Il ruolo delicato e importante giocato dal Bellamagna in tutta la donazione del Morifet.
di Un Uomo Libero.


Madrid – “Questo convento sotto la regola del Terz’Ordine di S. Francesco e per la sua antichità, che lo canonizza il primo di questo Istituto nella Sicilia, e per la divozione de’ popoli, che a gara lo costrussero e l’avanzarono con più rendite…” Così l’incipit del capitolo “Del Convento del Terz’Ordine di Santa Maria la Croce”, contenuto nel libro di memorie dell’arciprete Antonino Carioti Notizie storiche della città di Scicli.
Su questo importante convento sciclitano, edificato su uno dei tre colli su cui si adagiò l’antico abitato della città di Scicli, non si è scritto molto. In ogni caso, a parte il Carioti e qualche altro storico da lui citato, in epoca recente sono apparsi solo isolati interventi di studiosi locali, non supportati comunque da una sistematica ricerca archivistica.
E sarebbe proprio ora che questa ricerca iniziasse perché la materia è di estremo interesse!
Non m’infilerò, è ovvio, nelle vicende conosciute (quelle sì!) del Terz’Ordine francescano a Scicli.
Già il Carioti le racconta come racconta in parte la storia di Giovanni Morifet, monaco francese di santa vita, che all’ombra dello sciclitano speco “della Croce” visse e morì.
Quello che invece farò sarà controllare, sulla scorta di documenti d’archivio, le notizie riportate dal Carioti e interpretare, poi, alla luce di questi ritrovamenti, alcuni segni che, fino ad oggi, sono stati solo testimonianze mute per lo studioso e per il visitatore.
Per facilitare la ricerca di quanti vorranno approfondire in seguito le mie conclusioni, ho preferito non più trascrivere i documenti ma tradurli rispettando le imprecisioni del testo spagnolo.
Il documento con il quale i Conti di Modica “fondano” il privilegio sul convento sciclitano volgarmente detto “della Croce” è il seguente:
Io don Barrique Enrique de cabrerà grand’Almirante di Castiglia e di Granada conte di Modica e di Belga visconte di Cabrera e Gas nel principato di Catalogna, signore delle città di Ragusa e di Monterosso, conte di Alcamo e Cacciamo nel Regno di Sicilia ecc…
dico che per quanto da parte dei Giurati e università della mia città di Xicle mi sia stata fatta relazione dicendo che l’Ordine di San Francesco degli Osservanti aveva fondato un monastero dedicato alla Vergine Maria della Croce nella detta città per completare la cui opera iniziata aveva bisogno che io facessi un’elemosina e siccome l’opera è buona e pia e perché i monaci assumano l’incarico di pregare Dio per la contessa e per me/ faccio loro grazia ed elemosina di cento onze, moneta del detto regno di Sicilia /ordino al governatore attualmente in carica o a colui che nel tempo ricoprisse tale incarico nella mia contea di Modica che elargisca per conto mio le cento onze scaglionando i pagamenti in cinque anni e per ogni pagamento richieda quietanza al padre guardiano o al superiore del monastero o ricevuta di pagamento effettuato e pertanto ordino che le cento onze siano registrate in contabilità / dalla mia città di Medina de Ríoseco a 26 giugno 1526.
L’Almirante e conte
Il mandato fu dato da Fadrique Enriquez de Cabrera, IV almirante di Castiglia, al suo segretario Valdés il 26 giugno del 1526 nella città di Medina de Ríoseco e, in calce, il segretario appose la formula rituale “per mandato dell’almirante e conte mio signore”.
Quasi in contemporanea Anna Cabrera, contessa di Modica e moglie di Fadrique, il 5 luglio 1526, sempre dalla città di Medina de Ríoseco, dispose il seguente mandato:
Io Donna Anna de cabrera contessa etc…
dico che per quanto sia stata informata che nella mia città di xicle ora di nuovo è stato fondato un monastero dedicato alla Vergine Maria della croce del Terz’Ordine degli Osservanti di san Francesco e per essere un monastero nuovo i frati che in esso abiteranno vivranno in grande povertà e necessità e considerato che questo è un servizio fatto a Dio per tale motivo faccio loro grazia ed elemosina di una palma di terra nel territorio della detta mia città di xicle per impiantare una vigna con l’obbligo di pregare Dio per l’almirante mio signore e per me. Ordino, dunque, a don Giovanni Ventimiglia governatore della detta contea di Modica che indichi loro e faccia indicare un posto in cui possano piantare la detta vigna nella detta palma di terra possibilmente un posto abbastanza prossimo al monastero o dove meglio a loro sembri con la sola accortezza che non causi alcun pregiudizio ai boschi della detta città e per questo ho ordinato di fare e inviare questa lettera, approvata dal mio contabile / dalla mia città di Medina de Rioseco a 5 luglio 1526.
