Scompare il Banco di Sicilia, del quale resta una labile traccia, il marchio, e viene trasferita la sede legale a Milano, dove opera Unicredit
di Redazione

Vorremmo che qualcuno ci spiegasse perché non ci sia stato alcuno che si sia premurato a far sapere e spiegare che la nascita del “bancone”, Unicredit unificato, provoca una consistente perdita di risorse per la Regione siciliana. Scompare, infatti, il Banco di Sicilia, del quale resta una labile traccia, il marchio, e viene trasferita la sede legale a Milano, dove opera Unicredit.
Sarà quindi la Regione Lombardia ad incassare l’Irpef di settemila dipendenti dell’ex Banco di Sicilia e quanto spetta sul capital gain, i proventi derivanti dalle negoziazioni. Insomma, ci piove sul bagnato.
Attorno al progetto di Alessandro Profumo – la fusione per incorporazione delle partecipate e cioè Banco di Sicilia, Banco di Napoli e altro – ci sono state discussioni, trattative, dibattiti, litigi e grand commis della finanza pubblica e privata a fare da sponda. C’è stato anche un braccio di ferro fra Geronzi e Profumo, sui poteri da assegnare all’amministratore delegato di Unicredit, fino a che non si è arrivati ad un compromesso che, come si sa, prevede la nomina di un uomo di fiducia delle fondazioni, cioè di Geronzi, avviato a passare alla storia come l’erede del siciliano Cuccia, patron di Mediobanca.
Mentre il progetto di Profumo con una faticosa trattativa guadagnava la dirittura d’arrivo, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti aggiustava le cose fra i bisogni “federali” della Lega e le banche cooperative con l’aiuto delle fondazioni, mettendo in campo una operazione di riposizionamento che concede agli enti locali del Nord, tutti in mano ai leghisti, di avere voce in capitolo negli istituti di credito territoriali. Nel Mezzogiorno, ed in Sicilia, in particolare, l’operazione Profumo e il riposizionamento di Tremonti, apre una stagione di soggiacenza finanziaria senza precedenti e coincide con la perdita di risorse assai pesante. Non ci saranno soldi per servizi cui i siciliani hanno diritto, mentre la ricca Lombardia usufruirà dei versamenti fiscali di settemila siciliani e dei cespiti derivanti dalle negoziazioni bancarie.
I patti di potere hanno tenuto banco, in senso letterale, nessuna attenzione è stata data sia sul terreno istituzionale che politico, al trasferimento della sede legale conseguente alla scomparsa del Banco di Sicilia.
Non una parola da parte di alcuno. Ogni giorno giungono nelle redazioni decine di comunicati stampa sprovvisti di notizia. Una routine avvilente che ha lo scopo di fare conoscere l’esistenza in vita del leader o del parlamentare. Solidarietà a profusione, chiacchiericcio esangue, liturgie di cattivo gusto. Il cordoglio per i funerali del Banco di Sicilia invece non è stato manifestato da alcuno, nemmeno dai componenti del consiglio di amministrazione del Bds, mandati a casa con la fusione in Unicredit. A che cosa è dovuta tanta timidezza? Certo, le vicende politiche siciliane, le indagini giudiziarie, i litigi. Ma niente, proprio niente, giustifica il silenzio sul Bds.
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