Meno 2.142 negozi in anno. Peggio è accaduto solo alla Campania che ha perso 2.707 negozi ed al Lazio a meno 2.215. Una desertificazione fotografata da un report di Confesercenti e che coinvolge in modo diverso grandi e piccoli centri.
Nelle città si svuotano i centri storici, spesso a vantaggio di B&B e attività legate al turismo ma vengono sostituiti dai grandi marchi e dai centri commerciali che sorgono negli altri quartieri. Nei piccoli centri spariscono librerie, edicole e anche supermercati e piccole botteghe soprattutto a conduzione familiare senza che nessuno prenda il loro posto.
Ma anche nelle città più grandi le vetrine rimangono vuote, come emerge da un altro report, quello di Confcommercio condotto insieme al centro studi Tagliacarne sugli ultimi dieci anni. In questo caso a soffrire sono i centri storici dove chiudono negozi di giocattoli, abbigliamento e calzature, mobili ma anche ferramenta, edicole e librerie fino ai distributori di benzina. Al loro posto un boom di case vacanze e bed and breakfast, bar e ristoranti.
Confcommercio parla di "città-svago" a misura di turista dove si rischia di non trovare più negozi e servizi per i residenti e alla lunga anche i veri residenti potrebbero diventare una rarità. Così nel centro storico di Palermo in dieci anni i negozi sono passati da 1.316 a 821 con un calo del 37 per cento, quasi il doppio del 20 per cento di media nazionale. Nello stesso periodo alberghi, B&B, bar e ristoranti di ogni tipo sono cresciuti da 295 a 500, un balzo del 69,4 per cento rispetto al già forte incremento del 30 per cento registrato in campo nazionale.
Fra le città censite da Confcommercio fa peggio solo Agrigento dove i negozi nel centro storico si sono assottigliati del 47 per cento. Seguono Enna con un calo del 32 per cento e Ragusa con il 31 per cento. Tengono, pur essendo in calo, Catania, Messina e Siracusa.