Attualità
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20/01/2011 21:00

I palloncini bianchi, per dire ciao a Ivan

Oggi pomeriggio il funerale

di Redazione

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Ivan Cannata
Ivan Cannata

 Ragusa – Una malformazione congenita nascosta l’ha portato via a soli 12 anni.

Ivan Cannata viveva in un istituto religioso che ne assicurava l’istruzione e gli faceva da casa e da scuola.

I suoi genitori non erano in grado di provvedere a lui e ai suoi fratelli maggiori, un maschietto e una femminuccia. 

Ivan, nonostante le difficoltà che sin da piccolo aveva imparato ad affrontare, era un bambino positivo.

Metteva da parte i soldini, per fare piccoli regali agli amichetti. 

Era un astro nascente dell’atletica, e prometteva di far parlare di se nel mondo dello sport.

Un malore, avvertito a scuola, lo ha strappato alla famiglia. 

Non si danno pace la mamma e il papà. Non si dà pace il nonno materno, che vive a Cava d’Aliga, che appena un mese fa ne aveva chiesto l’affidamento. 

La famiglia di Ivan si era trasferita da Santa Croce Camerina a Comiso, quindi a Ragusa.

E qui l’ha raggiunta la notizia dell’improvviso malore del bambino, la corsa in ospedale, quindi il trasferimento in elisoccorso a Catania. 

Martedì pomeriggio l’epilogo che nessuno avrebbe mai voluto conoscere

Oggi pomeriggio i funerali, cui hanno partecipato centinaia di bambini, molti dei quali hanno salutato il compagnetto liberando in cielo alcuni palloncini bianchi. 

 

L’ultima corsa di Ivan

“Hai corso troppo veloce e sei arrivato troppo presto”. Un cartellone semplice, ma che descrive bene la storia di Ivan, che amava il calcio, la corsa eà la vita. Venerdì avrebbe dovuto partecipare alla fase comunale della corsa campestre, ma non sapeva che lo attendeva un altro viaggio. E’ morto a soli dodici anni Ivan Cannata, colpito venerdì mattina da un’emorragia cerebrale mentre si trovava a scuola. Era andato in classe, come ogni giorno. Nella sua prima C, alla scuola media “Giambattista Odierna”. Erano le 9 quando ha accusato un malore: un improvviso mal di testa. Poi è venuto meno. La corsa all’ospedale Civile, l’immediato trasferimento in elisoccorso a Catania e l’intervento per tamponare l’emorragia. Ma la sua situazione è apparsa subito drammatica. Martedì pomeriggio, quando ormai non c’era più nulla da fare, i medici hanno deciso di interrompere la respirazione artificiale. Ivan viveva, insieme al fratello e alla sorella, in Comunità, dalle suore del Sacro Cuore di corso Italia. Amava la vita, l’amava tanto da essere sempre felice. “Ero il più grande in Comunità – spiega Enea -. Quando capitava che aveva un litigio con qualcuno poi correva sempre da me: mi considerava come una sorta di papà, di persona più grande. Da alcuni mesi non sto più in Comunità, ma lo vedevo ancora spesso. Proprio il giorno prima che si sentisse male, l’ho incontrato insieme ad altri ragazzi del gruppo: l’ho salutato, gli ho ripetuto stai attento, mi raccomando. Non so cos’è stata, una coincidenza o cos’altro. Ma io ringrazio Dio che mi ha permesso di vederlo poche ore prima che si sentisse male”, dice il suo amico. Nel primo pomeriggio di mercoledì, la piccola bara bianca è arrivata da Catania. La camera ardente è stata allestita nella cappella dell’Oratorio, al primo piano dell’Istituto salesiano. Ivan era entrato alla casa di don Bosco: giocava a calcio nell’Orsa, andava al catechismo, aveva partecipato al Grest. Aveva un sogno, quello di andare a vivere in una casa tutta sua, con il padre. Nonostante i suoi dodici anni, non si dava per vinto: cercava lui stesso case in affitto per coronare il suo grande desiderio. Mercoledì, per diverse ore, centinaia di persone, soprattutto centinaia di bambini, sono andati a salutarlo: sulla bara una maglietta con tante firme, quelle dei suoi amici. Una coppa, che gli aveva assegnato il Coni, un portachiavi del Milan. (Telenova)