Cronaca
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19/11/2025 10:22

È di Ragusa il 22enne bocconiano accoltellato a Milano e rimasto disabile

Il 22enne ha rischiato la vita: ha subito la perforazione di un polmone e la lesione del midollo spinale

di Redazione

Milano – È di Ragusa il 22enne bocconiano accoltellato in corso Como a Milano e rimasto disabile in seguito alla violenta aggressione.

A rivelare la notizia stamani è stata Video Regione.

L’aggressione al 22enne risale a un paio di settimane prima, al 12 ottobre. Avviene sotto i portici dell’Hotel Una, all’incrocio tra via Montegrappa e via Rosales, pochi minuti prima delle 3 di notte. Il gruppo – cinque ragazzi: tre 17enni e due 18enni – lo avvicinano per strada. La vittima è da sola, ha un po’ bevuto. Il primo approccio: «Hai una sigaretta»; «Guarda come sei ridotto». Poi la domanda: «Hai da cambiare i soldi?». Il 22enne tira fuori delle banconote, e uno dei cinque gliene strappa dalle mani una da 50 euro per poi allontanarsi. A quel punto il bocconiano li insegue. E il gruppo reagisce.

L’aggressione è brutale. Calci. Pugni. Anche quando la vittima, uno studente 22enne della Bocconi, è già a terra. E infine le due coltellate. Una al gluteo. L’altra al fianco sinistro. Per quei fendenti, il 22enne ha rischiato la vita: ha subito la perforazione di un polmone e la lesione del midollo spinale. Sono state necessarie trasfusioni e diverse operazioni salvavita. Ma i danni che ha riportato saranno purtroppo permanenti.

Nei giorni successivi, uno degli aggressori se ne sarebbe vantato anche su TikTok, con un commento beffardo sotto un video della consigliera comunale ed europarlamentare leghista Silvia Sardone, che nell’aula di Palazzo Marino denunciava l’insicurezza a Milano per i sei accoltellamenti registrati in città nel weekend tra il 25 e 26 ottobre. «Il 7 non l’hanno scoperto ancora».

In particolare è A, C., 18 anni, milanese residente a Monza, che ha «ripetutamente sferrato colpi» di coltello inferti alle spalle mentre la vittima era già terra durante il tentativo di rapina e che hanno colpito «all’altezza del polmone» provocandogli uno «shock emorragico da emotorace massivo in ferita penetrante». Alle 3.09 del mattino il 22enne viene trovato in fin di vita da una volante della polizia intervenuta con il 118. In ospedale il ragazzo è arrivato «a un passo dal decesso», ha confermato un medico della Terapia Intensiva. Viene sottoposto a numerose trasfusioni di sangue e a un duplice intervento chirurgico. Rimane paraplegico con danni irreparabili agli apparati urologico, intestinale e sessuale. Il giovane non è stato in grado di ricordare quasi nulla dei fatti. «Ho solo alcuni flash», ha detto sostenendo di aver appreso solo dal personale sanitario e dalla famiglia di essere stato vittima di un’aggressione. Nonostante le più avanzate cure a cui sarà sottoposto per almeno 6 mesi «con altissima probabilità non sarà possibile il recupero motorio».

Martedì mattina gli agenti del commissariato Garibaldi Venezia hanno arrestato i cinque. L’accusa è di tentato omicidio pluriaggravato e rapina pluriaggravata in concorso. I due maggiorenni sono stati accompagnati a San Vittore, i tre minorenni al Beccaria. Sono tutti ragazzi di Monza e dintorni.

«Io sono quello fottuto». Così A. C. è stato intercettato a parlare con uno dei complici dagli agenti del Commissariato Garibaldi-Venezia, pochi minuti prima di rendere verbale di interrogatorio. L’altro giovane, sempre 18 anni di Monza, individuato dall’inchiesta dei pm Andrea Zanoncelli ed Elisa Salatino come il «palo» durante l’aggressione con calci e pugni, si sarebbe mostrato invece «tranquillo», trascurando «completamente le proprie responsabilità». «È in fin di vita, così almeno non parla», un’altra delle frasi intercettate. Nelle trascrizioni depositate dal pm Andrea Zanoncelli, captatate poco prima dell’interrogatorio, gli indagati sperano che la vittima «muoia», scrive la gip Chiara Valori nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere dei 2 maggiorenni (per i minori il carcere è stato disposto dalla gip Sofia Caruso). «Non so se si vede il video dove lo scanniamo», dice uno degli arrestati. «Voglio vedere se ho picchiato forte». Uno di loro avrebbe sottolineato anche la «propria volontà di pubblicare» il «verbale di perquisizione» subita sui social network per vantarsi. La giudice parla di una «sorta di compiacimento» per la «propria azione violenta».

Per questo motivo, oltre a riconoscere la correttezza delle aggravanti della minorata difesa per «aver agito all’interno di un porticato» semi-nascosto approfittando dell’isolamento del giovane, quella della partecipazione di 5 persone (di cui 3 minori, altra aggravante) e per commettere il reato di rapina, ha riconosciuto il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. L’intercettazione nella sala d’attesa del Commissariato li mostra alternarsi «fra improvvisi scoppi di ilarità», invenzioni di pretesti («Mi servivano i soldi, ero ubriaco») o «versioni di comodo» per i magistrati: «Mi è saltato addosso, ha detto `c’ho un coltello´» e «ha messo la mano in tasca». Alcuni valutano come uscirne: «Possiamo fare che è un bel gesto? Lo andiamo a trovare almeno i giudici… Ci dispiace, siamo pentiti.. In realtà non me ne frega». «Magari quel co…e è ancora in coma». «È in fin di vita». «Ma speriamo bro’, almeno non parla. Te hai capito, io gli stacco tutti i cavi». A tratti si compiacciono di aver eliminato le prove («Hanno letto le chat, ho fatto bene a farti cancellare i messaggi») e in altri si accusano reciprocamente di stare vuotando il sacco: «Secondo me sta facendo il pentito».

A stringere il cerchio degli inquirenti sui due 18enni e i 3 minorenni finiti in carcere al Beccaria è stato il ritrovamento nell’abitazione di A.C. della «giacca bianca» con «5 bottoni» e «2 caratteristici taschini» identica a quella indossata dall’accoltellatore e immortalata dalle telecamere di sorveglianza, delle scarpe nere marca Dior con stringhe grigio-nere e dei pantaloni visibili nei «filmati». Fondamentali le testimonianze di due ragazze presenti in strada che quella notte avevano trascorso la sera al Play Club di via Montegrappa e hanno parlato di una banda di «aggressori» molto «giovani, forse minorenni» con la «carnagione chiara» e «abiti scuri», tranne uno con il «giubbino bianco» che hanno colpito e sono fuggiti lungo via Rosales. Le telecamere di sorveglianza della zona e le perquisizioni a casa degli indagati hanno infine incastrato i giovanissimi: quattro italiani, uno nato in Egitto, tutti residenti nella zona di Monza.