Un excursus canoro nella storia del costume del nostro Paese
di Redazione
Non c’è ibrido artistico che tenga. Questo “Due come noi che…”, ovvero il sodalizio artistico Domenico Rea e Gino Paoli, nato come patto di solidarietà nelle corsie di un reparto di oncologia di un ospedale di Carrara, ha retto magnificamente la scena malgrado storie, percorsi temporali, scelte di vite diverse: quelle giuste che separano le quattro generazioni tra uno dei più rappresentativi esponenti della canzone d’autore italiana e il pianista più fecondo e lirico che la scena artistica oggi può offrire.
Anche nell’Auditorium di Marina di Modica, gremito oltre ogni ordine di posti, la diversità si è fatta ricchezza traducendosi in due mani abili che genialmente hanno spaziato sulle ottave coniugando e sostenendo il canto di un poeta senza tempo, umile e ricco allo stesso modo, capace di mettersi sempre in discussione sperimentando, con i relativi rischi, vie nuove per allontanare l’oblio e continuare a parlare e a “sentire” il pubblico con le canzoni.
“Due come noi che…” ripercorre il vasto repertorio delle canzoni di un Gino Paoli, che sa tenere la scena, malgrado prossimo agli ottanta anni e l’immancabile sorseggio di un whisky d’annata, canzoni rivedute e corrette con arrangiamenti originali e fuori spartito ma che lasciano intense, rispettandole, le emozioni del “Cielo in una stanza”, “Sapore di Sale”, “Senza Fine”, “Che cosa c’è” e poi via via sui testi degli altri cantautori del gruppo di Genova, amici di avventura di Paoli: Luigi Tenco, “Vedrai,Vedrai”, Umberto Bindi, “Il Nostro Concerto”.
Poi la canzone internazionale d’autore: Les amants d’un jour (portata in Francia al successo da Edith Piaf) e in Italia da Herbert Pagani con il titolo di “Albergo a ore” e Que reste-t-il de nos amours ? di Trenet .
Ad un cantautore come Paoli e un pianista prolifico e attento come Rea non poteva mancare il repertorio classico della canzone napoletana che seppur fiacca nell’ espressione dialettale di un genovese d’adozione ha avuto il merito di seguire un’interpretazione lenta, passionale a tratti con i ritmi di una ninna nanna ( così con “Passione” e “Reginella” dell’indimenticato Libero Bovio) che ai napoletani è piaciuta molto quando al San Carlo il concerto “Due come noi che…”, il 30 gennaio scorso, celebrò i cento anni dalla nascita di un grande della canzone napoletana, Roberto Murolo. Anche questa volta il sodalizio ha funzionato. Un live sempre originale e dunque mai uguale a se stesso con un pubblico emozionato e che ha partecipato rincorrendo, sulle note di Danilo Rea, il testo di canzoni che hanno scritto la storia del Costume del nostro Paese.
Come da programma della prima edizione di Modica jazz fest, il concerto si è aperto con un’ esibizione del due Dario Deidda al basso e Fabio Zeppetella alla chitarra ( assente per motivi di forza maggiore il batterista Fabrizio Sferra). Musicisti ormai affermati hanno intrattenuto il pubblico con pezzi del jazz classico con grande bellezza ed intensità emotiva.
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