Teheran - Cecilia Sala, dal 19 dicembre in carcere a Teheran.
Ieri le sono state concesse tre chiamate: alla madre, al padre, al compagno e collega Daniele Raineri. Cecilia, da quanto si è appreso, dorme per terra, non ha un materasso e non ha ricevuto nessun pacco e nemmeno i quattro libri richiesti. Neppure la mascherina per proteggere gli occhi dalla luce sempre accesa. Anzi: a Cecilia Sala sono stati confiscati gli occhiali da vista. La giornalista ha di nuovo chiesto di «fare presto». Così la diplomazia ieri ha provato a mandare un messaggio. Si tratta di «un messaggio molto chiaro e ragionevole» - decodifica una fonte di rilievo all’interno dell’esecutivo - atto a rimarcare come sia inaccettabile la detenzione della giovane giornalista sulla base di garanzie giudiziarie «ancora oscure» o «deboli al punto da non averle ancora concesso adeguata assistenza legale».
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Senza forzare troppo la mano, perché rischierebbe di essere controproducente, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha insomma varato una linea che pare meno silenziosa di quella tenuta fino a questo momento. L’intenzione più o meno dichiarata è provare a disarticolare la cosiddetta “diplomazia degli ostaggi” cara agli iraniani, quella che vorrebbe la Sala considerata esclusivamente come “una pedina” in un ipotetico scambio con Mohammad Abedini Najafabadi, arrestato all’aeroporto di Malpensa il 16 dicembre dietro mandato di cattura internazionale emesso dagli Stati Uniti, che ora hanno chiesto l’estradizione. Nelle intenzioni dell’esecutivo, il nuovo atteggiamento italiano è utile anche per inviare un messaggio agli alleati occidentali, soprattutto a Washington, che osservano con attenzione i passi compiuti dall’Italia in questa delicata partita diplomatica. Dimostrare fermezza e capacità di negoziazione, senza cedere a provocazioni e richieste irricevibili, è un equilibrio che il governo nostrano intende mantenere per rafforzare la propria credibilità internazionale. Sul fronte interno, l’esecutivo vuole anche evitare che il caso alimenti critiche politiche o strumentalizzazioni che avrebbero un effetto negativo sulle trattative. In questa fase si punta cioè a dimostrare che l’attività diplomatica non è rallentata affatto durante i giorni di festa, che l’attenzione resta massima e che Roma è pronta a qualsiasi sforzo per riportare in Italia Sala.
Nei prossimi giorni ci si attende quindi un nuovo colloquio diretto tra l’ambasciatrice Amadei e la 29enne detenuta in isolamento nel carcere di Evin, dopo l’ultimo risalente al 27 dicembre scorso. Questo è infatti considerato l’unico modo concreto per assicurarsi che a Sala siano garantite condizioni detentive adeguate e che le si possano fornire generi di conforto, assicurandosi che ne possa poi realmente godere. Intanto, la Farnesina mantiene un dialogo costante con le altre ambasciate europee presenti nel Paese degli Ayatollah, con l’obiettivo di creare un fronte comune che possa rafforzare la pressione sul governo iraniano. «I tempi e le modalità di detenzione della cittadina italiana Cecilia Sala saranno una indicazione univoca delle reali intenzioni e dell’atteggiamento del sistema iraniano nei confronti della Repubblica italiana» è la linea che trapela a sera dalla Farnesina.
Parallelamente, l’Italia lavora anche in seno all’Unione Europea per promuovere un’azione collettiva contro l’uso della detenzione arbitraria come strumento di pressione politica da parte dell’Iran. L’obiettivo in questo caso è duplice: ottenere risultati immediati per il caso Sala e prevenire ulteriori episodi simili in futuro.