La nuova, allucinante, geografia politica siciliana
di Redazione

Palermo – Sembra quasi fatta per il quarto governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo che registra l’appoggio di Futuro e Libertà ossia dei “finiani” e del Pd ma anche dell’Udc, almeno quella che si richiama a Casini, perché, come si legge accanto, la diaspora non è rientrata.
Il segretario nazionale di democratici Pier Luigi Bersani, dopo aver visto a Roma il segretario regionale Giuseppe Lupo e il capogruppo all’Ars, Antonello Cracolici ha dato una precisa indicazione: il Pd fornirà il proprio sostegno al Lombardo-quater in presenza di un programma concreto, forte e all’insegna di un profondo cambiamento per la Sicilia.
Lombardo incassa anche l’appoggio di Futuro e Libertà. I finiani intendono «mantenere in Sicilia, così come a livello nazionale, il patto con gli elettori che nel 2008 portò Lombardo al governo della Regione siciliana».
In una nota, i deputati regionali del movimento hanno dato mandato al proprio coordinatore Pippo Scalia per il sostegno al nuovo esecutivo.
Critiche dal vicepresidente del Senato, Domenico Nania, coordinatore siciliano del Pdl: «In 2 anni, 4 governi. Non c’è che dire, una bella media. Ogni 6 mesi una nuova giunta, con assessori che vengono nominati e non hanno nemmeno il tempo d’imparare l’arte che la devono già mettere da parte, perchè sono licenziati in tronco e sotto a chi tocca».
Nania rincara la dose, sottolineando come «il messaggio di Lombardo sia chiaro per chiunque: non esistono partiti, non ci sono regole, non esiste una coalizione, chiunque deve avere a che fare con me e deve rispondere a lui». Ma in realtà la geografia politica è cambiata da tempo e qualcuno ha sottovalutato ilmovimento sismico; i partiti non sono più gli stessi rispetto al risultato venuto fuori dalle urne del 2008. E’ così per lo stesso Pdl, frazionatosi in Sicilia prima e a Roma poi; così pure per il Pd e adesso per l’Udc che si accinge pure a cambiare nome. Lombardo probabilmente ha intercettato con largo anticipo il malessere che covava, confermato dal modificarsi della geografia all’Ars. Tanto che l’Alleanza per l’Italia di Rutelli parla di «laboratorio politico siciliano punto importante per il cambiamento in corso a livello nazionale».
Nel Pdl, dopo la scissione con Micciché e il suo Pdl-Sicilia, si tenta la strada del ricompattamento ma non sarà semplice.
Ci spera tuttavia Giuseppe Castiglione che guarda già al dopo Lombardo e dice: «Miccichè, nel Pdl o alleato per formare nuovo governo alla Regione, è una risorsa. Ma non può dettare condizioni. Al pari di quelli che hanno deciso di continuare il grande progetto di Berlusconi, prima di parlare di futuro presidente della Regione, deve impegnarsi a ragionare sui programmi. Con Miccichè, l’Udc e la Destra di Storace si lavorerà per un serio progetto di sviluppo della Sicilia. Poi la coalizione sceglierà l’uomo migliore».
L’Udc cui fa riferimento Castiglione però appare già spaccata: la componente che si richiama al leader nazionale Pierferdinando Casini, (il quale sarà in Sicilia il 25) mira alla riorganizzazione del partito nell’Isola dove l’attuale segretario regionale Saverio Romano sarà invitato a farsi da parte.
E’ in ascesa il gruppo che si richiama al sen. Gianpiero D’Alia e probabilmente sarà affidato a lui il compito di rilanciare l’Udc in vista della trasformazione in Partito della Nazione. Intanto tre deputati regionali (Ardizzone, Forzese e Parlavecchio) sono con lui e sosterranno il nuovo governo Lombardo (si vocifera che da tre dovrebbero diventare cinque) scelta non condivisa dal gruppo Romano-Cuffaro-Mannino che conta almeno sei-otto deputati all’Ars.
Nel segreto dell’urna di Sala d’Ercole a convergere potrebbe quindi risultare qualche deputato in più rispetto alla “conta” ufficiale. Martedì si vedrà, intanto adesso si apre il toto-assessori. Sui nomi che comporranno la squadra infatti c’è finora il riserbo più assoluto.
La nuova geografia dei gruppi all’Ars
Chi volesse verificare la stato dei gruppi parlamentari all’Ars, avendo come riferimento il quadro iniziale, quello uscito dalle urne dell’aprile del 2008, penserebbe subito ad uno tsunami.
Inizialmente, quando Raffaele Lombardo ha costituito il suo primo governo, la coalizione che lo sosteneva, era formata da 61 parlamentari: 35 del Pdl (fra i quali 12 di provenienza An), 16 del Mpa, 10 Udc.
All’opposizione, i 29 del Pd. A parte il breve periodo della “solidarietà autonomista”, per cui anche il Pci si trovò a sostenere il governo di Piersanti Mattarella, mai un governo della Regione aveva potuto contare su una maggioranza così forte.
Ma quasi subito Francesco Musotto, in contrasto coi vertici regionali del partito, lasciò il Pdl per iscriversi al gruppo misto, seguito da Giulia Adamo. Il primo è ora il capogruppo Mpa; la Adamo è capogruppo del Pdl-Sicilia, il gruppo scissosi dal Pdl, che ha eletto a proprio leader il sottosegretario Gianfranco Micciché, fondatore di Forza Italia in Sicilia.
Del Pdl originario, passato all’opposizione, fanno parte ora solo 19 deputati che si riconoscono nelle posizioni del presidente del Senato Renato Schifani, del ministro di Giustizia Angelino Alfano, del co-coordinatore regionale del Pdl Giuseppe Castiglione e gli ex An, del co-coordinatore Domenico Nania.
I deputati del Pdl-Sicilia, invece, sono 15. Di questi, sei fanno capo a Gianfranco Micciché, cinque al presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini e si riconoscono nelle posizioni degli onorevoli Pippo Scalia, Carmelo Briguglio e Fabio Granata, mentre altri quattro si richiamano alle posizioni del deputato Dore Misuraca. Nei prossimi giorni, con la costituzione del Lombardo-quater, anche questo gruppo potrebbe subire una ulteriore scissione. Scissione che investe adesso l’Udc.
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