Cronaca
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11/03/2011 23:53

Il papà di Claudia Larissa: E’ stata colpa di Satana

La bambina investita da un treno

di Rossella Schembri

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La disperata rassegnazione
La disperata rassegnazione

Modica – Il destino, la tragica fatalità, Satana.

Il padre della piccola Claudia Laris Ion non si dà pace. Piange e, nello stesso tempo, si rassegna, cercando disperatamente una giustificazione, un alibi, una spiegazione, alla morte della sua unica figlia femmina, la più piccola dei suoi tre pargoli.

“Quando ci si mette Satana, non c’è nulla da fare, niente da fare”, ripete Memetel Vasile, 33 anni, mentre sta seduto fuori, davanti l’uscio della propria casa, in via Napoli, al numero civico 11, nel quartiere San Giorgio, a Modica.

Gli altri uomini, tutti rumeni, che sono accanto a lui, annuiscono e, con lo sguardo e i commenti, accolgono gli sfoghi di questo giovane padre, che ha perso la figlia tragicamente, davanti ai propri occhi. A Memetel resterà il rimpianto, per sempre, di non essere riuscito ad arrivare in tempo, per strappare dalla morte la figlia. Era vicino a lei, tanto da vederla ormai giunta alla rotaia, tanto da riuscire a vedere anche il pericolo che è uscito all’improvviso dalla semicurva del binario, il treno, sino a vedere Claudia, ahimè, spazzata via come un fuscello, dal predellino del treno.

Se Claudia fosse stata un’adulta e avesse avuto sangue freddo, accortasi del treno si sarebbe gettata giù, nella scarpata, e con qualche escoriazione, si sarebbe comunque salvata. La paura invece l’ha bloccata, facendola restare accanto alla rotaia, anzichè buttarsi nel fosso, la bimba ha deciso ingenuamente di stare ferma. Il predellino le ha spezzato la colonna dorsale e poi ha spinto il corpo di Claudia vicino al binario.

“Ho cercato di arrivare prima, ma non ce l’ho fatta”, dice il padre, guardandosi e attorcigliandosi le mani. “Quel treno doveva colpire me, io dovevo morire, non la mia piccola”, singhiozza l’uomo. Mentre parla, dall’interno della piccola casa arriva l’eco di voci sommesse, lamenti, forse un pianto. Sono le donne. Anche loro tutte rumene.

Gli uomini fuori, seduti sul marciapiede della strada, le donne dentro, nell’unico spazio comune della piccola abitazione, un soggiorno-cucina, che nemmeno si riesce a intravedere: la porta è sbarrata e le tende bianche sono abbassate.

Le donne consolano la madre, Kate, 28 anni. Lei e Memetel sono partiti tre anni fa da Calarasi, nel sud est della Romania, città a 125 chilometri di distanza da Bucarest. Sono venuti in Italia per cercare fortuna, insieme ai tre figli, un maschio di 11 anni, uno di 9 e infine Claudia, l’unica femmina, la più dolce e sorridente.

Una bimba intelligente e serena, piena di voglia di vivere. “Le avevo detto di restare in macchina e Claudia ha detto “va bene papà” – racconta il padre – e invece è scesa dalla vettura ed è venuta vicino a noi”. E’ morta così la piccola Claudia. Nella scuola materna “Santa Marta” gli altri bimbi e le maestre giovedì mattina l’hanno ricordata. I suoi compagnetti ne parlano adesso, come di “un angelo che è salito in cielo”.

Le insegnanti si stanno prodigando per fare una colletta e aiutare la faglia, che vive un forte disagio economico, a sostenere gli ingenti costi del trasferimento della salma della bimba sino a Calarasi, in Romania. Lì Claudia avrà il suo funerale che sarà celebrato con rito rumeno ortodosso e riposerà nel cimitero della città nella quale è nata.