La contessa di modica
Di nuovo il segretario Francisco de Valdés annotò in calce alla lettera: “per mandato della Signora Contessa”.
Due deduzioni s’impongono, dopo aver letto queste importantissime scritture.
1) Furono i giurati e l’università di Scicli a chiedere al conte consorte una pia elemosina. Il conte contribuirà con la generosa somma di onze cento, moneta di Sicilia.
2) L’Ordine di San Francesco degli Osservanti aveva già iniziato la costruzione a Scicli di un convento dedicato alla “Vergine Maria della Croce”. Il contributo del conte ebbe allora la funzione di portare a compimento un’opera esistente. Con quell’elemosina i conti di Modica diventarono “patroni” e a cambio chiesero ai frati preghiere per loro e per i loro cari. Il “patronato” dei conti di Modica sul convento durerà a lungo.
Nella seconda scrittura, in effetti, si parla di “Terz’Ordine Osservanti di San Francesco”: a quanto pare, nella famiglia francescana di Spagna regnava ancora grave a quel tempo la confusione che aveva ingenerato Sisto IV nel 1471 riducendo il Terz’Ordine sotto l’osservanza dei Minori, mentre in Sicilia la distinzione tra Terz’Ordine e Minori Osservanti era ormai ben chiara.
Anna nella sua disposizione aveva regalato ai francescani una “palma” di terra su cui impiantare una vigna. Si era preoccupata che questa fosse stata abbastanza prossima al convento e non avesse arrecato eccessivo danno ai boschi che lo circondavano.
L’atto vero e proprio di donazione della vigna è stipulato il 28 ottobre 1532.
Il 17 maggio dell’anno successivo (1533) da Aguilar (Aguilar de Campoo, è un paese che ricade nel territorio di Palencia in Castilla y León. Questo piccolo comune diede i natali a Fadrique, il conte consorte, ndr) i coniugi Enriquez ratificarono la donazione fatta da Alonso (nostro fratello, lo chiamano, quindi un Enriquez) ai frati consistente in quattro salme di terra usufrutto compreso. I conti congiuntamente firmarono questo mandato rivolto al loro parente Joan Villaroel, governatore pro tempore della contea. Il segretario non è più Valdés bensì Antonio Crespo.
Neppure più è Fadrique a disporre così bensì il nipote Luigi Enriquez che aveva sposato un’altra Anna de Cabrera, figlia di un fratello della prima contessa di Modica, Anna Cabrera, sua zia.
Un’ultima lettera è spedita da Barcellona il 7 giugno 1533 da Fernando, il fratello erede di Fadrique dopo che questi si era ritirato a vita privata.
È una lettera di raccomandazione diretta al governatore della sua azienda nella contea di Modica, Angelo Bursa, parente. In essa Fernando esorta il suo amministratore a far coltivare liberamente la terra che “i suoi figli” (Luigi e Anna, come sopra) avevano regalato ai francescani di Scicli. Con molta probabilità l’amministratore aveva creato delle difficoltà ai frati e loro si erano lamentati col nuovo padrone.
Questo è quanto raccontano le carte di archivio.
Il Carioti fa riferimento, però, a un atto del notaio Mauro Pisano secondo il quale “il 27 aprile del 1515 alla presenza di numerosi testimoni tra cui il notaio Antonio Cultrei (?) il reverendo fra Giovanni Schifitto, venerabile guardiano del convento di S. Maria di Gesù della terra di Mohac”, riceve in donazione “dal venerando Giovanni Morifet dell’Ordine di San Francesco” diversi beni tra cui “un luogo chiamato della chiesa di Monti Sion della Cruci, territorio di Scicli”.
L’atto riportato dal Carioti così continua: “Nel predetto giorno (cioè 27 aprile 1515) il Reverendo Fra Giovanni donatario presente in virtù della detta donazione, ricevette e accettò il possesso materiale del detto luogo della Gissa e di Monti Sion di la Cruci….essendo presenti fra questi il magnifico capitano Bernardo Bellamagna, Turchio Dinaro e Antonio Alfano, curati (=giurati, ndr) della terra di Scicli e d’accordo col detto venerabile frate donatore e dando il loro assenso e consenso, donde per la futura memoria del fatto e per l’indagine del detto frate ecc…il presente atto pubblico fu scritto da me maestro (?) Bartolomeo Terranova. Il notaio Carlo Damiata, quale conservatore, estrasse questa copia di esso dagli atti di quelli.”
