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28/10/2025 09:10

Energia rilasciata durante le eruzioni, l’Etna incide anche nella ionosfera

Uno studio pubblicato su “Earth and Space Science” che vede coinvolti l’Ingv, università di Trento, Catania, Calabria e la Sapienza

di Redazione

Catania – L’energia rilasciata durante le eruzioni dell’Etna è in grado non solo di scuotere il suolo e riempire l’aria di gas e ceneri vulcaniche, ma anche di perturbare la ionosfera, a centinaia di chilometri di altezza. È quanto emerge dallo studio “Ionospheric disturbances during the 4 december 2015, mt. Etna Eruption” recentemente pubblicato sulla rivista internazionale “Earth and Space Science”, che documenta per la prima volta, con un dettaglio senza precedenti, i disturbi ionosferici generati da una grande fontana di lava verificatasi dall’Etna il 4 dicembre 2015.

Lo studio, curato da un team di ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) e delle università di Trento, Catania, Calabria e la Sapienza di Roma, in collaborazione con l’institute of Atmospheric physic di Praga, ha utilizzato una fitta rete di oltre 200 ricevitori GNSS (global navigation satellite system) installati in Sicilia e nel Sud Italia. I ricercatori hanno rilevato lievi ma evidenti variazioni nel contenuto elettronico totale della ionosfera (TEC), comparse tra 20 e 30 minuti dopo l’inizio dell’eruzione del 2015 e coincidenti con la crescita della colonna eruttiva fino a 13 chilometri di altezza.

“Abbiamo dimostrato che anche un’eruzione ‘locale’ e non catastrofica come quelle dell’Etna lascia una traccia nello spazio, che è possibile individuare grazie a una rete densa di sensori”, spiega Federico Ferrara, dottorando dell’università di Trento che svolge la propria attività di ricerca all’Osservatorio Etneo dell’INGV e primo autore dello studio.”Questo significa che anche le osservazioni ionosferiche possono affiancare il monitoraggio vulcanico tradizionale, aprendo a nuove prospettive impensabili fino a pochi anni fa”, aggiunge.

Le anomalie osservate hanno mostrato oscillazioni periodiche di 15-25 minuti, con propagazione fino a 200 chilometri a sud-ovest del vulcano: segnali coerenti con le cosiddette “onde di gravità atmosferiche”, ovvero oscillazioni dell’aria che si propagano nell’atmosfera generate dal rapido innalzamento della colonna eruttiva.A sottolineare l’importanza del risultato è anche Michela Ravanelli, della Sapienza: “Lavorare su dati così ricchi ci ha permesso di riconoscere oscillazioni molto deboli ma significative. È un passo importante verso l’integrazione tra la vulcanologia e le scienze dello spazio”.