Cultura
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19/02/2009 01:15

Il terremoto e la ricostruzione: le due Raguse

di Redazione

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Dire Ragusa fino al 1693 voleva dire la parte bassa della città, che oggi corrisponde a Ragusa Ibla.
Il Garofalo scrive in proposito “ il tremuoto del 1693 funesto a tutta la  Sicilia, funestissimo a Ragusa che di allora in poi variò anche di posizione  topografica”.
Le città vennero rase al suolo, nella sola Ragusa si contarono circa  cinquemila morti e ovviamente la catastrofe causò la conseguente perdita di  larga parte del patrimonio storico e artistico.
Alla notizia del terremoto, il viceré Giovanni Francesco Paceco, duca di  Uzedo, conferì poteri di vicario generale con l’“alter ego” per il Val di  Demone e il Val di Noto al duca di Camastra. 
Ragusa nella sua collocazione originaria aveva due chiese maggiori, S.  Giorgio e S. Giovanni, entrambe costruite dai Normanni e successivamente  ampliate dai Chiaramonte.
Inoltre, parte della popolazione ragusana  traeva origine da abitanti della  città di Cosenza, che Ruggero il normanno aveva autorizzato  a trasferirsi  oltre che a Lentini, anche a Ragusa, per sottrarsi alle ire del loro signore  Ruggeri Borsa, al quale si erano ribellati. I cosentini costituivano buona  parte della comunità parrocchiale di S. Giovanni.
Le due fazioni, i cosiddetti “sangiorgiari” e “sangiovannari”, erano divise  da una antica la rivalità che contrapponeva la più originaria nobiltà, devoti  a S. Giorgio, ai cosiddetti “massari”, ovvero la nascente borghesia, devoti a  S. Giovanni. 
Il terremoto e la necessaria ricostruzione furono il pretesto che spinse  questi ultimi a riscattarsi dalla soggezione ai nobili, e quindi decisero  iniziare la riedificazione di una nuova città in un altro posto, lontano dai rivali sangiorgiari, e  più precisamente sul pendio del vicino monte Patro,  luogo prescelto anche per la fondazione della  nuova chiesa di S. Giovanni.
Per quanto riguarda questa separazione vennero addotte delle motivazioni  di stampo ambientale cioè “la salubrità dell’aere, la pianura del sito, la  comodità dell’acqua, l’abbondanza delle pietre et altre necessario  circostanze per una commoda abitazione”.
Inoltre, come già accennato, le due fazioni in questione avevano ciascuna  una propria chiesa madre, che pur essendo entrambe parrocchie, fin dal  1389, per iniziativa del Vescovo di Siracusa, Tommaso Erbes, erano state  unite “aeque principaliter” nella persona di un unico parroco, il quale  abitualmente risiedeva nella chiesa di S. Giorgio e per questo veniva  accusato dagli amministratori di S. Giovanni di lederne i diritti.
Inoltre negli anni che precedettero il terremoto il “partito Sangiovannaro”  era in fase discendente, in più aveva dovuto subire alcune brucianti  sconfitte come la temporanea separazione dalla chiesa di S. Giorgio,  concessa dalla Santa Sede con la nomina del parroco Ascenzio Gurrieri, ma  subito annullata per la decisa opposizione del parroco di S. Giorgio,  Giambattista Bernardetto, che non voleva rinunciare a reggere insieme le  due parrocchie e addirittura alcuni anni dopo impose che nella intestazione  della parrocchia di S. Giovanni si aggiungesse il titolo di “subjective” cioè  sottomessa alla chiesa madre di S. Giorgio.
Alla luce di tutto ciò, la ricostruzione all’indomani del terremoto venne  vista dai “sangiovannari” come una possibilità per conquistare la tanto  ambita autonomia.
“ E’ con disposizione del 1695 in due fu invero Ragusa divisa”. 
“Crevit Ragusa Hiblae ruinis” così dice il motto latino dello stemma civico.
                                                
La nuova città presentava un assetto molto diverso, infatti con le sue strade dritte e larghe rispecchiava esattamente quella regolarità urbanistica allora comune a molte città siciliane costruite o rifatte dopo che Carlo V e la nobiltà siciliana diedero corso, nel 1535, ad una economia dell’isola fondata sull’agricoltura.
I parrocchiani di S. Giorgio, ritirandosi da quel progetto prima concordemente stabilito, decisero di ricostruire lì dove erano nati e
vissuti,  considerarono i sangiovannari traditori e stranieri, tanto che le due città rimasero separate dal 1695 al 1702, anche negli atti del real patrimonio.
Nel 1702 il viceré cardinale Giudice, arcivescovo di Monreale, poteva esclamare nella città nuova di Ragusa “las fabricas  han deciso la lite”. Infatti nel 1703 le due Raguse tornarono a riunirsi e le ostilità tra le parti finalmente cessarono e per congiungere le due città venne costruita una scala di 242 gradini.
Nel primo decennio del ‘700 iniziò anche la ricostruzione della cattedrale di Ragusa superiore; i lavori procedettero piuttosto lentamente, si protrassero addirittura per circa un ventennio e furono portati a compimento nel 1750 circa10.
Per quanto riguarda S. Giorgio i lavori iniziarono più tardi; infatti su progetto di Rosario Gagliardi, architetto siracusano attivo a Noto, l’edificazione della chiesa iniziò nel 1744 e terminò, ad eccezione della cupola , nel 1775.
La rivalità tra la città nuova e la città vecchia, che continuò anche dopo la riunificazione, si tradusse in una gara all’abbellimento delle due chiese maggiori, S. Giovanni e S. Giorgio.
Nel 1865 le due parti di Ragusa tornarono ancora una volta a dividersi, assumendo i nomi di Ragusa superiore e Ragusa inferiore o Ibla.
Nel 1896 S. Giovanni venne riconosciuto Patrono di Ragusa superiore e necessariamente la chiesa venne riconosciuta matrice.
Quando nel 1926 Ragusa divenne provincia, i due comuni rivali vennero nuovamente riuniti, ma il patrono della città rimase S. Giovanni Battista e S. Giorgio patrono particolare del quartiere “inferiore”.