Delia Buglisi, classe 1999, catanese
di Redazione
Catania – È diventato un caso musicale, un segnale di cambiamento. Delia Buglisi (Catania, 1999) è riuscita a trasformare X Factor 2025 in un laboratorio culturale più che in una gara. Nelle sue mani il talent show diventa uno spazio dove dialetto, folk e ricerca sonora convivono con la modernità pop.
Dietro la voce limpida di Delia c’è una formazione classica: dodici anni di conservatorio e un legame profondo con la musica d’autore siciliana. Ma ciò che la distingue è la capacità di coniugare due mondi apparentemente opposti — tradizione e sperimentazione. Nelle sue esibizioni, i gesti teatrali incontrano la precisione musicale. È questa contaminazione a colpire critica e pubblico.
X Factor 2025 nasce come competizione, ma la presenza di Delia Buglisi sembra minare la sua stessa logica. La sua maturità artistica sposta l’attenzione dal “vincere” al “dire qualcosa di vero”. E in un contesto dominato da format, questo è già un gesto politico. Diversi esperti musicali interpellati riconoscono che la Buglisi rappresenta una delle poche voci capaci di introdurre nel mainstream la dimensione del dialetto come linguaggio emotivo e non folklorico.
L’uso del dialetto siciliano, spesso al centro delle sue interpretazioni, non è un vezzo estetico ma una scelta culturale. Come accaduto per artisti come Carmen Consoli o La Niña, il dialetto diventa strumento di autenticità e di riconnessione con le origini. La Buglisi lo usa per raccontare la Sicilia contemporanea, senza nostalgia ma con fierezza.
Dall’Isola degli Artisti alla collaborazione con Serena Brancale, fino al palco di Sky Uno, il percorso di Delia racconta una generazione di musicisti che vuole essere ascoltata per quello che è, non per ciò che conviene ai mercati discografici. “Ho scelto di non cambiare per piacere – avrebbe confidato a un collega –. Preferisco rischiare, ma restare vera”.
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