Alla stipula dell’atto di donazione, anche se in un primo tempo non è menzionato, fu presente, dunque, il capitano Bernardo Bellamagna.
Il Capitano rappresentava, è ovvio, l’autorità comitale.
Il 2 maggio 1525 il conte (Fadrique) aveva deciso di fare radicali cambiamenti nella sua contea. Si erano verificate delle irregolarità a Ragusa e immediatamente aveva spedito il suo governatore, Don Giovanni Ventimiglia, in quella città per cacciare il capitano Santayana (Santillana, ndr). Il governatore era accompagnato da don Francesco de Montesa, giudice ma anche amministratore della contea. Entrambi fecero le pulci alla contabilità del Santayana e lo obbligarono a restituire il mal tolto. Chiusa l’indagine, alla capitaneria di Ragusa fu destinato Cuervo, capitano di Scicli. Ovviamente la piazza di Scicli fu coperta trasferendo da Modica Bernardo Bellamagna. A Modica fu nominato Francesco de Juvara, capitano di Chiaramonte, a Chiaramonte e a Monterosso temporaneamente il conte stabilì di porre come capitani persone del luogo fino a quando non avrebbe fatto le nomine.
Questo documento è importantissimo perché ci fa capire il ruolo delicato e importante giocato dal Bellamagna in tutta la donazione del Morifet.
La costituzione giuridica del patronato dei conti di Modica sul convento “della Croce” avvenne nel 1526, esattamente un anno dopo la nomina di Bernardo Bellamagna a capitano di Scicli, ma già lui aveva rappresentato il conte, come sappiamo dall’atto trascritto dal Carioti, nel 1515 quando ancora era probabilmente capitano di Modica!
Dopo l’analisi di questi documenti non si può più dubitare sull’appartenenza degli stemmi effigiati sul prospetto della chiesa della Croce di Scicli perché raccontano da soli l’intera vicenda. Lo stemma di sinistra, guardando la facciata, è lo stemma dell’università. Lo stemma del centro è quello di Fadrique e Anna. Lo stemma di destra è quello di Bernardo Bellamagna. A rafforzare questa verità è lo stemma stesso, basta saperlo interpretare. Nell’inquartato inferiore sinistro campeggia una bellissima mano aperta tra due castelli e in quello superiore una bella mano con una penna. Infatti, “Maña” viene dal latino: man?a, de manus (Diccionario de la Lengua Española de la Real Academia Española) e sta per mano. I castelli rappresentano la Castiglia. La parte danneggiata dell’inquartato inferiore destro dovrebbe raffigurare il leone simbolo della città di León capitale dell’antico Regno di León. La Castiglia è ancora presente con i castelli nell’inquartato superiore destro. Il nostro uomo veniva, dunque, dalla parte più antica della Castiglia che era il Regno di León, sicuramente dal palentino, luogo che aveva dato i natali a Fadrique Enriquez, il conte.
Un’ultima riflessione che vuole essere anche una domanda.
Fadrique Enriquez fu un uomo eccezionale, di grande temperamento. Era un vero erudito, culturalmente inquieto. Amava la poesia e si circondava di poeti e letterati, scriveva lui stesso versi. Di un rigore morale e politico non indifferente, appoggiò il giovane imperatore Carlo V nella lotta contro i “comuneros” castigliani, all’arrivo in Spagna, suscitando le ire dei francescani di Valladolid dei quali era stato in passato un severo censore.
Fatta questa necessaria premessa, mi son chiesto spesso: i grandi conventi francescani da lui aiutati o fondati saranno stati forse la sua vera e segreta penitenza?
CREDITI
AGS
AHNM
AHNN
AHPV
ASM
Carioti Antonino, Notizie storiche della città di Scicli, edizione del testo, introduzione e annotazioni a cura di Michele Cataudella, vol. n. 1 e vol. n. 2, Comune di Scicli, luglio 1994
Ferrer Chivite Manuel, El Almirante Fadrique Enríquez y las versiones de su “Perque”, University College Dublin
Garcia Chico Esteban, La Orden franciscana de Medina de Ríoseco, Publicado en el Boletín de la Academia de Bellas Artes de Valladolid, 1937
Laudani Orazio, Quando nasce il Terz’Ordine francescano, OFS Conegliano, www.digilander.libero.it
Morros Mestres Bienvenido, Petrarca y el Almirante de Castilla: a propósito de Boscán, Revista de Filología Española, 2010, Universitat Autònoma de Barcelona, pagg. 331-340
I riferimenti archivistici sarò ben lieto di fornirli a chi li richiederà attraverso la Direzione di questo giornale on line.
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