Cultura
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03/08/2022 23:59

Un’antropologa statunitense studia la Madonna delle Milizie di Scicli. FOTO

Il professore Paolo Militello, dell'Università di Catania, intervista Sherine Hafez, docente della University of California

di Redazione

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Pietro Sudano e Sherine Hafez
Pietro Sudano e Sherine Hafez

 Scicli – Sherine Hafez è un’antropologa. Professore Ordinario di “Gender and Sexuality Studies” presso l’Università della California (Riverside), conduce delle ricerche sui movimenti islamici e si occupa di “gender studies” (gli studi sui significati socio-culturali della sessualità e dell’identità di genere) nelle culture arabe e mediorientali. Autrice di due volumi sulle attiviste rivoluzionarie islamiche e di un libro su donne e rivoluzione durante la Primavera Araba, lo scorso mese di maggio ha effettuato un soggiorno a Scicli per uno studio sulla Madonna delle Milizie.

Incuriosito dalla sua ricerca, ho approfittato per invitarla a fare una lezione al Workshop su Chiafura organizzato con il Movimento “Brancati”, e le ho chiesto un’intervista. Così, in un tiepido pomeriggio di maggio, nel giardino del Chiosco A’ Funtana, di fronte a un cappuccino (americano) e a un caffè (siciliano), abbiamo avuto questa conversazione.

Sherine, sei venuta qui, nel profondo Sud della Sicilia, per studiare la Madonna delle Milizie. Come l’hai scoperta? E perché questo interesse?
Mi sono sempre interessata al Mediterraneo. Sono nata ad Alessandria d’Egitto, una città mediterranea affacciata sul mare, ricca di monumenti greci, romani e arabi che da bambina alimentavano la mia curiosità su come gli esseri umani sono fra loro interconnessi. Sono rimasta affascinata dai modi in cui questa interconnessione arricchisce culture e civiltà, creando progresso per tutti quelli che ne sono coinvolti. La Sicilia incarna questo, per me. Era ed è tuttora un ponte cardine tra Oriente e Occidente e, come tale, ha una delle culture più ricche del Mediterraneo. Per noi esseri umani i luoghi come la Sicilia, Scicli compresa, sono ottimi esempi di studio perché il mondo ha bisogno di seguire il loro modello di convivenza e tolleranza. Mi rendo conto che la storia attuale è più complessa. In ogni caso, basta camminare per le strade di Scicli e parlare con la sua gente per rendersi conto che questo luogo è il prodotto di una storia davvero unica.

Inizialmente mi sono concentrata sui Pupi siciliani e su come questi riflettano una gamma di relazioni e connessioni multiculturali e multigenere. Stavo facendo una ricerca su questo argomento per una conferenza quando mi sono imbattuta in una foto della Madonna a cavallo di Scicli e ho scoperto che la festa si svolge ancora. Sono rimasta così sorpresa e presa dall’immagine che non ho potuto smettere di cercare delle informazioni al riguardo. Dopo di che, ho deciso di scrivere il mio articolo sulla Madonna delle Milizie.

Sulla base delle tue ricerche antropologiche sulle società mediterranee (e non solo), che idea ti sei fatta della leggenda sciclitana della Madonna delle Milizie? Trovi delle corrispondenze, dei punti in comune con altre storie, miti o leggende?

Ovviamente i rapporti tra le culture del Mediterraneo non sono stati sempre pacifici. La natura dello scambio e delle connessioni può assumere varie forme; a volte può essere violenta, come nel racconto della vittoria dei Normanni sui Saraceni, quando la Madonna interviene a protezione del popolo di Scicli. Ciò che mi interessa come antropologo è il modo in cui le persone oggi interpretano aspetti del passato, rappresentano, celebrano e alla fine riproducono questa storia nel tempo.

Sono molto affascinata dalla Madonna delle Milizie per questo motivo, ma anche per il fatto che la statua sembra rappresentare un capovolgimento del suo ruolo tradizionale. Si tratta di una rappresentazione unica della Madonna come guerriera a cavallo con spada, ma non inedita. In Sud America e Messico la Madonna assume una forma militare anche nei resoconti e nelle celebrazioni di alcune battaglie note. Mentre alcuni vedono questo come una continuazione del suo ruolo amorevole, altri lo vedono come contraddittorio. È interessante vedere come queste interpretazioni variano. 

La Madonna delle Milizie ti ricorda altre immagini di donne guerriere, sia del passato che del nostro presente?
Per me, come studiosa delle relazioni di genere, l’idea che una donna sia una guerriera non è di per sé una novità. Ho scritto di donne rivoluzionarie in Egitto durante la Primavera Araba. Ma, non per dire, guarda che anche le donne possono essere combattenti! Il mio interesse come studiosa di cultura umana è mostrare come queste azioni spostino i termini del dibattito, cambino il discorso sul genere e, in definitiva, alterino le nostre percezioni di genere e differenza. Esempi di donne guerriere provengono da tutto il mondo; in passato, così come nel presente, le donne si sono unite agli eserciti, pilotano aerei da guerra e hanno messo le loro vite in prima linea sui campi di battaglia in molti modi. A Scicli la donna a cavallo con la spada in mano non è una donna qualunque, è la Madonna. Non è un segreto che la Madonna sia importante per gli Sciclitani: sono tante le chiese a lei dedicate. Ma questa Madonna guerriera stabilisce più di un semplice genere o ruolo religioso, rappresenta l’identità stessa di Scicli.

Qual è stata la tua prima impressione di Scicli?
La prima impressione che ho avuto di Scicli è stata in una pausa durante il COVID. Non c’era nessuno in giro ed era un pomeriggio caldo. Tutto era immobile e potevo vedere molto chiaramente quanto fosse bello questo posto. Il paesaggio unico di Scicli mi ha colpito. Non avevo mai visto niente di simile. Anche durante la pausa e il COVID quando ho bussato ad alcune porte sono stata accolta con un sorriso. Mi ha davvero lasciato un’impressione incredibile.

Era la Sicilia che ti immaginavi? Corrisponde all’idea che della Sicilia avete negli Stati Uniti?
No, certo che no! La Sicilia in realtà è molto diversa dalla controparte immaginata negli Stati Uniti. Come sapete, i film di Hollywood come “Il Padrino” hanno creato la fantasia di un posto con “nonne” vestite di nero e organizzazioni di potere clandestine. Ultimamente questa immagine è stata sostituita da una versione romantica della Sicilia, come del resto d’Italia, come un luogo coeso, con vigneti e aranceti, e famiglie numerose che si godono i pasti attorno a un lungo tavolo. In effetti la Sicilia è molto più grande e diversificata, con storie, economie e sistemi sociali complessi.

Da antropologa, che impressione ti hanno fatto gli abitanti di Scicli?
Gli antropologi, in particolare gli antropologi critici, sono formati a non pensare a una comunità come a un insieme omogeneo. Quindi parlare di un’impressione degli Sciclitani nel loro insieme non sarebbe preciso o adeguato. Tutto quello che posso dire è che le tante persone che ho incontrato durante il mio soggiorno a Scicli sono tutte persone uniche e incredibili, ognuna a sé stante. Mi hanno insegnato molto. Posso dire di aver stretto legami con persone che rimarranno con me per sempre. La loro generosità e la loro calorosa accoglienza mi hanno reso una persona migliore. Sono solo grata per questo privilegio e questa esperienza.
Grazie, Sherine. Non vediamo l’ora di rivederti a Scicli.