Un documento autografo del Duca di Uzeda Giovan Francesco Pacheco, Viceré di Sicilia, emerge dai fondi dell’Archivio Generale di Simancas
di Un Uomo Libero.

Uno straordinario autografo del Duca di Uzeda Giovan Francesco Pacheco, Viceré di Sicilia, emerge dai fondi dell’Archivio Generale di Simancas (AGS, Spagna) per restituirci, a qualche mese dal terribile terremoto del 1693, un quadro drammatico delle zone sinistrate.
E’ un’analisi ufficiale, tuttavia riservata, destinata a Carlo II, re di Spagna, nella quale il Viceré fa al Sovrano il punto della situazione e il documento la dice lunga su quanto impreparata sia stata colta la classe dirigente dell’epoca dal sisma. La difficoltà di organizzare i soccorsi tra i crolli e le rovine per l’endemica insufficienza e inefficienza di una rete viaria nell’isola che avrebbe senz’altro potuto velocizzare gli interventi, anche se danneggiata, fece sì che tutto si complicasse. L’assenza di notizie, lamentata dal Viceré, in momenti così decisivi è veramente impressionante.
Ho voluto tradurre la lettera, più che limitarmi a trascriverla e poi a riassumerla per sommi capi, per la pietà del linguaggio e la verità della scrittura, per il riferimento fatto dal Viceré a un altro precedente catastrofico terremoto accaduto nell’anno 1169.
Vuol essere un mio omaggio commosso a quanti persero la loro vita a causa del sisma e a quanti la conservarono al prezzo che la missiva lascia immaginare.
Nell’anniversario di quell’11 gennaio 1693 che sconvolse la vita dei nostri antenati e cancellò per sempre molta parte della nostra Storia.
“Signore,
I terremoti si sono ancora succeduti in questo Regno dal giorno in cui cominciarono fino a oggi con particolare intensità, in tutte le parti. Non disponendo ora di notizie, dopo le prime scosse, sul Val di Noto non so se continuino anche là, o se non si avvertano più. Tuttavia diffido del fatto che siano cessati, anche se non mi risulta che il Mongibello abbia vomitato ancora materia sulfurea da dove si origina né aperta una nuova bocca attraverso la quale espellere il vento che preme per uscire e la montagna imprigiona. Queste sono state e sono le vere cause dei terrificanti boati che si sentono da quelle parti e c’è chi assicura da diversi osservatori che una batteria di cento cannoni farebbe meno strepito, per questo motivo la paura continua accompagnata da una grande ansia di non ricevere nuovi danni.
Sapendo che l’età e le forze del vescovo di Siracusa lo impossibilitavano a lasciare la sua residenza come ripetutamente mi ha scritto e che il Principe d’Aragona persiste nelle sue indisposizioni, mi parve opportuno mettere nelle mani del Duca di Camastra tutto il da farsi nel Val di Noto coadiuvato dai ministri che ho già segnalato a Vostra Maestà. Il Duca riferisce che la raccolta (censimento, ndt) di quei naturali sta procedendo speditamente, avendo cura di proteggerli e dal prospetto che qui allego Vostra Maestà potrà rendersi conto dei morti rimasti sotto quelle rovine che comunque sono stati di numero inferiore a quelli periti nell’anno 1169 stimati in quindicimila persone.
Tutti i ministri m’informano che si comincia a dare sepoltura ai deceduti o a bruciarne i cadaveri, facendo attenzione alla protezione dei superstiti. Spero che la Divina Misericordia assista gli sforzi incessanti con i quali si cerca di porre riparo a una catastrofe di tal entità come l’attuale, tanto più drammatica a causa dell’abbandono e dell’inclemenza ai quali è lasciato chi è rimasto vivo e si ritrova ora senza casa, senza lavoro e senza risorse.
Sono infiniti i clamori che a me giungono da tutte le parti implorando un aiuto che, anche quando potrei dare, due milioni (di scudi, ndt) non basteranno per sopperire a tante evidenti necessità e, considerando le scarse finanze di questo Patrimonio, nonostante si cerchi di tamponare da una parte e dall’altra, mai si potrà raggiungere lo scopo di coprire tutti i reali bisogni. Con il parere della Giunta ho deciso, intanto, che ogni luogo ottenga l’aiuto necessario nelle forme che Vostra Maestà ordinerà come da prospetto accluso compilato dal Vicario Generale il Duca di Camastra e che in questo periodo si sospenda l’esazione delle gabelle nei posti colpiti dal sisma fino a quando, ricevute dai sopravvissuti le denunce relative ai danni subiti, si concederà la franchigia opportuna sia relativa ai beni materiali sia relativa ai decessi.
Il Duca di Camastra si è mosso con tale vigore insieme ai ministri che lo collaborano che sono stati quasi azzerati i furti e sono state rafforzate tutte le misure aventi per oggetto la sicurezza delle città e delle persone.
Per ciò che riguarda la Giunta degli Ecclesiastici non si è trovato un vero punto di convergenza perché insorgono continuamente difficoltà relative alle monache dei Monasteri, alle Parrocchie da soccorrere e da riedificare, e siccome la Real Azienda di Sua Maestà non può far fronte a tutte queste ingenti spese mi atterrò a ciò che Vostra Maestà riterrà più conveniente. Ad ogni modo il Giudice della Monarchia s’impegna molto nel tutelare gli interessi che sono assoggettati alla sua giurisdizione e ha già diramato di concerto con me gli ordini che nella relazione sono indicati ai punti tre e quattro allo scopo di consolare i Regolari come meglio si può.
La Zecca di questa Città (Palermo, ndt) rimane aperta, avendo ordinato di pagare in moneta equivalente chiunque avesse voluto prelevare il suo argento senza alcuna differenza o perdita in scudi se non un solo tarì. Il bando è segnalato nella relazione al n. 5.
Il Maestro Razionale, il Principe della Torre, mi proponeva di richiedere quello stesso tarì di lega più leggera perché i sopravvissuti non avessero a ricevere neppure quella minima perdita. Ma la Giunta non fu del parere di alterare il rapporto di conio per timore di prestare il fianco a basse speculazioni e creare confusione gettando discredito sulla moneta ufficiale, adulterandola. La perdita tra valore della moneta e valore di mercato sarebbe così piccola da rendere inutile qualsiasi modifica del conio.
Siccome nel Val di Noto la necessità è fortissima e chi ha estratto l’argento dalle rovine avrebbe difficoltà a venderlo, ho dato ordine di rastrellare sia a Siracusa sia a Catania la maggiore quantità possibile di metallo utilizzando quindicimila scudi che erano nelle casse del Real Patrimonio per comprarlo al prezzo più conveniente con la sola spesa di far confluire quest’argento nella Zecca, potere stampare moneta e dare così un importante e immediato ristoro a quei poveri sopravvissuti che non potranno godere del beneficio della Zecca sia per il rischio che comporterebbe tale trasporto, sia per la distanza o per la quantità a volte minima dell’argento cambiato.
A Messina si sta valutando la possibilità di incrementare tale lavoro e le assicuro, Signore, che nulla umanamente è stato trascurato per alleviare e sostenere le grandi difficoltà di questi naturali.
Dio Guardi la Cattolica e Reale Persona di Vostra Maestà come la Cristianità spera. (Chiusura della lettera autografa.)
Palermo, 10 febbraio 1693
El Duque de Uceda.”
CREDITI
AGS, SSP, LEG, 1222
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