I familiari accusano i sanitari e viceversa, per i medici è stato un incidente “non diagnosticabile”
di Redazione
Palermo – La procura ha aperto due indagini dopo la morte in utero di un bambino, nato senza vita domenica alla clinica Triolo Zancla: sono indagati nove sanitari che hanno assistito la madre prima e durante il parto, per responsabilità colposa per lesioni e morte in ambito sanitario; mentre il padre e lo zio del piccolo devono rispondere di danneggiamento, interruzione di pubblico servizio e lesioni. La ragazza, 21 anni e già madre di due figli, si era recata nella struttura per il controllo di routine, ma il cuore del bambino aveva già smesso di battere.
Il giorno dopo le è stato indotto il parto per via farmacologica e per tre giorni davanti alla casa di cura si è scatenata la furia dei parenti, non solo i due finiti sul taccuino dei pm, residenti nel quartiere Vucciria. Martedì, poco prima delle dimissioni della giovane, hanno fatto irruzione in ospedale distruggendo mobili e attrezzature e aggredendo due dipendenti barricati all’ingresso: sono dovute interbenire 5 volanti per ristabilire l’ordine. Sull’altro fascicolo medici, infermieri, ostetriche e cartelle cliniche: un atto dovuto per consentire ai periti di parte di partecipare all’autopsia, che si è svolta ieri al Policlinico.
Ci vorranno almeno due settimane per i primi risultati sui tessuti prelevati. “E’ rimasto soffocato in grembo dal cordone ombelicale – si difende il direttore sanitario, Luigi Triolo -. Abbiamo seguito la gravidanza per tutti i nove mesi e non è mai emerso alcun problema: si è trattato di un evento acuto di asfissia, imprevedibile e non diagnosticabile”. Triolo ha consegnato ai carabinieri i filmati delle telecamere di videosorveglianza, che riprendono l’assalto dei familiari, e gli screenshot delle minacce di morte ricevute su Facebook da uno di loro.
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