La criminologa Anna Vagli: “Non è necessario essere pazzi per arrivare a tanto”
di Redazione

Mascalucia, Ct – Nell’immagine la buca dove il corpo esanime della piccola Elena Del Pozzo ha trascorso la notte, mentre la madre Marina Patti ancora provava a mentire davanti ai carabinieri sulla sua fine, raccontando di un sequestro di persona immaginario. È la fossa scavata alla bell’e meglio, certamente in stato confusionale, a cui la donna ha condotto questa mattina i militari, per far ritrovare il cadavere della figlioletta di 5 anni che aveva ucciso. Un campo incolto su via Turati, a Mascalucia (lo vediamo nella fotogallery), prolungamento della via Euclide dove madre e bimba vivevano da sole dopo la separazione dal compagno.
“Non ero in me”, ha detto la 23enne a conclusione della confessione che ha portato all’arresto, che ora dovrà essere convalidato, senza volere o potere indicare un movente. Un caso risolto in meno di 24 ore e su cui restano ancora molte domande che forse non potranno mai essere sciolte: prima fra tutte, come possa la mente e la mano umana arrivare a tanto. Per un bambino la casa è il posto più sicuro al mondo, oppure il più pericoloso: ce lo dimostra la cronaca. Negli ultimi 20 anni l’opinione pubblica ha dovuto fare i conti con un’innaturale consapevolezza: le madri possono togliere la vita ai loro figli.
Ed è forse per questo che non si mettono mai in discussione, almeno inizialmente, racconti inverosimili come quello di Tremestieri. Questo convincimento, però, non ha contagiato chi opera da anni sulla scena del crimine. Del resto: nessun riscontro oggettivo, nessun testimone che avesse visto un gruppo di uomini incappucciati aggirarsi in pieno giorno e in un orario di punta.; per giunta nell’orario di uscita da scuola dei bambini. La madre non ha saputo riferire non solo il modello e la targa, ma neppure il colore dell’auto con cui il fantomatico “commando” armato le avrebbe strappato via la piccola.
“Ma non è sempre follia – mette in guardia la criminologa Anna Vagli -. Il motivo, però, per il quale si cerca di scomodare un qualcosa di patologico nel genitore mortale è riconducibile al desiderio di soffocare il senso di ansia e di perdizione delle donne. Difatti credere che, di fronte a gesti di questo tipo, ci siano degli scenari psichiatrici avvalora il convincimento per il quale, in assenza di patologie, non possa accadere niente di simile. Ha ucciso sua figlia perché vittima della sua stessa follia. Io non sono pazza, quindi non farò mai niente del genere. Purtroppo, però, non è così. Almeno non sempre”.
E allora perché succede? “In ballo ci sono quasi sempre più variabili – sostiene l’esperta -. Tuttavia, nella prevalenza dei casi, le madri uccidono i figli per vendetta. Per riscattare un torto, reale o solo presunto, subìto per mano di un compagno o ex compagno. Scenario, quest’ultimo, che potrebbe trovare riscontro nelle parole della zia paterna di Elena. Ci sono madri che, per non perdere la vicinanza dei familiari rimasti, negano per sempre. Come Anna Maria Franzoni”.
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