Poeta argentino
di Un Uomo Libero.

Madrid – Eduardo Dalter è un poeta argentino. È nato, infatti, a Buenos Aires nel 1947.
Ha pubblicato varie raccolte di poesia: Silbos (1986); Hojas de sábila (1992); Mareas (1997); Hojas de ruta, 1984-2004 (2005); Canciones olvidadas (2006); Cuatro momentos (2009); etc…
È del 2016 l’ultima sua creatura: “21 Poemas la hora de los zorros”, per i tipi di Ediciones del Nuevo Cántaro – Buenos Aires.
Ventuno splendide poesie nelle quali il poeta confessa le sue inquietudini, le sue malinconie esistenziali, la sua anima.
Buenos Aires si profila all’orizzonte come uno sfumato miraggio, immagine stessa della sua umanità riflessa da uno specchio deformante.
Nell’ora delle volpi, dei lupi, dei corvi… i sobborghi portegni rivelano rabbie, odori, sudori, odi, solitudini sotto un cielo sudamericano che sembra quasi tremare alla terribile domanda del poeta e della sua coscienza. “E ora che cosa potrebbe succedere?”.
Una domanda che spesso ha trovato la sua risposta nei proiettili di gomma della polizia di Stato che cerca di silenziare la dissidenza interna.
Le sue parole sono soprattutto grido di un popolo (la copertina della raccolta, infatti, ripropone “Il grido” di Munch) che cerca nel “supermercato del mondo” il posto della sua bandiera; che non trova la coscienza e la memoria perdute e avverte l’imbarazzo di obbedire a una legge che chiude un occhio sui morti scomparsi nell’immensa e ultima spiaggia della Storia. Da dove sorgerà un sole nuovo, il sole dell’avvenire, s’interroga Dalter?
Sgomento e dolore si fanno canto ed elegia nei suoi versi: “Troppo sacro ci ha/ legato/ mani e piedi/ troppo sacro non ci ha lasciato vedere né sentire i segnali/ forti/ di un mondo aperto e in evoluzione./ Molto sacro e intoccabile/ Perché?
Lontano, una ballata o, forse, un tango, distrae finalmente la sua attenzione.
L’Argentina per un attimo s’identifica con le sconfinate pianure del Sud.
Ma è la ricerca del suo passato che lo placa e lo pacifica per sempre: la ricerca di una radice, la sua, antica e lontana.
La Sicilia emerge, all’improvviso, prepotente nella sua vita come il ricordo della vecchia madre.
Uno scampolo di memoria, dimenticato da qualche parte, in una notte, complice un vento amico, gli tende un agguato per costringerlo a ritrovare antiche parentele.
È proprio ciò che ha fatto Eduardo Dalter.
L’anno scorso, infatti, è venuto tra noi non come ospite inaspettato e straniero ma come figlio legittimo e atteso.
La Sicilia, in verità, da molto tempo, troppo, aspettava questo suo imprescindibile ritorno.
Qui di seguito propongo la mia traduzione di una sua poesia. Eduardo Dalter, 2016, 21 Poemas/ La hora de los zorros. Da Esta Hora:
FOGLI NELLA NOTTE C’è qualcosa che non capisco,
mi dissi.
Una tavola, o uno scampolo
di memoria,
rimase in qualche posto, o
sottoterra.
Un vento, a volte, qualche
ora,
danno indizi di quella
perdita
o di quel pozzo; come se una
radice estesa
si fosse seccata in qualche
tempo
(e in me stesso); una radice
estirpata
e messa a seccare lontano;
lontano dalla vita e dalle cose. Traduz. Un Uomo libero. © Tutti i diritti riservati all’Autore
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