Attualità
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12/12/2010 21:41

Il terremoto, 20 anni dopo

Nacque la legge 433

di Alfio Di Marco

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Il terremoto di Santa Lucia
Il terremoto di Santa Lucia

Palermo – Due miliardi di euro, quattromila miliardi di vecchie lire: questa la cifra che l’allora governo Andreotti stanziò all’indomani del terremoto di magnitudo 5.4 che, nella notte tra il 12 e il 13 dicembre del 1990, sconvolse le province di Siracusa, Catania e Ragusa, provocando 12 morti, centinaia di feriti, il crollo di centinaia di abitazioni private e gravissimi danni al patrimonio artistico e culturale dell’Isola. Lo stanziamento è contenuto nella legge numero 433 del 31 dicembre del 1991, che sin da allora si è posta come finalità non solo «la riparazione/ricostruzione delle infrastrutture e degli edifici danneggiati o distrutti dal sisma», ma l’estensione «a finalità di Protezione civile, nonché di prevenzione sismica con il miglioramento delle strutture esistenti».
Affinché fosse operativa, si stabilì che la legge avrebbe operato attraverso singoli «obiettivi»: otto individuati in un primo momento, aumentati a undici nel 1997 quando, sette anni dopo la tragedia, ci si rese conto che nulla era stato speso e che le amministrazioni – sia quella regionale sia quelle comunali – non riuscivano ad avviare l’iter virtuoso per la spesa. Nel ’97 fu al contempo decisa la formazione di un Comitato tecnico paritetico, composto da sei membri – tre rappresentanti del Dipartimento nazionale della Protezione civile e tre rappresentanti della Regione Siciliana – cui è stato assegnato l’incarico di dare attuazione alla legge stessa.

RIMODULAZIONE. La suddivisione delle risorse finanziarie è avvenuta e avviene attraverso un’operazione definita «rimodulazione». Per l’esecuzione degli obiettivi si procede secondo criteri «imposti da Ordinanze di protezione civile». Un sistema dettagliato, figlio dei colpevoli ritardi accumulati nei primi sei anni di applicazione della legge 433: «Si è voluto così accelerare l’esecuzione degli interventi, snellendo le procedure esecutive», spiega Salvatore Cocina, Energy Manager della Regione, che fino al 31 dicembre scorso, per cinque anni, ha ricoperto l’incarico di direttore della Protezione civile siciliana.
E’ in questo quadro che lo scorso 16 ottobre la Giunta regionale ha approvato l’ultima rimodulazione che riguarda una somma complessiva di quasi 100 milioni di euro. In questa cifra rientrano tra gli altri, il finanziamento delle spese residue per il completamento della costruzione e della ristrutturazione degli edifici privati in provincia di Siracusa (circa 20 milioni di euro) e l’adeguamento di spesa – sei milioni di euro – per l’abbattimento del ponte e la ristrutturazione del Tondo Gioieni a Catania. 
Cinque le rimodulazioni attuate in questi anni: la prima è del 1999, quindi quella del 2000, del 2001, del 2006 e l’ultima dell’ottobre scorso.

PERCHE’ IL RIORDINO. Tra il 1993 e il 1998 l’utilizzo dei fondi della legge rimase al palo perché tutti gli impegni di spesa venivano presi senza che fossero definiti gli interventi. Di più: nel corso dell’iter attuativo, spesso si finanziava lo stesso intervento una seconda volta, senza tenere conto dei soldi già stanziati. Da qui gli scompensi contabili che per circa 72 mesi hanno paralizzato la macchina della ricostruzione.
Finalmente, con l’entrata in scena nel 2001 del Dipartimento regionale della Protezione civile – Dipartimento anch’esso figlio dei fondi della legge 433 – si affida ai Servizi decentrati di Siracusa, Catania e Ragusa – in stretto contatto con il Servizio Finanziario di Palermo – l’approfondimento sui singoli decreti attuativi. Questa operazione è durata due anni e, per taluni aspetti, non si è ancora conclusa. Ma via via i singoli obiettivi hanno ottenuto i finanziamenti necessari, e si è potuto così procedere al completamento sia della ricostruzione degli edifici crollati, sia al restauro di quelli lesionati, come al restauro di chiese ed edifici pubblici, o alla realizzazione di nuove arterie e all’adeguamento di altre.


