Ragusa - Solo l'1% dei 556.754 siciliani beneficiari del reddito di cittadinanza ha trovato un posto di lavoro e il governo, pungolato dalle destre, sta seriamente riflettendo se mantenerlo o meno per una platea tanto vasta. Il reddito ha ridotto la povertà ma non ha aumentato l'occupazione, per cui era stato pensato, rivelandosi un'ancora di salvezza per tante famiglie, soprattutto durante il lockdown, ma purtroppo anche un'entrata in più per altrettanti "scrocconi" che lavorano in nero o non ne hanno diritto.
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Su questo fronte andranno certamente riviste alcune "regole d'ingaggio": di oggi la notizia di 102 "furbetti" denunciati nella provincia di Messina, per cui l’Inps ha già avviato le procedure di revoca dei 624mila euro incassati finora complessivamente, senza averne diritto. In mezzo c’è di tutto: uomini e donne, dai 26 ai 71 anni. Chi non aveva attestato di essere sottoposto a misura cautelare, chi aveva un reddito superiore, chi aveva dichiarato falsamente di risiedere in Italia.
Ad oggi sono ancora oltre 212mila i siciliani che incassano l'assegno, in attesa di convocazione da parte dei centri per l’impiego; 106mila hanno sottoscritto il patto di servizio; 84mila quelli effettivamente presi in carico. Solo 2.767 hanno concluso uno stage o un tirocinio formativo dei 13mila a cui era stato proposto, e in 10mila hanno portato a termine un percorso formativo su 50mila. Infine, delle quasi 90mila segnalazioni dei navigator appena 6.662 si sono effettivamente trasformate in contratti di lavoro: poco più dell’1% del totale dei percettori del reddito nell’Isola. I navigator, un drappello di 402 persone al servizio di Anpal, sono gli unici che hanno trovato lavoro, ma non sono riusciti nell’impresa di trovarlo agli altri. Neanche prima della pandemia.
Il problema è la totale assenza di diritto di lavoro nel nostro Paese, dopo l’abolizione dell’art.18 e dello Statuto dei lavoratori, e scarsa offerta di impiego in un momento congiunturalmente negativo per aziende che – altrettanto alle prese con le limitazioni Covid – spesso non possono permettersi salari competitivi col reddito di cittadinanza, specie per quanto riguarda i profili professionali medio-bassi. Tanti di coloro che hanno presentato domanda, infatti, non hanno neanche la licenza media: se bisogna sopperire pure alla dispersione scolastica, il compito diventa insormontabile.