Economia Pesca

Il merluzzo rischia di sparire dal Mediterraneo

L'Italia frena sulle restrizioni: «Ne va della nostra economia»

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/13-12-2024/il-merluzzo-rischia-di-sparire-dal-mediterraneo-500.jpg Il merluzzo rischia di sparire dal Mediterraneo


Il merluzzo (nome improprio con cui in Italia viene chiamato il nasello, Merluccius merluccius) potrebbe sparire nei prossimi anni dal Mediterraneo occidentale per effetto di decenni di pesca intensiva, insieme ad alcune altre specie che vivono in profondità come il gambero viola o lo scampo, ma l’Europa fatica ad approvare misure efficaci per ridurre le attività di pesca a strascico, in particolare per l’opposizione dei governi di Italia, Francia e Spagna. 

Secondo i dati più recenti dello Scientific, Technical and Economic Committee for Fisheries (Stecf), organo di ricerca in seno alla Commissione europea, le popolazioni di nasello nel Mediterraneo occidentale sono sotto il 10% dei livelli considerati minimi per la sopravvivenza della specie, e ancora oggi vengono pescate in quantità quasi doppie (1.98) rispetto ai limiti che permetterebbero agli stock di rigenerarsi. 

«Il nasello è sempre in una situazione di sovrappesca», afferma Francesco Colloca, dirigente di ricerca del dipartimento di ecologia marina integrata della Stazione Zoologica Anton Dohrn. Secondo il ricercatore, negli ultimi 10 anni un calo sostanziale delle attività di pesca imposto dall’Europa ha migliorato leggermente la condizione di alcuni stock di merluzzo e di altre specie colpite da sovrappesca nel Mediterraneo occidentale, ma la situazione è ancora critica e altri sforzi sono necessari per salvare la sopravvivenza di questa specie. «È necessario raggiungere i target della Commissione europea del massimo sfruttamento sostenibile, la riduzione dello sforzo di pesca deve essere portata avanti, magari in modo progressivo nell’arco di alcuni anni, ma deve essere portata avanti se vogliamo dare un futuro alla pesca», ha detto Colloca.

La regolamentazione della pesca a strascico del nasello e delle altre popolazioni a rischio è stata al centro di una riunione incandescente del consiglio Agrifish, l’organo europeo che riunisce i ministri degli Stati membri con delega ad agricoltura e pesca, che si è riunito il 9 e 10 dicembre a Bruxelles con il compito di definire le quote di pesca per il 2025. Il consiglio Agrifish è stato il culmine di uno scontro che si protrae da mesi, e vede schierati su fronti opposti la Commissione Europea, che ha chiesto agli stati membri misure urgenti per ridurre la pressione della pesca verso il merluzzo e le altre specie nel Mediterraneo, e i governi di Italia, Francia e Spagna, che al contrario hanno proposto una moratoria di un anno su qualsiasi nuova restrizione.

Gestire la pesca «con una lettura rigida delle indicazioni scientifiche significherebbe andare incontro a misure che non sono accettabili per le nostre economie locali e nazionali», hanno scritto i tre governi in una dichiarazione congiunta pubblicata a fine novembre. L’esito finale del consiglio Agrifish è stato un compromesso: sono state adottate nuove restrizioni alla pesca a strascico nel Mediterraneo, ma anche una serie di nuove «misure compensative» che potrebbero consentire alle flotte dell’Ue di recuperare nel 2025 quasi lo stesso numero di giorni di pesca del 2024. 

Secondo dati FAO, Italia, Francia e Spagna dispongono nel Mediterraneo di una flotta di oltre 12 mila imbarcazioni, di cui il 14% fa pesca a strascico. L’Italia con quasi 10 mila navi è la terza flotta di tutto il Mediterraneo dopo la Turchia e la Grecia. I tre Paesi UE pescano ogni anno nel Mediterraneo circa 950 mila tonnellate di pesce, di cui 2,3 mila tonnellate di merluzzo nelle aree di pesca al largo di Francia e Spagna (rispetto alle 1,2mila tonnellate considerate sostenibili dallo STECF) e 2 mila tonnellate lungo le coste italiane (rispetto alle 1,3 mila tonnellate considerate sostenibili).

Per far fronte alla sovrappesca del merluzzo e di altre specie che vivono in prossimità dei fondali, note come «demersali», nel 2019 l’Unione Europea ha varato un piano pluriennale dedicato al Mediterraneo Occidentale (che include il Tirreno, il mar Ligure, il golfo del Leone, il mar di Sardegna e il mare delle Baleari) chiamato «WestMed MAP». Il piano si basava su valutazioni scientifiche e obbligava gli stati membri a mettere in atto misure urgenti per ridurre la pressione della pesca sul merluzzo e su altre cinque specie, come il gambero viola o lo scampo, per portare queste popolazioni a un livello di sostenibilità entro e non oltre il 1 gennaio 2025.

In cinque anni il piano ha prodotto un calo del 40% dei giorni di pesca e stimolato altre misure, come la chiusura alla pesca in alcune aree di riproduzione, o l’utilizzo di reti a maglie più larghe, per evitare la cattura di esemplari troppo piccoli. Queste misure hanno generato segnali di recupero di alcuni stock, anche se non sufficienti per raggiungere gli obiettivi prefissati.


© Riproduzione riservata