Cultura
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02/02/2011 00:38

I manoscritti di Verga. In digitale

In e-book degli autografi verghiani

di Redazione

Giovanni Verga
Giovanni Verga

Labile: destinato a rapida scomparsa o ad imminente dissolvimento. Virtuale: contrapposto a reale, con aspetti non corrispondenti alla realtà. 
L’opera d’arte, invece, è destinata a trasmettere un significato in eterno e proprio per questo, nel caso delle opere letterarie, la scelta della materia sulla quale andava impressa la scrittura si valutava sulla base della sua resistenza e inalterabilità. Quando cominciò a diffondersi in Occidente la carta, nessuna persona di buon senso pensò che ad essa si potesse affidare la conservazione della memoria di grandi opere perché era giudicata troppo fragile e dozzinale rispetto alla corposa ed elegante pergamena. Ma il mondo e le esigenze degli uomini cambiano e le tecniche si evolvono. La nascita delle Università prima, l’invenzione della stampa poi, la fabbricazione di carta sempre più bella e resistente e meno costosa della pergamena, compirono la rivoluzione. L’esigenza della comunicazione e della diffusione, dall’invenzione della stampa in poi, si è correlata al numero di copie e alle reti di distribuzione. Da un lato le edizioni pregiate e i sistemi di conservazione, dall’altro stampe economiche destinate al largo consumo. Il lancio del World Wide Web negli anni ’90 e la dilagante diffusione dei supporti digitali ha rilanciato la questione della produzione, della conservazione e della diffusione dei documenti scritti. Anche l’apparato tradizionalmente conservatore delle biblioteche ha ormai accettato come ineluttabili le biblioteche digitali – ahimè quale impari concorrenza!- e i motori di ricerca. Il punto è, piuttosto, quanto e come -nel mondo di oggetti fisicamente ingombranti, spesso resistenti a incendi e alluvioni- la labile, immateriale registrazione ottica possa essere un adeguato strumento di conservazione e diffusione del sapere.
Le copie digitali si sono sostituite alle fotocopie, le riviste on line sono più numerose delle cartacee, un libro si cerca prima in rete e solo in seconda istanza in biblioteca. 
Ma c’è una tipologia di testi che esige un approccio più cauto e tuttavia, più di qualunque altro oggetto analogo, necessita di essere riprodotto per essere affidato allo studio senza rischi per se stesso: il manoscritto autografo. Si dice che ogni manoscritto è un unicum: ciò è parzialmente vero, perché prima dell’invenzione della stampa si producevano diverse copie manoscritte dello stesso libro, ciascuna di esse è certamente unica ma non è l’unica testimonianza di un’opera. Il manoscritto autografo non solo lo è, ma è anche la documentazione del processo creativo di un’opera. Se non siamo raffinati filologi e leggiamo “I Malavoglia”, non ci viene in mente di chiederci se Verga l’aveva scritto proprio così dall’inizio, se Padron ‘Ntoni era nato nella sua immaginazione con le stesse caratteristiche che gli conosciamo noi, se quei proverbi tanto significativi ci sono sempre stati nel testo di quel romanzo. Ma se ci si fa balenare l’ipotesi che il testo vero potrebbe non corrispondere a quello stampato,
se siamo semplicemente lettori attenti, la curiosità diviene una malattia inguaribile. E c’è un solo modo per curarla: vedere con i propri occhi. Cura piuttosto difficile, considerato che non si trova un manoscritto verghiano a ogni pie’ sospinto. A possedere la gran parte degli autografi di Giovanni Verga è la Biblioteca Regionale Giambattista Caruso (ex Universitaria) di Catania che sta realizzando un progetto per la pubblicazione in e-book degli autografi verghiani. La Biblioteca non è nuova a questo tipo di operazioni: già nell’aprile del 2008 aveva pubblicato l’autografo de “I Malavoglia”. Il progetto “Biblioteca Digitale” assume ora più ampio respiro, in collaborazione con la Facoltà di Lettere e Filosofia, la Fondazione Verga e la Società di Storia Patria, e prevede l’edizione in digitale di tutti gli autografi verghiani corredati del materiale documentario di supporto alla comprensione del processo creativo (lettere, articoli, documenti visivi, bibliografia), e di lavori sul contesto storico, sulla lingua, sull’atmosfera culturale. Già la riproduzione è un’operazione complessa se si misura con una successione di pagine spesso stravolta dall’autore, integrata da altre carte sciolte di formati diversi che vanno a ricongiungersi ora ad una parte ora ad un’altra di testo. La sequenza che scorrerà davanti agli occhi degli studiosi va progettata, studiata, giustificata con note e rinvii. Le difficoltà di lettura della complessa grafia verghiana andranno sostenute con parziali trascrizioni. L’interattività dell’e-book lancerà un dialogo tra chi conserva e confeziona gli strumenti per la fruizione e chi studia, legge, ricerca, consegnerà senza le frontiere dello spazio e del tempo un patrimonio che appartiene a tutti perché la cultura non ha confini. Labile ma non destinato a dissolversi rapidamente, virtuale perché può realizzare per l’oggetto reale nuove possibilità di essere conosciuto e studiato. Si comincia con “Eva”.