Attualità
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27/03/2008 13:04

E’ nato il leghismo in Sicilia. Rinnega la storia, tradisce la cultura

di Redazione

E’ nato il leghismo in Sicilia.

Il Movimento per l’autonomia, alla ricerca di una identità forte, ha scelto la strada seguita da Bossi e Calderoli. Un percorso che pretende una severa revisione culturale, che si cambi la storia, la letteratura.

La Lega Nord ha fatto scuola. Appena nata, ha modificato la storia, facendo nascere nazione padana, e si è inventata le radici celtiche; quindi  ha cancellato uomini di pensiero, condottieri e letterati. Non c’è niente nei nostri libri che richiami la Péadania come entità storica a sé.

Il ragioniere Bossi, per giungere a questo risultato, non ha avuto bisogno di tornare a scuola: la storia che gli serviva se l’è inventata di sana pianta, compresi i riti celtici, o l’ha adattata ai suoi bisogni contingenti, espellendo, per esempio, la Lega lombarda, dalle pagine di storia che l’hanno resa sui banchi un simbolo dell’italianità.

La Lega, in definitiva, ha rubato alla cultura italiana le sue icone, i suoi personaggi, i suoi miti, per riproporne altri, falsi. Con quale obiettivo? Dare una bandiera, una identità, ai lombardi incazzati a causa delle tasse gravose. Il suo slogan, Roma ladrona, non è una politica, né il taxzebao di una rivendicazione qualsiasi, ma l’urlo celtico, questo di un medioevo culturale e sociale inquietanti. Il culto della virilità (il celodurismo), le pagliacciate sulle rive del Po, i concorsi di bellezza padani e tante altri minchionerie, che hanno fatto ridere mezza Italia, hanno condito questa rivolta del nulla, incaricata di istupidire la gente.

Minchionerie, abbiamo scritto. Lo sono fino a un certo punto: Da venti anni la Lega detta l’agenda politica italiana ed ancora oggi – vedi la scandalosa vicenda della Malpensa – ricatta gli alleati.

Mentre nasceva il leghismo padano, in Italia muoveva i primi passi la Rete di Leoluca Orlando. Anche chi non condivideva le ragioni di Orlando ed il suo giustizialismo prima maniera, doveva ammettere che quello siciliano era fazioso ma colto, schizofrenico ma spendibile in Italia e all’Estero. Le becere manifestazioni leghiste di razzismo, le sprezzanti ed offensive opinioni espresse  con preoccupante frequenza nei confronti dei “terroni”, non sono state solo provocazioni, ma un tassello utile alla costruzione di una identità assediata dai mangiapane a tradimento, cioè la gente del Sud.

Ebbene, l’autonomismo del MPA, invece che riproporre in termini moderni ed appropriati, la questione autonomista, seppellita dai partiti, e la questione meridionale, seppellita dalla questione settentrionale, per “merito” della Lega, appropriandosi di uno spazio politico praticamente vuoto e diei suoi contenuti modermi ed utili, si allea dapprima con Bossi e Calderoli, nemici dei terroni,  aiutandoli di fatto  a costruire una linea Maginot contro il Sud, e poi ne adotta l’imprinting con una revisione stupefacente, ed incolta, della letteratura e della storia siciliana.

In una intervista al Corriere della Sera, Raffaele Lombardo, manda sul patibolo Giuseppe Garibaldi, che ha fatto la storia della Sicilia,  e liquida letterati come Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Tomasi di Lampedusa, colpevoli di avere rappresentato i siciliani come un popolo debole, vinto, reietto, incapace di ribellione. A Garibaldi addebita il genocidio dei siciliani, a Verga l’idea di siciliani “vinti”, a Pirandello, la creazione di personaggi modesti e incolore, a Tomasi di Lampedusa, la visione di isolani proni.

Che l’MPA non accolga nel suo pantheon Verga, Pirandelllo, non costituisce in effetti una catastrofe. L’indice non è stato compilato da letterati ma da leaders politici in cerca di voti. Ciò che ci preoccupa è ben altro: il revisionismo siciliano ripercorre la strada del leghismo lombardo, del quale adotta le caratteristiche precipue, il revisionismo, la proposizione di una Sicilia inesistente quanto la Padania.

Una operazione devastante, che tradisce i siciliani e la loro storia, e rinnega la cultura di coloro che la propongono. Lombardo, infatti, è un uomo dotto. Impossibile che giudichi i “vinti” del concittadino Giovanni Verga come personaggi dimessi e senza anima , e gli uomini senza qualità di Luigi Pirandello, come testimoni di una Sicilia decadente e da dimenticare. I siciliani di Verga e di Pirandello sono grandi a dispetto delle umili origini, del destino infame, delle dolorose prove cui la vita li sottopone. E quelli di Tomasi sono indimenticabili, nonostante le ipocrisie, le debolezze, la rassegnazione, le pigrizie. Sono grandi perché veri,  infinitamente veri. Come può esserlo la realtà letteraria.

I siciliani sono altra cosa?

Può darsi, ma quelli raccontati da Pirandello e Verga non ce li deve togliere nessuno.

Che qualcuno tenti di farlo per farci assomigliare a Bossi e Calderoli, ci fa ribollire di rabbia. Ci serve l’autonomismo siciliano, ci serve piuttosto il ricordo dei suoi padri nobili. Perché non farne icone di una nuova stagione poli

Fonte: Siciliainformazioni.com