Giornali strozzati dalla crisi e la Regione stringe il laccio
di Rino Lodato

Parlamento e governo valutino «in tutta la sua gravità la crisi» che sta attraversando l’editoria e adottino misure «prioritarie e urgenti di rilancio del settore».
E’ l’appello lanciato il 16 aprile 2009 dal presidente della Federazione italiana editori giornali (Fieg), Carlo Malinconico. Nell’attuale contesto, sottolineò, «le imprese non possono sopravvivere, né essere pronte a riprendere a pieno regime l’attività quando si avvierà la ripresa». Un appello che, fino ad oggi, è caduto nel vuoto aggravando la situazione economica di non poche testate giornalistiche.
A distanza di un anno e mezzo quello che sembrava soltanto un appello interessato, si sta, velocemente, trasformando in allarme rosso. Nel frattempo, vediamo cosa si è verificato: taglio delle tariffe postali agevolate, taglio del 50% al contributo per i giornali italiani all’estero, cancellazione di quello per l’emittenza locale, l’abolizione del diritto soggettivo e il taglio del 50% al Fondo per l’editoria. Per l’anno in corso c’è una disponibilità di appena 195 milioni di euro (a fronte dei 414 milioni del 2008) con i quali si dovrà coprire il contratto di servizio Rai (50 milioni) e gli arretrati alle Poste (46 milioni).
E’ bene chiarire che una parte dei fondi si perde anche in mille rivoli. Ad esempio: una fetta di finanziamenti va a una galassia di giornali che hanno ottenuto l’accesso grazie alla firma di due deputati, spesso di schieramento opposto, che hanno dichiarato l’appartenenza della testata a un movimento politico. Come il «Giornale d’Italia», «Organo del movimento unitario pensionati uomini vivi». Purtroppo non sono disponibili dati aggiornati sulla distribuzione delle cosiddette compensazioni fiscali agli Editori.
Le ultime cifre sono del 2005, ma comunque significative. Alla Arnoldo Mondadori Editore sono andati 18.877.876 euro; al «Sole 24 Ore» sono stati assegnati 17.822.223 euro; alla Rcs Quotidiani 13.763.592. «La Sicilia» (Domenico Sanfilippo Editore spa), sempre nel 2005, ha ricevuto contributi (cioè sconti derivanti dall’art. 2 legge 662/96 comma 20B) per 164.735 euro. Sui contributi e le agevolazioni ricevuti dal nostro giornale dal 2002 al 2007 abbiamo riferito nelle pagine di economia nell’edizione di venerdì 6 giugno 2008. Piccole somme dalle quali si evinceva che «La Sicilia» non poteva essere confusa con giornali di partito e altri che ricevono sovvenzioni milionarie e per le quali (allora) si parlò di «casta della carta stampata».
Di cui certo questo giornale non faceva e non fa parte. Fa, invece la sua bella parte, nell’Isola dove risulta il quotidiano più letto. Secondo i dati Audipress («Lettorato autunno 2009/primavera 2010», riferito al periodo compreso fra settembre 2009 e marzo 2010) ogni giorno «La Sicilia» registra 466.000 lettori complessivi (348.000 uomini e 118.000 donne), seguita dalla «Gazzetta del Sud» 461.000 (311.000 uomini e 150.000 donne) e dal «Giornale di Sicilia».435.000 (305.000 uomini e 131.000 donne). Ma andiamo avanti. Se il governo nazionale tace, o addirittura taglia, affetta, avvicinandosi pericolosamente all’osso, la Regione Siciliana non impiega neppure le risorse destinate all’informazione e, peraltro, disponibili.
Non fa i bandi – diceva Tony Zermo su questo giornale lo scorso 23 agosto – e quando li fa mette sul piatto soltanto il 20% delle risorse. Questo crea un inceppamento del circuito della comunicazione che riguarda tutti i media. E non si dica che la Regione fa comunicazione attraverso la «Gazzetta Ufficiale» o il sito Internet della Presidenza, perché questi sono strumenti per gli addetti ai lavori. Dice Faustino Giacchetto (esperto della comunicazione e della strategia di marketing) che «in questa situazione di una gravità senza precedenti il governo regionale non può dire “aspettiamo la rimodulazione”; occorre subito una boccata d’ossigeno per le aziende editoriali». E’ dunque necessario fare presto. Prendere decisioni che possono salvare la nostra stampa in crisi dall’assalto di editori del Centro-Nord. Perdere questa ricchezza significa abdicare, non avere coraggio.
La Regione Siciliana, prima ancora del governo nazionale, può e deve intervenire. Il governatore prenda in mano la situazione, prima che tutti i giornali dell’Isola vadano a cercarsi altri tipi di finanziamenti. Tempo ce n’è poco. Anzi pochissimo.

Roma. Novanta testate, tra quotidiani e periodici sono destinate a chiudere entro la fine del 2010, vero «annus horribilis» per la carta stampata in Italia.
L’allarme è stato lanciato in questi giorni dai sindacati dei giornalisti e indirizzato a Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e al ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani. La crisi della stampa è cominciata con l’ultima legge finanziaria, che – tra i tagli di bilancio – ha colpito tutto il settore, fino all’azzeramento dei contributi e alla cancellazione delle agevolazioni postali.
Il Fondo editoria è passato da 414 miliardi nel 2007 a 195 quest’anno. Quanto alle agevolazioni postali, dopo una stangata iniziale, si è cercato di correre ai ripari. Il sottosegretario Bonaiuti ha dato parere favorevole a una ridefinizione delle tariffe, ma il decreto ministeriale è stato rinviato in attesa che l’interim allo Sviluppo Economico passasse da Berlusconi al ministro Romani.
I giornalisti (Fnsi, Mediacoop, Articolo 21, Comitato per la libertà d’informazione) hanno sollecitato un un incontro con il nuovo ministro, per non parlare di quegli Stati generali dell’editoria, che avremmo dovuto convocare da mesi, sull’esempio della Francia.
La denuncia dei sindacati è pesante. Sarebbe in atto anche una manovra contro le agenzie di stampa, che hanno subìto il passaggio dalle convenzioni pluriennali a quelle annuali, una condanna di precarietà con impatto politico sui notiziari. In poche settimane abbiamo visto la chiusura delle maggiori edizioni dell’Unità. Sono in agonia quotidiani e periodici gestiti da cooperative giornalistiche. Spariscono anche i giornali gratis (E-polis). I grandi quotidiani storici chiudono le redazioni a Roma e all’estero. I periodici riducono la foliazione.
Sono a rischio 92 testate, anche storiche, con la perdita di oltre 4 mila posti di lavoro. In crisi le aziende e vanificati gli investimenti degli editori per rinnovare i giornali, che sono passati dal bianco e nero al colore, hanno stampato e diffuso milioni di libri, avvicinando gli italiani alla lettura e alla letteratura. Questi i fatti. I giornali non chiedono incentivi. Il prezzo di vendita di un quotidiano non è proibitivo. Ma non si può penalizzare la carta stampata come se fosse un bene voluttuario. La libera circolazione delle idee, delle notizie non è qualcosa di superfluo, ma la garanzia della libertà.
E’ urgente rivedere i tagli alla stampa e distribuire in modo diverso le risorse, dalle quali sono escluse le testate regionali come il Secolo XIX, la Gazzetta del Sud, Il Giornale di Sicilia, La Sicilia.
Ci sono altre voci di spesa che possono essere cancellate (consulenze, clientele, patronati, manifestazioni superflue). Si deve decidere in tempi brevi, prima che il 31 dicembre bruci 90 testate e getti sulla strada migliaia di lavoratori.
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