Un incontro organizzato da Sinistra Ecologia e Libertà
di Stefania Zaccaria

Modica – Una sala molto affollata, un palchetto con un professionista della Rai, un ragazzo che cura un mensile locale di denuncia, due uomini impegnati in politica e un filmato.
Scorrono le immagini di una prigionia, di unsequestro, della sofferenza e poi della liberazione, della gioia per il ritorno in patria, e poi stralci di giornali, di libri, di racconti e di storie.
E poi c’è lei, la protagonista, che guarda lo schermo quasi con distacco, con una calma apparente come se nel video non si parlasse di lei ma di una sconosciuta. Ha un viso stanco ma non rassegnato e una voce che trasmette sicurezza.
Dopo Acireale, Capo D’orlando e Siracusa, dopo un ‘tour’ tutto siciliano, Giuliana Sgrena ha raccontato il suo ‘Ritorno’ a Modica, in un incontro organizzato da Sinistra Ecologia e Libertà presso l’Hotel Principe d’Aragona.
Era il 4 febbraio del 2005 quando è stata rapita dall’Organizzazione della Jihad Islamica, a Baghdad, in Iraq. Un mese dopo è stata rilasciata in condizioni drammatiche che hanno portato alla morte di un agente del Sismi, Nicola Calipari.
Sono stati degli anni difficili ma lei, giornalista de Il Manifesto, ha deciso di tornare in quei luoghi che le hanno cambiato la vita.
“Avevo giurato che non vi sarei mai più tornata – racconta Giuliana Sgrena – Avevo tagliato i contatti con tutti quelli che conoscevo in Iraq, pensando di poter dimenticare, di poter rimuovere quel trauma. Ma non potevo farlo senza averlo superato”.
La sala ascolta in maniera silenziosa e attenta la sua storia. Sentire le sue parole non è come leggerle in un giornale, guardarla negli occhi ti permette di immaginare realmente quello che ha vissuto, che ha provato.
“Non è stato solo un motivo a convincermi a ripartire – continua – ma una serie di eventi. Dapprima sono andata in Kurdistan ma non è bastato. Lì ho deciso che dovevo ritornare a Baghdad. Volevo andare di nuovo a fare il mio lavoro, lì dove mi era stato impedito con il sequestro”.
Quando Giuliana Sgrena decide di rimettersi in viaggio, in Italia non si parlava più di Iraq, di guerra. Così decide di provarci lei, di rimettere in discussione ciò che aveva provato a dimenticare in questi 4 anni.
Angelo Di Natale, giornalista Rai, e Francesco Ruta, redattore de Il Clandestino, si alternano in delle domande sul suo sequestro, su ciò che ne è derivato, sulle polemiche sorte dopo il suo rilascio e su quello che, al suo ‘Ritorno’, ha trovato in quella terra.
“Da un lato – sottolinea la giornalista – era l’Iraq che avevo lasciato nel 2005: nessuna ricostruzione, niente elettricità, servizi inesistenti. Ma una novità c’era: avevo lasciato una città morta a causa degli attentati, in cui la gente aveva paura a uscire e ho ritrovato una città viva, con tanti ragazzi in giro per le strade, nei ristoranti. Era una città che non era più ostaggio della paura”.
E poi il pensiero va a Nicola Calipari, l’agente che le ha salvato la vita. Racconta la scena della sparatoria in maniera nitida, obiettiva, quasi fosse un regista.
“Dicono che si sia trattato di un errore – dice Giuliana Sgrena – ma tutti sappiamo che non è stato così. Hanno sparato verso di noi 57 pallottole, Calipari mi ha coperto con il suo corpo. Se non ci fosse stato lui, sarei morta.
Qui in Italia hanno detto di tutto su di me e su quello che era successo – continua riferendosi al processo contro Emilio Fede – Dicono che non ho ringraziato nessuno abbastanza ma non ci sono parole di gratitudine che possano esprimere il mio stato d’animo”.
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