Cultura
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04/07/2010 10:19

Gepy, “è bellissimo” ricordarti così. A un anno dalla morte

Giampiero Scalamogna, Gepy, Gepy&Gepy per le cronache discografiche, era il black crooner italiano per definizione

di Redazione string(0) ""

La musica è come l’amore, non sempre si rivela al primo incontro. E se amore diverrà, allora ci saranno attimi, tempi, suoni e melodie, una battuta in più o in meno a consacrare un’emozione, a legittimare quella che poteva essere solo una semplice passione.

Alla fine è tornato a Roma, la sua Roma, dov’era nato 67 anni fa. E adesso riposa, nell’intimità della solitudine che solo la morte può offrire, dopo una vita affollata di successi e di giovani in delirio per le sue apparizioni dal vivo. Una vita vissuta su di giri, come i suoi dischi, pietre miliari della black music all’italiana.

Giampiero Scalamogna, Gepy, Gepy&Gepy per le cronache discografiche, era il black crooner italiano per definizione. Un nero a metà, una delle voci più belle, più calde, più inconfondibili, più soul, prestate alla Disco e al Pop, non ancora elettronico, di fine anni ‘70. Un baritono naturale, niente artifici in falsetto nelle sue produzioni, voce piena e avvolgente, poteva benissimo duettare in melodia con Barry White, o con il nostro Mario Biondi, suo successore naturale.

Per noi ex ragazzi degli anni ‘80, cresciuti a pane e funky, Gepy era un idolo. Non solo per l’armonia della sua voce che batteva a tempo di soul e di r&b , ma anche, o soprattutto! per le copertine dei suoi dischi, dove meravigliosi esemplari di femmine seminude -bionde e brune rigorosamente svestite, da lasciarci gli occhi e pure il fiato davanti alle vetrine dei negozi musicali- tatuavano di eros e di fantasia i nostri sogni adolescenziali, smaniosi, inquieti. Mia nonna alla vista delle sue musicassette si faceva il segno della croce! E vi ho detto tutto. La censura italiana di 30 anni fa lasciava passare in video e in bella vista l’ombelico della Carrà, a stento. Figuriamoci un trionfo di eros in copertina sui dischi, accessibili a tutti, a grandi e piccini, quale dannazione dovette essere per i moralisti del tempo. Forse Gepy ci piaceva anche per questo. Ma non solo per questo.

Con Gepy siamo entrati nel santuario della Disco di tutti i tempi dalla porta principale. Era il 1978 quando il Dj di casa, “resident” diremmo oggi,  dello Studio 54 di Manhattan, Nicky Siano (origini italiane)  mise in scaletta “African love song”. Artista sconosciuto, casa discografica sconosciuta: il disco mandò letteralmente in delirio il popolo della notte di New York. L’Istant Replay di Dan Hurtman, l’unico pezzo che Nicky osava replicare durante le sue serate, fu veramente messo in discussione dal Barry White di casa Italia. Ma nessuno sapeva che il pezzo fosse cantato da un italiano! E a nessuno venne in mente di andare a cercare l’autore di quel disco. Lo studio 54 lo suonava in esclusiva, e tanto bastava. Un giro di basso in crescendo, assieme a fiati d’autore e al tormento melodico del refrain, Africa you give me soul, alzava luci, mani e decibels al cielo, nel tempio della musica Disco.*

Passare sui giradischi blasonatissimi dello Studio 54, o meglio, suonare musica dance italiana in America e negli anni ’70,  dove O’ Jays, Lipps Inch, Chic, Chaka Kan, Dan Hurtman, Trammps e altri ancora, la facevano da padrone non era cosa di tutti i giorni, forse impossibile, impensabile, visto il protezionismo delle Majors statunitensi e la chiusura del fronte della musica agli “stranieri”. Nelle radio USA che contavano, e nei locali di tendenza -lo Studio 54 di Steve Rubell, il Gallery e l’Enchanted Garden su tutti- si suonava solo musica indigena, statunitense. Però gli americani, bontà loro, esportavano dance in tutto il mondo. E tutto il mondo ballava al ritmo della black music a stelle e strisce.

Le novità arrivavano in Italia col ritardo di sempre.

E così fu per African love song, pubblicata nell’album Body to Body solo nel 1980, dopo che Gianni Boncompagni “piazza” il single –Body To Body- nel 1979 come sigla d’apertura di Discoring, di cui era autore, e condotto in studio, quell’anno, da Claudio Cecchetto e Awana Gana, spacciando il disco ai produttori RAI per musica d’importazione!

La mitica sigla di Discoring, girata per intero al Much More di Roma nel 1979, cantata da Gepy, arrangiata da Geoff Bastow (African love song fu “smerciata” allo Studio54 di New York grazie a lui? chissà!), Boney M e Donna Summer tra le sue produzioni più note, diventa un vero e proprio fenomeno di massa. Milioni di copie vendute in tutto il mondo, doppio disco di platino nel 1979 e consacrazione, non solo in patria, della dance made in Rome. Boncompagni sdoganò definitivamente la voce di Gepy, che in seguito si affermerà e con successo non solo come cantante, ma anche come autore e come produttore. Un artista completo.

La voce calda e misteriosa che girava sui piatti dello Studio 54 in New York, sulle note di African love song, aveva finalmente un nome,  Gepy&Gepy, italianissimo, e un produttore-arrangiatore di grido, Geoff Bastow, americano.

Perché vi racconto tutto questo? Perché ricordare un artista come Gepy&Gepy con un semplice lancio d’agenzia, ripetuto di testata in testata, non fa onore né all’artista, né al suo ufficio stampa, né alla musica italiana. Commemorare Gepy&Gepy solo per il pezzo cantato assieme alla Vanoni, come hit di maggior successo, o più famosa, o più venduta, non è la verità: serve solo a tirare su il morale, e le vendite, ai produttori della nostra, seppur brava,  decadente vocalist milanese.

Quando invece la realtà musicale che ha etichettato il successo nella carriera di Giampiero Scalamogna, in arte Gepy, o Gepy&Gepy, è tutt’altra.

L’importante, in fondo, è che la musica e il mondo lo abbiano amato.

Tanto ti era dovuto, ciao Giampiero, addio Gepy.

 

Noi lo ricordiamo così.

 

* intervista a Frankie Knukles, famoso dj (discepolo di Niky Siano) e produttore americano, sulla dance italiana e i suoi protagonisti, andata in onda su rete4 sul finire degli anni ’90.

 

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