la sua fondatrice, Vittoria Colonna Henriquez, regalò in quell’anno ai primi 75 coloni, un ettaro di terreno a condizione che ne coltivassero un altro a vigneto.
La vitivinicoltura si svilupperà poi enormemente nel tempo, tanto che l’abate Paolo Balsamo, nel 1808 scriverà: “La campagna di Vittoria è di diecimila salme circa (230.000 Ha); è nella massima parte sabbiosa, calcarea; produce proporzionalmente poco di frumenti, orzi e legumi, molto olio, canape, carrube; e soprattutto vino il quale ha molto credito e si deve, a parer mio, riguardare come il migliore di quelli da pasto di tutta l’Isola…..non è composta quasi di altre viti che di grossonero, di calabrese (nero d’Avola) ed incomparabilmente più da frappato…”.
La passione di Rosario Alescio per il vino è antica, come la vocazione di queste terre, sabbiose, vicine al mare ma riparate dalla brezza corsara che spira dal Canale di Sicilia.
Tre anni fa l’amico Giovanni Caruso lo coinvolge nell’acquisto dell’azienda, subito il rilancio, e, grazie anche ai sapienti consigli di Massimo Maggio, enologo di fama, nel 2006 “Debutto” viene baciato dal Diploma Medaglia d’Oro in Veneto, al Concorso Nazionale dei Vini.
“Un vino è come un figlio” –spiega Rosario Alescio mentre rigira la bottiglia sulla cui etichetta campeggia una ballerina che entra in scena per il “debutto”.
Ma da cosa nasce l’idea di cimentarsi in questa attività? “Lavoro nella creazione di servizi e sentivo il bisogno di rendere palpabile, concreto, il mio anelito di sviluppo, economico, sociale, culturale del territorio”. Rosario Alescio non lo sa, ma il vino per lui è diventato una metafora del suo lavoro.
Dopo “Debutto”, ora anche “Melovivo”, dove il gioco di parole con il siciliano “mu vivu” è straniante, in attesa del vino barricato, le cui botti Alescio ha acquistato in Francia, con costi di gestione enormi.
Cinquanta per cento di Frappato e cinquanta di Nero d’Avola: il Cerasuolo della Tenuta Bonincontro è un attentato all’olfatto. Vino fruttato, profumatissimo, fa venire la “smania” di bere.
E, cosa non indifferente, il Cerasuolo è oggi il primo DOCG dell’Italia Meridionale, da Napoli in giù.
“Grazie all’impegno del Consorzio del Cerasuolo –prosegue Alescio- oggi una fetta di territorio stringata ha ricevuto la delimitazione che permette di etichettare con la Denominazione d’Origine Controllata e Garantita il Cerasuolo”.
La Camera di Commercio controlla che il vino contenuto nelle bottiglie abbia le qualità indicate e rilascia un numero limitato di etichette, una per ogni bottiglia. Per l’ultima produzione appena 6600 etichette. Per 6600 bottiglie.
L’esclusività del prodotto impone a chi fa politica, a chi si occupa di promuovere il territorio, di comprendere “che abbiamo un’opportunità eccezionale –prosegue Alescio-. Costruire il marketing territoriale in grado di attivare un inedito circuito turistico enogastronomico sulla falsariga del Chianti, o, per citare un esempio più recente, del Sagrantino di Montefalco, reso noto da Arnaldo Caprai, quello dei pizzi e dei merletti, negli ultimi quindici anni”.
Abbassa lo sguardo, Rosario, e chiosa: “Perché chi beve il nostro Cerasuolo non beve vino”.
E che cosa mai berrà? “Beve un pezzo di storia, di archeologia, di paesaggio, beve un’esperienza. Quella dei contadini che con il loro sudore hanno arato queste terre”.
Il Cerasuolo di Vittoria ha una versatilità tale da poter accompagnare sia i più delicati piatti a base di pesce che le più speziate preparazioni di carni rosse, i salumi e i formaggi stagionati e la raffinata selvaggina allo spiedo. Le potenzialità di questo vino sono ancor più straordinarie se si pensa alle sinergie possibili con il territorio in cui ricade la sua produzione, ricco di storia, tradizione, bellezze monumentali e paesaggistiche.
