di Redazione


“La mia disponibilità era legata solo ad un progetto unitario del centrosinistra”.
Mentre il Partito Democratico consuma il rito della presentazione dei candidati alle Primarie all’ex Camera del Lavoro, Giovanni Frasca si concede due ore di relax in via Mormina Penna, distante, fisicamente e intellettualmente, dalla saga politica locale.
“Non sono disponibile a fare l’assessore al bilancio o il vicesindaco di alcuno”.
E perché?
“Perché quando mi trovassi in mano il bilancio del Comune di Scicli non avrei peli sulla lingua, non sarei capace di mentire, per motivi di opportunità politica o altro, sarei tranchant. E capisco che questo potrebbe nuocere al futuro sindaco, chiunque egli sia. Non sono molto diplomatico, dopo quindici giorni mi darebbero il benservito”.
O sindaco o niente?
“No, la mia disponibilità alla candidatura nasceva dal desiderio di mettere insieme i cocci del centrosinistra. Ho legato la mia disponibilità solo a questa prospettiva”.
Perché non ha partecipato alle Primarie?
“Le rispondo con una domanda: ma la figlia dell’ex ministro Cardinale quando è stata candidata alla Camera al posto del padre quali Primarie ha fatto?”
La sua candidatura alle Regionali?
“In quel caso mi chiamarono gli esponenti dell’anima popolare del Pd di Scicli, dicendomi che sarei stato un ottimo candidato. Anche il Pd di Modica mi chiese la candidatura. Dopo che la sera a Scicli discutemmo della mia designazione, l’indomani gli stessi interlocutori mi comunicarono che c’era un altro candidato di Scicli, stavolta donna, per via delle quote rosa. Mi chiedo: ma la sera prima non sapevano di dover candidare una donna di Scicli in quota rosa?”
Anche quella candidatura, poi, è sfumata, sia per lei che per la quota rosa. E ora, nell’investitura a sindaco?
“Ho detto agli amici con cui mi sono confrontato, l’area in cui convergono Bartolo Piccione, Bartolo Iacono, Carmelo Aquilino, che ero al servizio del centrosinistra per la sua unità. Non sarei stato in grado di affrontare le Primarie, che sanciscono peraltro un’ulteriore frattura nel partito, in un quadro del centrosinistra peraltro lacerato”.
Come si fa a diventare numero tre assoluto, di fatto numero due, sfiorando la direzione generale della Banca Agricola Popolare di Ragusa, istituto che oggi conta novecento dipendenti?
“Umiltà, umanità, disponibilità con i clienti, onestà e sacrificio. Prima di andare in pensione, pochi mesi fa, affidavo ogni giorno milioni di euro ad imprese siciliane con l’obiettivo di creare ricchezza, di dare i soldi a chi li avrebbe fatti fruttare meglio per il territorio. Ho rifiutato guadagni facili e captatio benevolentiae: una volta rincorsi per le scale uno che mi aveva portato in dono una cassetta di pomodori per ringraziarmi di un prestito. Sono sempre stato duro, scontroso in questo. Nessuno può dire di avermi potuto lontanamente tentare, ho un rapporto di distacco col denaro e col potere”.
Ci faccia un esempio.
“Una volta ho tenuto una lezione ad alcuni direttori della nostra Banca. Chiesi loro come potevamo incrementare il volume di fatturato delle agenzie. Iniziarono a suggerire tassi di interesse, agevolazioni, ecc. Raccontai loro una storiella, che in tal senso è esemplificativa”.
Ce la racconti….
“Ero direttore a Messina,
L’indomani il farmacista trasferì un miliardo 350 milioni di lire sui nostri conti. A Messina, in una sede angusta, da perfetti sconosciuti, facevano molto più che in importanti centri della provincia di Ragusa, dove
Lei vuol dire che anche in politica ciò che conta sono i rapporti umani?
“Senz’altro. Ma questo prescinde dalla serietà e severità con cui ci si deve porre quando si leggono i numeri. E io sarei impietoso con il bilancio del Comune di Scicli”.
Un rimpianto?
“Non aver avuto la possibilità di accettare, nel 1974, l’incarico che un importante istituto di credito mi fece per andare a lavorare in Libano quando questo era
Perché rifiutò?
“Sapevo che erano gli ultimi mesi che avrei trascorso con mio padre, che di lì a poco se ne andò. Restai qui”.
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