Il caso coinvolge il prete che subentrò a don Puglisi
di REDazione

Palermo – La mafia infiltrata nella gestione dei beni confiscati. Da sospetto a realtà. Ed è una realtà clamorosa come emerge da una vicenda che ha finito per coinvolgere don Mario Golesano, il sacerdote che subentrò a don Giuseppe Puglisi assassinato dai killer di Cosa nostra la sera del 15 settembre del 1993 mentre rientrava a casa. Un martire che il Papa domenica scorsa ha indicato ai siciliani tra gli esempi da imitare per chi vuole percorrere la strada della Fede.
È dal maggio scorso che la Procura di Palermo indaga su queste infiltrazioni mafiose. Soprattutto dopo le denunce di semplici cittadini e le segnalazioni della Prefettura a proposito della presenza di personaggi in odore di mafia tra i soci di associazioni e fondazioni a cui il Comune aveva assegnato beni confiscati. Soci come Roberta Bontate, la figlia di Giovanni e Francesca Citarda, entrambi assassinati nell’88. Bontate era il fratello minore del capomafia Stefano, «il principe di Villagrazia», ucciso il 23 aprile dell’82 nella guerra di mafia scatenata dai corleonesi Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.
Don Mario Golesano non si dà pace e annuncia che oggi si recherà in Procura. «Non mi ha convocato nessuno – spiega – ma sento il dovere di farlo. Non mi devo giustificare con nessuno, ho la coscienza a posto. Voglio solo mettere le cose in chiaro con il procuratore Francesco Messineo. Da 37 anni dedico la mia vita alla Chiesa e a questa città, ma quando sento certe cose mi sembra che Palermo si sia dimenticata di me e del mio lavoro, dei miei anni di ministero sacerdotale nelle parrocchie di Falsomiele, Borgo Ulivia, Montegrappa, Brancaccio e adesso nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo. Anni che sono espressione di un impegno che non è mai venuto meno».
La Procura ha aperto diversi filoni di indagine sulle assegnazioni di beni confiscati alla mafia. L’inchiesta – coordinata dall’aggiunto Leonardo Agueci – inizialmente si è concentrata solo sui criteri adottati dal Comune per scegliere i destinatari dei beni. Quindi è stata coassegnata alla Direzione distrettuale antimafia che ha disposto accertamenti sulle associazioni “Solaria” e “Live Europe” di cui ha fatto parte Roberta Bontade. Quest’ultima, insieme con altri soci, ha lasciato la società il 10 ottobre 2009, sei giorni prima dell’informativa riservata inviata dalla Prefettura al Comune di Palermo per segnalare la presenza all’interno dell’associazione di persone «imparentate con soggetti mafiosi». Il 17 ottobre, il giorno dopo la stessa informativa, uscirono dalla società don Golesano e altri. Di qui il sospetto dell’esistenza di una «talpa». Inoltre, sarebbe emerso che nella fondazione «Padre Giuseppe Puglisi», creata e presieduta da Golesano, tra i soci fondatori vi è anche Giuseppe Provenzano, consigliere comunale Udc a Giardinello (Palermo) ex amministratore della «Alimentari Provenzano» poi diventato socio di Giuseppe Grigoli, presunto prestanome del boss latitante trapanese Matteo Messina Denaro. Finito nel ciclone delle polemiche – mentre fioccano interrogazioni parlamentari sulla gestione dei beni confiscati e si chiede l’intervento di una commissione d’inchiesta – don Golesano si difende a spada tratta. «Intanto – dice – ho dato incarico ai miei legali di predisporre tutte le iniziative necessarie per la salvaguardia della mia immagine e delle persone che con me hanno collaborato. Non ho mai avuto niente a che vedere con la mafia. Nel servizio di “Striscia la notizia ” sono state pronunciate pesanti accuse sul mio lavoro. Io non ho in gestione né personalmente, né attraverso terzi nessun bene confiscato alla mafia. L’unico bene confiscato assegnato in via definitiva all’associazione “Live Europe”, all’interno del quale ero presente come socio è il bene di viale Regione Siciliana. Il bene si trovava in pessime condizione e furono necessari circa 50 mila euro per la sua ristrutturazione. Sino alla mia uscita da tale associazione il bene è stato utilizzato per i fini istituzionali dell’ente. Rispetto ad altri beni – un appartamento completamente vandalizzato e un terreno, il fondo Magliocco, abbandonato da 20 anni e che nessuno ha mai voluto o potuto utilizzare – si è espresso di recente una sentenza del Tar (contro cui il Comune ha presentato ricorso al Cga, ndr). Tali beni erano stati comunque affidati in via provvisoria. L’appartamento in largo Giuliana – continua don Golesano – è stato ristrutturato dalla Fondazione Puglisi con propri fondi e una piccola raccolta ed è stato messo a disposizione dei ragazzi di Brancaccio».
«Inoltre – continua don Golesano – quando Roberta Bontade venne da me per dirmi che voleva partecipare alla società “Live Europe”, nata per aiutare e stringere rapporti con i Paesi del Nord Africa, andai subito dall’allora procuratore di Palermo, Pietro Grasso, per comunicarglielo. Mi dispiace moltissimo per Roberta, oggi giovane mamma e moglie, che nel nome di non capisco quale “guerra santa” è stata sbattuta sui giornali ed umiliata. Roberta contribuì all’organizzazione di colonie e all’aiuto di alcune famiglie nordafricane che vivevano a Palermo grazie a un libretto del padre di 40 milioni, che era stato appena dissequestrato quando lei entrò a far parte della società. Dal 2004 non ha più partecipato ad alcune delle nostre attività».
Tutto in regola e nessuna zona d’ombra, allora? La risposta la daranno i magistrati della Procura della Repubblica.
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