Giudiziaria
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11/12/2010 20:16

Estorsioni, 7 condanne, per 80 anni

L'accusa aveva chiesto 105 anni di carcere

di Redazione

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Vittoria – E’ finito con sette condanne per complessivi 80 anni e sei mesi di reclusione il processo in Corte d’Assise ai danni degli imputati vittoriesi finiti in carcere il 16 aprile del 2008 nell’operazione “Flash back” condotta da carabinieri e polizia. Erano accusati di associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni con l’aggravante dell’uso delle armi. La pena è complessivamente inferiore rispetto alle richieste dell’accusa (105 anni) perchè per quattro imputati è caduta la circostanza aggravante prevista dall’articolo 7 delle legge 203/91 che scatta quando c’è il dolo specifico nell’agevolare l’associazione di stampo mafioso. I sette imputati sono stati condannati anche al risarcimento in favore del Comune di Vittoria, da liquidarsi in separata sede. Così come richiesto dal pm, è stato dichiarato il non luogo a procedere nei confonti dell’ottavo imputato, Andrea Corallo, di 38 anni, deceduto in carcere nel luglio scorso. Queste le sentenze emesse, dopo oltre tre ore di camera di consiglio: 19 anni e sei mesi di reclusione per il presunto capo Filippo Ventura, di 55 anni; 14 anni e sei mesi di reclusione e 6.500 euro di multa per Paolo Cannizzo, di 45; 14 anni di reclusione e 6.500 euro di multa per Salvatore Fede di 52 anni; nove anni e due mesi di reclusione e 1.500 euro di multa per Giovanni Busacca, di 32, e Angelo Di Mercurio; sette anni e due mesi di reclusione e 2.000 di multa per Giuseppe Ottaviano, di 30 anni; sette anni per Giovanni Candiano, di 35. Anche venerdì hanno assistito al processo, grazie al collegamento in video conferenza con le carceri dove sono rinchiusi, Ventura e Di Mercurio, entrambi in regime di 41 bis. Presunto capo dell’organizzazione malavitosa, che avrebbe agito dal dicembre 2006 ai primi mesi del 2008, sarebbe stato Ventura (conosciuto come “u’zzu Fulippo u marmararu”), che avrebbe avuto quali luogotenenti Paolo Cannizzo e Salvatore Fede. Secondo l’accusa, gli imputati, attraverso la forza di intimidazione, derivante dal vincolo associativo e le condizioni di assoggettamento e di omertà, avevano imposto il pagamento del “pizzo” a numerosi operatori commerciali in diversi centri della provincia iblea. La Corte ha fissato in 90 giorni il termine per il deposito della sentenza.