Un buco in bilancio per centinaia di milioni di euro
di Redazione

Catania – Dichiararono il falso per far apparire quello che non poteva esserci: i conti in regola delle casse comunali. La firma su quelle delibere è costata cara all’ex sindaco Scapagnini (che aggiunge anche questa condanna alle altre) e agli ex funzionari e assessori delle sue giunte. Ieri il giudice monocratico del Tribunale, Alfredo Cavallaro, li ha condannati tutti a pene superiori a quelle richieste dai pubblici ministeri Giuseppe Gennaro e Andrea Ursino (due anni e quattro mesi per Scapagnini, Castorina e Caruso, due anni per tutti gli altri), vale a dire due anni e nove mesi per l’ex sindaco (attuale parlamentare del Pdl) gli ex assessori Arena, Caruso, Ligresti, Maimone, Siciliano, Vasta; due anni e tre mesi per gli ex assessori Gulino, Santamaria, Strano, Drago, De Felice, Rotella e Zappalà.
Gli ex assessori e funzionari in qualità di pubblici ufficiali, dichiararono il falso nella formazione del rendiconto di gestione relativo agli anni 2004 e 2005 coprendo – sostanzialmente senza finanziarlo – il disavanzo relativo al 2003 e al 2004 (rispettivamente 40.611.228,01 e 42.775.683,01), indicando nel conto consuntivo del 2005 maggiori accertamenti di residui attivi (sotto la voce delle alienazioni patrimoniali). Un’operazione avvenuta attraverso la costituzione della società «Catania Risorse» che doveva servire negli intenti dell’Amministrazione a coprire con la vendita di alcuni beni immobiliari del Comune i disavanzi pregressi (operazione che venne poi “bloccata” anche perché nella lista dei beni ce n’erano alcuni inalienabili).
Da ricordare che gli imputati erano stati rinviati a giudizio per il reato di falsità ideologica aggravata e continuata in concorso ma erano stati prosciolti – già dal gup – per l’altro reato loro contestato: l’abuso d’ufficio. In quell’occasione il giudice aveva pronunciato il “non luogo a procedere” per gli ex assessori Nino D’Asero e Orazio D’Antoni, e per l’ex ragioniere generale del Comune, Francesco Bruno mentre un altro ex assessore, Gaetano Tafuri, aveva scelto il giudizio immediato per abuso d’ufficio (processo finito con l’assoluzione e adesso al vaglio della Cassazione per il ricorso presentato dai pm).
Le motivazioni della sentenza emessa ieri dal Tribunale saranno depositate entro ottanta giorni. Il giudice, nella sentenza ha escluso l’aggravante sul falso (ma ha calcolato la continuazione). Inoltre ha previsto il risarcimento del danno per le due parti civili costituite, lo stesso Comune di Catania e Cittàinsieme, danno che verrà quantificato e liquidato in un diverso procedimento davanti al giudice civile (è stata invece rigettata la richiesta di provvisionale immediata avanzata da Cittàinsieme di 200mila euro da destinare a progetti di solidarietà sociale per i minori).
Altra pena «accessoria» quella dell’interdizione dai pubblici uffici per tutti gli imputati per un periodo pari a quello della pena inflitta a ciascuno.
Da sottolineare che la pena – semmai diventasse definitiva – sarebbe comunque annullata dall’indulto che “copre” il periodo fino al maggio 2006 e che anche l’interdizione perpetua diverrebbe operativa solo in caso di condanna definitiva.
Inutile dire che gli avvocati della difesa ricorreranno in appello. Per loro, una volta caduto il reato dell’abuso d’ufficio, non sarebbe dovuto rimanere in piedi nemmeno il reato di falso, quello che a loro dire “sosteneva” l’abuso.
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