Cultura Scicli

Una sera al “Jolly Bar”. Racconto di Natale

Il racconto di Natale di Un Uomo Libero per Ragusanews

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/18-12-2022/una-sera-al-jolly-bar-racconto-di-natale-500.jpg Una sera al “Jolly Bar”. Racconto di Natale


Scicli  - Lo conobbi per caso. – Disse mentre centellinava il suo vino, seduta al tavolino del “Jolly”, un bar molto alla moda.

Era triste la città per lei che non aveva più un interesse, un motivo per apprezzarla.

Il palazzo municipale, imponente nella sua mole, austero, era un valido baluardo, uno schermo contro il quale s’infrangevano i suoi sogni e le sue fantasie.

Il sole pallido del tramonto ricopriva di tinte d’oro i monumenti del Corso, le pietre delle chiese e dei monasteri che facevano trattenere il respiro a chi ignaro s’incamminava per il borgo antico: riccioli, foglie d’acanto, colonne che sfidavano il cielo e gelosie che custodivano antiche storie di paradiso e d’inferno, di amori e lacrime.

Avevo smesso di leggere il giornale nell’imminenza della sera, la guardavo con curiosità attirato dal suo aspetto curato, dagli occhi spenti e persi che non mi suggerivano finzione, dalla sua voce che tradiva un italiano dall’accento settentrionale quando rispondeva al cellulare.

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La signora, di un’età non giovane e tuttavia ancora affascinante e bella, cercava sicuramente un interlocutore necessario, un’anima disponibile ad ascoltare la sua per un incontenibile bisogno di raccontarsi.

- Domani partirò, come ogni volta che sono stata qui, senza che il miracolo di una sua sperata epifania si ripeterà. – Mi confidò con molta delicatezza, soprappensiero. – Qui dove i nostri sguardi s’incrociarono per un destino già scritto. Qui dove tutto accadde e dove ormai tutto è finito.-

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Provai a consolarla ma non penso di esserci riuscito. Cercai di conoscere il cruccio che la affliggeva.

-Era bello, forse il più bello degli uomini, il più bello di questa città incantata che ha fatto della sua bellezza un vero e inspiegabile sortilegio. Un ragazzo, in effetti. Aveva sì e no l’età di mio figlio, ma i suoi occhi erano braci di fuoco che agitarono presto le mie notti. -

- Capita spesso – mormorai – di incontrare qualcuno e d’infatuarsi senza neppure capire il come e il perché di un sentimento che poi imprigiona le vite. -

- No. – Ribatté lei. – Non fu una passeggera infatuazione, fu un colpo di fulmine. Il suo nome era scritto nel mio destino come penso che anche il mio fosse nel suo. –

Emise un sospiro.

- Era seduto proprio al suo tavolo. – Riprese. - Ero venuta qua per una vacanza, un viaggio verso il sud in cerca di sole, di caldo, di mare. Un viaggio sotto Natale suggerito da un’offerta interessante che mi aveva convinto a preferire questa Sicilia profonda e mediterranea a mete più reclamizzate e internazionali. Cercavo tranquillità e pace per il mio spirito inquieto spesso sottoposto a un pesante stress e a routine noiose. Una sera come questa mi domandò il permesso di poter fumare liberamente in mia presenza. Ben volentieri accettai la sua compagnia. Era di pelle scura consumata dal sole ma forte e imponente di statura. Capii che il suo siciliano era stentato come poi anche il suo italiano. Gli chiesi ovviamente di dov’era.-

- La città ha molti immigrati, nell’ultimo periodo parecchia gente dell’Africa settentrionale l’ha scelta per abitarvi. – La interruppi.

- Era tunisino, infatti. Dopo, ho saputo che era originario delle parti di Mahdia. Ci trovammo spesso qui, a questi tavoli. Lui con il suo bagaglio di dolore, io con la curiosità e con il mio amore. Quando raccontava la lunga traversata del Mediterraneo su un barchino, le ore d’ansia, rannicchiato tra una folla di altri migranti e infagottato in un vecchio cappotto, trascorse a osservare la luna, quasi mi commuoveva fino alle lacrime e mi stringeva il cuore, il mio cuore di madre. Ma i suoi occhi erano fieri, le mani possenti, la volontà c’era tutta nel volersi costruire il suo domani. All’arrivo era stato ospitato da un compaesano e per tale motivo aveva scelto questo luogo, poi si era introdotto nel mondo del lavoro. L’industria serricola, molto sviluppata da queste parti, gli aveva offerto quell’opportunità di riscatto che cercava. Riuscì a vivere e a sopravvivere. –

- E poi? – Domandai molto preso dal racconto.

- Era inevitabile che nascesse tra noi due un amore. – Sussurrò a mezza voce la signora. – Io prolungai di altre settimane la mia vacanza, lui fu molto felice. Rifiutò sempre qualsiasi aiuto. Non ne aveva più bisogno.-

- Le passioni nell’età matura sono sempre le più dolorose e devastanti. – Affermai.

Lei mi guardò con occhi grandi e complici.

- Sono tornata al nord, al mio lavoro, alle mie preoccupazioni. Ci sentivamo per telefono. Ci vedevamo su Skype. Poi, un giorno, non rispose più alle mie chiamate. Mi preoccupai. Tornai qui per capire che cosa gli era successo. Interrogai quanti lo conoscevano ma di lui si era persa ogni traccia. Com’era apparso nella mia vita così era scomparso.-

-Che strano! – Esclamai. – Senza neppure un addio, senza addurre una ragione o una causa… –

- Sono anni che torno ogni Natale qui interrogandomi, sperando di rivederlo, di ritrovarlo ancora, seduto sempre allo stesso tavolino di questo stesso bar… - Confessò la signora con amarezza mentre centellinava l’ultimo dito di vino del calice che ora le sapeva di fiele. – Non lo aspetto più. – Aggiunse rassegnata. – Ho imparato a immaginarlo qui, come spesso accade nei sogni o nei romanzi, dove lui ed io fummo felici per un attimo senza tempo, dove le nostre vite si trovarono, dove la sua voce si fece grido, preghiera, nel rispetto di una libertà che solo il vero amore conosce e sa dare. -

La signora raccolse le sue cose, indossò la sua splendida pamela, inforcò gli occhiali da sole, anche se il sole era da un pezzo tramontato e i lampioni con gli addobbi natalizi, ricchi di lucine multicolori e inquiete, sfavillavano riflessi sulle basole levigate della strada. Mi salutò con un senso di gratitudine nella voce quasi a volermi ringraziare per la pazienza di averla ascoltata. Si avviò malinconicamente per il Corso, protetta dagli occhiali che molto discretamente celavano lacrime. Da un locale vicino, la voce struggente di Franco Battiato cantava, come aveva scritto Adamo, l’amore perduto e l’abbandono, il ricordo trasfigurato dal desiderio e dalla poesia.

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