Cultura
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17/11/2007 00:00

Giorgio Morandi in mostra alla Fondazione Ragghianti incrocia Guccione

di Redazione

“Chi legga la pittura contemporanea secondo poesia, secondo assolutezza e perennità di poesia dovrà, io credo, pronunciare prima di tutto un nome: Morandi”
– Carlo Ludovico Ragghianti, 1954 –

La creatività artistica, l’estro e quindi anche il Genio, si trova da qualche parte nella distanza fra il mondo reale, quello che tutti noi possiamo toccare, e la sua interpretazione emozionale.

Michelangelo diceva che le opere d’arte esistevano già, nel marmo e nella pietra, e lo scopo di uno scultore era solo quello di riportarle alla luce, liberarle, con lo scalpello.

Certo, nell’allestimento della Fondazione Ragghianti non troverete ninfe, eroi, Santi e profeti, ma solo oggetti. Perché è l’oggetto, visto attraverso l’occhio dell’artista, l’alibi (appunto) della mostra.

Le 33 opere (dipinti e incisioni) dell’artista che tutti conoscono, Giorgio Morandi, diventano nel percorso della mostra una sorta di anticamera verso un mondo immaginifico che, a partire dal dopoguerra fino ai giorni nostri, percorre i passi anche di artisti come (tra gli altri) Sandro Luporini, Renato Guttuso e Luciano Ventrone, Piero Guccione, Mimmo Rotella e Roberto Barni scandendo le loro percezioni attraverso quelle diverse interpretazioni stilistiche dell’”oggetto” che noi chiamiamo scuole e correnti.

La cosa più sorprendente, comunque, rimane l’assoluta armonia del percorso di una mostra che, stanza dopo stanza, capitolo dopo capitolo, guida lo spettatore fra quadri e sculture che sembrerebbero ad un primo colpo d’occhio non accostabili fra loro.

Ma come sosteneva Kinsey “nella diversità sta la natura stessa” e, in questo caso, la sua estensione percettiva e creativa: l’arte.

La natura morta, quindi, non è il tema portante della mostra, bensì la porta che si apre verso essa nella scoperta dell’interpretazione dell’oggetto e non lascia nulla al caso, a partire dalla sedia rossa che accoglie per prima il visitatore nel suo percorso.

Un simbolo che richiama alla mente l’arte di Van Gogh e Cézanne, che reintrodussero la ricerca formale nel ventesimo secolo, facendola rinascere.

“Senza dubbio siamo di fronte ad una mostra discutibile – ha detto alla presentazione Marilena Pasquali, presidente del Centro Studi Giorgio Morandi e curatrice della mostra e del catalogo – perché, sebbene su di essa aleggi il nome di Morandi, le opere esposte non sono solo sue. La sua arte, però, ha segnato una svolta in questo secolo per quanto riguarda la ricerca della forma e quindi gli studi artistici sugli oggetti”.

Qual é il rapporto che si crea fra un artista e l’oggetto che deve essere da lui rappresentato?

E’ da questa domanda che la dottoressa Pasquali ha sviluppato quell’alibi che troviamo nel titolo della mostra, andando a scavare nella storia, fino al Cinquecento, quando ancora non si usava in letteratura e in arte il termine “natura morta”, per arrivare all’Ottocento, quando entra nel linguaggio comune.

Il risultato è quello che potete osservare nello splendido allestimento di San Micheletto, in un viaggio (quasi) subliminale fra oli su tela, pastelli su carta, matite su carta, carte su cartoni, colori vegetali su carte colorate, pastelli su tela, terracotte, ceramiche e zucchero, bronzi, bronzi e oli su tela, travertini, tempere e sabbie su tela, litografie, décollage, tele emulsionate, oli su tavola, tecniche miste su carta, tempere e matite su collage, argenti su giornali, serigrafie su acciaio, impressioni su carta, assemblaggi, ceramiche policrome, pitture spray su tavola.

Una galassia artistica che ruota intorno a questa sola e unica parola che unisce e divide le forme e gli stili: l’oggetto.

Perché, se da una parte è vero che Giorgio Morandi viene ritenuto l’interprete per eccellenza della natura morta nel Ventesimo secolo, con il suo inesauribile lavoro di analisi dei modelli di studio, dall’altra “la soglia successiva alla natura morta è costituita dalla messa in discussione del visibile” (Alberto Veca, ndr) e quindi del mondo che ci circonda e sul quale galleggiano le emozioni e le percezioni di esso.

Con “L’alibi dell’oggetto – Morandi e gli sviluppi della natura morta in Italia” la Fondazione Ragghianti definisce ancora ulteriormente le ragioni del suo prestigio attraverso la qualità della sua offerta che, almeno sul nostro territorio, non ha eguali.

E accresce l’attesa per quella che sarà la mostra su Pompeo Batoni che verrà qui inaugurata nel 2008, oltre che le grandi aspettative per le celebrazioni che verranno organizzate, fra un paio d’anni, in occasione del centenario della nascita di Carlo Ludovico Ragghianti.

“Una data molto importante per la Fondazione – ha detto il neo direttore Maria Teresa Filieri – che ci porterà a riflettere ulteriormente su quello che fu l’intenso rapporto fra Ragghianti e Morandi. Perché sì: c’é ancora molto da dire e abbiamo intenzione di farlo”.

 

 

“L’alibi dell’oggetto – Morandi e gli sviluppi della natura morta in Italia”
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Complesso monumentale San Micheletto – Lucca
Ingresso Gratuito offerto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca
Dal 16 novembre al 20 gennaio 2008
Orari: 10,00 – 13,00
15,00 – 19,00
Giorno di chiusura: lunedì.