Cultura
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15/12/2010 10:00

Il mito di Ortigia in un libro

Foto di Lamberto Rubino e parole di Cettina Voza

di Redazione

Ortigia
Ortigia

Siracusa – Un racconto per immagini con le foto, bellissime, di Lamberto Rubino e le parole di Cettina Voza, che come sempre vanno dritte al cuore.
C’è suggestione d’ambiente ne «L’isola di Ortigia», monografia essenziale e pure ricca di atmosfera, capace di suscitare forti emozioni.
«Si viene a Siracusa sull’onda di un antico incantamento, seguendo unicamente una navigazione dell’anima e dei sensi» scrive Cettina Voza nella prefazione. E aggiunge la studiosa: «La città al visitatore si presenta come uno straordinario set immaginario: il mare, le spiagge di sabbia dorata, i templi grandiosi e le architetture barocche di pietra fiorita, le barche dall’occhio glauco, il cielo di terso azzurro; se a questa inesauribile capacità di rappresentazione del presente si aggiunge quanto la cultura ha espresso nella città e sulla città, allora a pieno si comprende come e perché sia stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità».
E ancora «trasformazione, metamorfosi, stratificazione, questa la cifra di Ortigia» – secondo Cettina Voza – «dove dal primo taglio del banco roccioso di fondo quasi a livello del mare, la vita della città ha visto crescere e mutare nel tempo i templi, le case e le fortificazioni, tutto intorno a quell’occhio d’acqua pura della fonte in riva al mare».
Nei testi della monografia Daniele Salvo parla de «la mia isola» dedicando ad Ortigia parole che diventano poesia. «E’ un miraggio, un’illusione ottica, una rifrazione. Ortigia, città dai mille volti, labirinto in cui ci si smarrisce una volta per sempre e da cui non si ritorna più….Ortigia, città dell’anima, piccolo universo concluso, corpo a sé. Le sue strade sono le vene, i vicoli i capillari, le piazze gli organi vitali, gli occhi sono quelli di Santa Lucia, il cuore è quello di piazza Duomo, i capelli sono i papiri della Fonte Aretusa, il mare intorno è l’universo mondo che la circonda, la separa e la sospende sullo specchio di un cielo rovesciato, le lampare sono le stelle lontane, sospese sul filo dell’orizzonte. Il tempo qui scorre in altri modi, con altre regole».
Michele Romano in «Ortigia dedalo di storia» si sofferma invece sui viaggiatori mediterranei, e racconta del virtuosismo barocco, preterremoto del 1693, che si staglia folgorante come uno scrigno di pietra nell’opera magna di Andrea Vermexio: il Palazzo del Senato. Per poi accennare ai principali palazzi storici di Ortigia.
L’ultima parte della monografia è affidata al sacerdote Alfio Gibilisco e dedicata alla tradizione con quella «festa della luce» cui Santa Lucia è l’espressione unica e più alta, portatrice e testimone.
Ne «L’isola di Ortigia» le fotografie prefazione sono di Gianluca Scrofani, i testi didascalici di Emma Allù.