Cultura
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06/04/2009 15:33

Dialetto siciliano e suoni mediterranei nelle canzoni dei Lautari

di Redazione

Una Sicilia tradizionale, ma fuori dagli stereotipi. Con la sua storia, i suoi riti e i suoi miti che possono essere chiavi di lettura dell’attualità.
Antica e moderna. Terra di conquista e di passioni, di “scorza di cannola e minnulata”.
Questa è la Sicilia che i Lautari – Roberto Fuzio, Puccio Castrogiovanni, Gionni Allegra, Salvo Farruggio ed Enrico Luca – hanno portato sul palco del Teatro Garibaldi di Modica, domenica 5 aprile, per il sesto appuntamento della Stagione 2009 dell’Associazione The Entertainer.
Gruppo storico catanese, i Lautari, con un sound mediterraneo che trascina e coinvolge, ora ritmato ora sensuale, cantano per due ore. Rigorosamente in dialetto.
Scelta stilistica e filosofica ben precisa, portata avanti sin dagli esordi alla fine degli anni 80, che trova supporto, a metà concerto, nelle parole e nella voce registrata di Ignazio Buttitta che recita la sua Lingua e dialettu, poesia in cui il dialetto, appunto, è sinonimo della libertà e della ricchezza di un popolo.
I Lautari propongono una scaletta che regala al pubblico divertimento e riflessione attraverso la narrazione in musica di piccole e grandi cose che contribuiscono a formare l’identità siciliana. Piccole e grandi cose in cui il pubblico si ritrova; che creano immediatamente un clima di confidenza e sintonia tra palco e platea.
E la musica è il sigillo di un patto di amicizia che durerà fino alla fine del concerto.
Si comincia con Carziri di cianciana, Sogni e Anima antica.
E si prosegue con Ossignuria, Ju nun sugnu ‘n pueta, Bumma.
Se con La Ballata di Ciccio patata e  Il lupo si sorride, con La cittadedda ‘nfami, Tra villi e valli e Chanson de Roland (Soldati) i testi diventano più seri.
Dal bozzetto ironico tra balli e granite di mandorla di cui Ciccio è ghiotto, si arriva infatti alla miseria della guerra e ad Orlando, «il soldato più soldato di tutti», l’eroe dell’Opera dei Pupi, che, prendendo coscienza di essere manovrato, rinnega il suo essere pupo e va incontro alla morte consapevolmente.
Il sarcasmo con cui viene dipinta l’attuale classe politica in Banda degli onesti lascia il posto al romanticismo appassionato del brano Di quannu chi ju ti visti che descrive un innamoramento al primo sguardo e il concerto si chiude con L’ogghiu.
Ma ancor prima che i Lautari abbiano lasciato il palco si sentono già le richieste di bis.
Ed è ancora musica con C’era cu c’era e Malarazza.