E se negli ultimi anni il mercato internazionale del vino ha mostrato un notevole interesse verso i vitigni autoctoni o tradizionali di un territorio, l’ultimo decennio ha visto l’esordio di produttori animati da propositi ambiziosi non sempre andati a buon fine. Fare vino, infatti, presuppone capacità imprenditoriali, passione e coraggio. Doti che non sano mancate a Rosario Alescio, che, oltre a vantare vigneti in una zona storicamente vocata alla migliore produzione dei rossi siciliani, persegue i dettami di un’agricoltura attenta e rispettosa dei cicli produttivi.
Pur esprimendo un numero ancora limitato di bottiglie di vertice, la produzione ha la capacita di proporre vini significativi, complessi e strutturati, che hanno conquistato critica e pubblico con giudizi lusinghieri e riconoscimenti di merito.
“Melovivo” è un rosso di carattere, dal gusto vellutato, dal colore rosso ciliegia e dal profumo vinoso, alcolico e delicato. Il sapore è pieno, armonico, fragrante. La gradazione è di 13,5 volumi. “Melovivo Cerasuolo di Vittoria”, con il riconoscimento DOCG, taglia il traguardo enologico più ambito e prestigioso d’Italia, poiché giunge direttamente dal Ministero delle politiche Agricole dopo un percorso lungo e complesso durato oltre quattro anni.
La DOCG, denominazione che attiene a circa 1’8% della produzione vinicola italiana, è riconosciuta a quei vini con chiare caratteristiche distintive di qualità superiore.
Gia DOC dal 1973, è nel 2005 che il cerasuolo di Vittoria diviene DOCG e si dota di un disciplinare che ne regola e stabilisce la zona di produzione, la varietà delle uve che lo compongono, la resa per ettaro, la resa uva/vino, il periodo di affinamento, le caratteristiche fisiche ed organolettiche.
Le uniche cultivar ammesse dal disciplinare di produzione sono il Frappato che sintetizza lo straordinario carattere dei vini siciliani in quanto è una varietà che esiste solo in questa area e si distingue per le sue note floreali e di ciliegia, e il Nero d’Avola, uva di grande versatilità, tale da essere utilizzata sia in purezza o con altri vitigni, sia per conferire al vino quel gusto fruttato, risentendo del taglio interpretativo del produttore.
La selezione dei vitigni più adatti, il perfezionamento dei sistemi di allevamento, le corrette pratiche di affinamento e la presenza di tecnici e operatori professionalmente preparati, contribuisce al miglioramento della qualità di questo vino, con una crescente caratterizzazione gustativa dello stesso.
Ma il Cerasuolo di Vittoria assomiglia ad altri vini DOCG italiani? Assolutamente no. Le sue caratteristiche, per vitigno, per suolo e per clima, esaltano la leggerezza, la fragranza e la spontaneità, un vino unico e riconoscibile nell’intero panorama italiano.
Per gli antichi romani la Sicilia era il granaio e l’enoteca. Due anfore, scoperte a Pompei nel secolo scorso, recano dipinte sulla spalla le sigle ME e MES. Queste due sigle sono dei toponimi abbreviati indicanti la provenienza del contenuto delle anfore, più precisamente dal “Mesopotamium”. Nell’antichità era nota in Sicilia la Plaga Mesopotamium, una fertile pianura compresa tra i fiumi Ippari e il Dirillo.
Nato in un territorio con un microclima ed un terroir ben definiti e per questo unici, sabbie rosse e grandi escursioni termiche tra il giorno e la notte, dal Barocco al Liberty, il Cerasuolo della Tenuta Bonincontro si appresta a diventare ambasciatore di questo lembo di Sicilia, di quella landa di terra che guarda verso l’Africa, attraversa i Monti Iblei, proponendo un viaggio nel tempo, dove capita di incontrare ancora uomini della Magna Grecia.
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