di Redazione


Sette comuni del ragusano sono stati dichiarati “zona infetta dal morbo della lingua blu”. Si tratta dei comuni di Acate, Chiaramonte Gulfi, Comiso, Monterosso Almo, Ragusa, Vittoria e Santa Croce Camerina nel ragusano; Caltagirone, Grammichele, Licodia Eubea e Mazzarrone nel catanese; Gela e Niscemi nel nisseno. La decisione è stata presa, con un decreto, da Antonella Bullara, dirigente generale del dipartimento Attività sanitarie dell’assessorato regionale alla Sanità dopo aver ricevuto un rapporto del Centro nazionale di referenza per le malattie esotiche di Teramo con il quale veniva segnalata la positività sierologia nei confronti del virus “blue tongue sierotipo 8” di tre bovini di un’azienda di Acate e di un bovino di un’azienda di Vittoria. L’Ausl 7 di Ragusa, supportata dall’unità di crisi locale per le emergenze veterinarie, ha confermato l’esistenza di focolai del virus, precisando che non si tratta di capi vaccinati o importati. “Sul territorio abbiamo delle aziende sentinelle che servono a monitorare la presenza della malattia – spiega Giuseppe Licitra, dirigente dei servizi veterinari dell’Asl 7 – in una di queste aziende, nel comune di Acate, abbiamo trovato un capo sieropositivo al virus della blue tongue. A livello comunitario scattano delle azioni di controllo molto restrittive. Si tratta di provvedimenti che rientrano nella norma. Gli animali possono essere venduti o commercializzati”. Restrizioni particolari sulla movimentazione degli animali. In questo caso lo spostamento viene tenuto sotto stretto controllo dei funzionari degli uffici veterinari dell’azienda sanitaria locale. Le organizzazioni agricole sono allarmate. “Ancora una volta facciamo i conti con una restrizione che danneggia ulteriormente le aziende ragusane – dice il presidente della Coldiretti ragusana, Mattia Occhipinti – i 20 chilometri di restrizione sembrano davvero tanti. Significa bloccare la vendita dei nostri animali. Occorre rivedere il provvedimento e studiare quali soluzioni apportare”. La blue tongue, o febbre catarrale degli ovini, è una malattia che non si trasmette all’uomo e che non può in alcun modo creare allarmi di natura alimentare.
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