GLI INTERVENT
I. In questi 20 anni, vista l’elasticità della legge e il considerevole impegno di spesa, nel territorio delle tre province coinvolte dal terremoto di Santa Lucia hanno visto la luce centinaia di opere che rientrano in un quadro di «interesse di protezione civile». Non solo: alla 433 si è potuto per esempio attingere la spesa necessaria all’obiettivo «g» – Sorveglianza sismica e vulcanica – cui sono stati destinati 34,04 milioni di euro; oppure la spesa per i Vigili del fuoco in relazione all’emergenza dell’Etna e del terremoto di Palermo del 2002: 1,35 milioni di euro. Altri 23 milioni sono stati destinati alla ricostruzione post-sisma dell’Etna del 2002. Questi ultimi fondi sono stati vincolati «esclusivamente alla riparazione o alla ricostruzione del patrimonio edilizio privato danneggiato.
Ancora: 2.342.065 euro sono andati al finanziamento definitivo per la ricostruzione e il restauro della Cattedrale di Noto. 

ALCUNI ESEMPI. Le opere finanziate – fra alloggi privati, strade ed edifici pubblici e di culto – sono 680: e la maggior parte di queste può ritenersi completata. Facciamo alcuni esempi. Ad Acicatena per il restauro di Palazzo Pincipe Riggio sono stati spesi tre milioni 365 mila euro; a Caltagirone per Palazzo dell’Aquila due milioni 220 mila euro; a Catania per Palazzo San Giuliano dell’Università quattro milioni 130 mila euro (lavori ancora in corso); due milioni 840 mila euro sono serviti a finanziare i lavori in Cattedrale; undici milioni 873 mila euro sono serviti per l’allargamento di via Due Obelischi; 20 milioni per l’adeguamento della Circonvallazione; 6 milioni di euro per la nuova caserma dei vigili del fuoco nell’area nord della città. A Siracusa: un milione 300 mila euro per la Chiesa del Collegio; due milioni per l’ex convento San Francesco; 131 milioni e mezzo per il completamento dell’autostrada Siracusa-Gela (lavori appaltati). Carlentini: duemilioni 600 mila euro per l’adeguamento della strada provinciale Carlentini-Pedagaggi.

BILANCIO. Dai sopralluoghi dei ministri della Protezione civile in carica fra il 1990 e il 1991 – Vito Lattanzio e Nicola Capria – nei centri colpiti dal sisma di acqua sotto i ponti ne è passata. Vent’anni fa la Protezione civile nazionale era ancora in fasce. «Oggi – riprende l’ingegnere Cocina – possiamo affermare con orgoglio d’aver fatto un buon lavoro sia sul fronte della ricostruzione – recuperando gli incomprensibili ritardi di sei anni – ma sia soprattutto sul fronte della prevenzione. Entro questo mese saranno consegnati gli arretrati ai cantieri ancora aperti. Mentre è già operativa la capillare rete di infrastrutture di Protezione civile in tutta la Sicilia orientale: edifici sede di centrali operative; parcheggi scambiatori; aree di raccolta. Sull’Etna abbiamo un nuovo centro a Nicolosi, a ridosso dei Monti Rossi e uno a Linguaglossa. A Catania, è stato finanziato il completamento del cavalcavia fra Ognina e il Rotolo».
«Centri operativi sono attivi anche ad Acireale, Paternò, Carlentini. E’ stata una pianificazione dettagliata che fa della Sicilia orientale l’area più all’avanguardia d’Europa sotto il profilo della Protezione civile. Certo – puntualizza Cocina – a fronte di un simile sforzo da parte della Regione e del Dipartimento nazionale, a volte non corrisponde un altrettanto passo spedito da parte dei Comuni. E’ il caso di Catania che negli ultimi anni non cura più come dovrebbe la sua struttura».
«Un’ultima annotazione – conclude l’energy manager Salvatore Cocina – vorrei riservarla all’area industriale di Priolo Gargallo. Lì continua a insistere uno dei complessi petrolchimici più importanti del Mediterraneo. E di Priolo si parla per l’installazione d’un rigassificatore. Ma quella è un’area ad altissimo rischio sismico: fare lì quell’impianto sarebbe come innescare una bomba a tempo».