Giudiziaria Torino

Palermitano colpito da bici, condannata a 16 anni la ragazza che non fermò gli amici

Sara Cherici condannata a 16 anni, lei in lacrime: «Non è giusto, devo pagare ma non così»

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/10-01-2025/palermitano-colpito-da-bici-500.jpg Palermitano colpito da bici,


Torino - Sara Cherici non ha lanciato la bicicletta dalla balaustra dei Murazzi, ma era lì con gli amici nel momento in cui il folle gesto è stato compiuto. Era lì ed è rimasta a guardare, non fece nulla per fermarli. E nei giorni successivi, pur sapendo che lo studente di medicina Mauro Glorioso era stato colpito e stava lottando tra la vita e la morte, non ha denunciato. È l’unica colpa di cui si rimprovera Sara: aver taciuto.

Il processo si è concluso ieri sera, 9 gennaio, con la sentenza della terza sezione penale del Tribunale di Torino, che ha condannato la giovane Sara a 16 anni di carcere per concorso in tentato omicidio. Il massimo previsto dal codice, il cui calcolo molto probabilmente tiene conto dell’equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti che contestava la Procura, quelle dei futili e abietti motivi e della minorata difesa.

Sara ascolta in silenzio il verdetto, protetta dai suoi avvocati. E all’improvviso, cade in preda a una crisi di panico, sviene. «Non è giusto, devo pagare. Ma non così». 

Sedici anni è la pena più alta inflitta finora ai «ragazzi della bici», al gruppo di adolescenti impazziti la sera del 21 gennaio 2023. Complice la scelta del rito: Sara è stata l’unica a optare per il dibattimento, convinta di poter dimostrare di non avere avuto contezza di quanto stesse accadendo e che il collegio, alla fine, la punisse solo per quel silenzio ostinato volto a proteggere i complici. 

La lunga giornata giudiziaria inizia con la requisitoria del pm Locci. In quattro ore il magistrato ricostruisce l’inchiesta attraverso le immagini estrapolate dalle 120 telecamere analizzate e la voce dei testimoni, a cominciare da quella del ragazzo con lo skate che colloca l’imputata vicino agli amici nel momento in cui i tre maschi — il maggiorenne Victor Ulinici e i minorenni M.U. e F.G., che all’epoca avevano 17 e 15 anni — sollevano la bici elettrica del peso di 23 chilogrammi e la gettano lungo la banchina che costeggia il Po. Accanto a lei c’è l’altra ragazza della banda, l’allora sedicenne D.T.: chiamata a testimoniare nel processo, la giovane ha cercato di scagionare l’amica ritrattando le dichiarazioni rese nel corso del proprio procedimento, un comportamento per il quale ora rischia l’accusa di falsa testimonianza. 

«Le ragazze — spiega Locci — seguono l’azione nel suo integrale sviluppo. Potevano allontanarsi, dire “non fatelo”. Sono rimaste lì, rafforzando l’intento criminoso dei maschi». Per la Procura, l’imputata non è «una compresenza passiva», ma una giovane adulta incapace di provare compassione, di prendere atto «dell’inaudita gravità del gesto» e che si limita a offrire ai giudici spiegazioni che «sembrano il temino di un bambino» senza mostrare un minimo di «resipiscenza». 

Mauro Glorioso era insieme ad alcuni amici sul lungo fiume in attesa di entrare in un locale. Gli autori del lancio sono stati individuati in un gruppetto di cinque adolescenti (tre ragazzi e una ragazza). 

Tre minorenni sono stati condannati in via definitiva, con rito abbreviato, a pene comprese fra i sei anni e otto mesi e i nove anni e sei mesi; per l’altro maggiorenne a fine gennaio si ripeterà il processo d’appello dopo l’annullamento della sentenza precedente da parte della Cassazione. 

Parlano di «una pena veramente dura» e di «una sentenza sproporzionata rispetto al ruolo dell’imputata» gli avvocati difensori dell’imputata, Enzo Pellegrini e Federico Milano. Mauro Glorioso oggi è tetraplegico e costretto a muoversi su una sedia a rotelle. 


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