Gli attimi del terrore
di Redazione
Palermo – “Lo conoscevamo di vista, uno con cento collane d’oro al collo e la barba lunga non passa inosservato. Ha puntato la pistola alla tempia di mio fratello e lo ha ucciso senza motivo. Io l’ho inseguito, lui ha tirato una bottiglia contro mia cognata Desirée, la fidanzata di Paolo. Io, inseguendolo, ho cercato di tirargliene un’altra. Poi da lontano lui ha puntato la pistola anche contro di me e sono scappata verso il locale”. E’ drammatico il racconto di Sofia Taormina, sorella del 21enne Paolo (nella foto a destra) ucciso sabato notte a Palermo dal 28enne Gaetano Maranzano (nella foto a sinistra).
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La ragazza ha lo sguardo perso nel vuoto. “Paolo era un grande lavoratore, un ragazzo sincero, dedito alla famiglia. Era troppo malato di me, nel senso che aveva un carattere protettivo nei miei confronti e ci volevamo bene da morire”.
Il suo racconto è stato confermato da un cugino del padre: “Dopo aver sparato a Paolo ha puntato la pistola verso sua sorella”, dice l’uomo, custode del teatro Santa Cecilia. Dai video si vede nitidamente il gesto di Maranzano, reo confesso dell’omicidio, che prima spara a Paolo e poi rivolge la pistola verso la sorella. Quindi scappa via”.
Il gruppetto dello Zen presente in via Spinuzza sarebbe stato di nove o dieci giovani. Stavano trascorrendo la serata in un pub vicino al locale O Scrusciu, della famiglia Taormina. Dopo aver ucciso con un colpo di pistola alla nuca Paolo Taormina, Gaetano Maranzano si è allontanato dal luogo del delitto, nel pieno centro di Palermo, insieme a tre persone.
La fuga è stata ripresa dalle videocamere di sorveglianza della zona. Alle 2:54 i quattro si allontanano da piazza Spinuzza a bordo di una Lancia Y scura e percorrono via Roma, una delle strade principali della città. Alle 3 a velocità folle la macchina arriva in viale del Fante in direzione del quartiere Zen, il rione di Maranzano, dove giunge dopo un minuto e 59 secondi.
“Si precisa – si legge nel fermo – che durante il tragitto l’autovettura sfrecciava lungo il centro urbano di Palermo ad alta velocità, non rispettando né semafori né alcun tipo di segnaletica stradale”. Maranzano avrebbe dato a un amico ora sotto inchiesta – probabilmente sapendo che gli inquirenti erano sulle sue tracce e quindi cercando di eliminare oggetti che l’avrebbero potuto fare identificare con l’autore del delitto – 5 collane in oro con ciondoli col volto di Gesù e una pistola e un pendente con scritta King con corona.
L’assassino ha detto di aver sparato con una calibro 9. “La portavo sempre con me, si sa, Palermo è una città pericolosa“, ha detto. Ma ci sono ancora molti dubbi sull’arma: se quel tipo di pistola avesse sparato da distanza ravvicinata, avrebbe provocato un foro ben più ampio sulla nuca della vittima. I frame estrapolati dagli inquirenti non sono chiari e la pistola non è inquadrata nitidamente. Mentre diversi testimoni, tra cui la madre di Paolo, parlano di una pistola piccola.
Ancora oggi nel quartiere Zen sono andati avanti perquisizioni e controlli per trovare i ragazzi che erano con l’omicida. Diversi giovani sono stati portati in caserma per essere interrogati. Maranzano intanto ha trascorso la sua prima notte nel carcere Pagliarelli a Palermo. “Paolo Taormina ha importunato la mia compagna sui social”, ha detto ieri ai pm.
I due si sono visti sabato, Paolo gli avrebbe chiesto di intervenire per riportare la calma tra i suoi amici che litigavano con altri ragazzi proprio davanti al locale dei Taormina; ne sarebbe nata una discussione, poi Maranzano avrebbe preso la pistola, una calibro 9 illegalmente detenuta, e avrebbe sparato al 21enne in testa. Anche la madre di Taormina, che era nel locale che gestiva col figlio, ha raccontato di aver visto il giovane sparare con un’arma piccola.
Nei prossimi giorni Maranzano verrà sentito dal gip per l’interrogatorio di convalida. Il suo racconto dovrà essere confermato dalle analisi sul corpo: prima la tac e poi l’autopsia. Sul movente ci sono dubbi e si sta indagando anche su questo.
Sono ancora tanti i parenti e gli amici che si trovano al Policlinico davanti alla camera mortuaria in attesa che vengano eseguiti gli esami sul corpo. “Scrivetelo chi era Paolo, voi lo sapete chi era Paolo e chi è quello. Un assassino”, grida disperata la madre Fabiola Galioto. Seduta su una panchina davanti alla camera mortuaria è circondata da persone che cercano di consolarla. “Quello lì non conosceva Paolo, perché altrimenti non lo avrebbe ammazzato”, sussurra. “Avevamo già visto quel ragazzo, mi aveva colpito la faccia aggressiva veniva ogni sabato al locale”, dice Sofia Taormina, la sorella di Paolo, più piccola del fratello di 16 mesi.
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