Attualità
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29/05/2010 22:09

Il vitalizio agli ex deputati regionali

Chi va in Parlamento conserva il vitalizio della Regione

di Redazione

Come una mamma, non si dimentica dei suoi figli. Neanche quando sono cresciuti, lontani dalle sue ali, per andare a occupare lontani, prestigiosi incarichi. Niente da ridire sull’affetto mostrato dall’Assemblea regionale siciliana – il Parlamento autonomo dell’Isola – nei confronti dei suoi augusti componenti che hanno il diritto di cumulare la pensione maturata sugli scranni di Palazzo dei Normanni con le indennità da senatori e deputati. Un doppio stipendio, in tempi di cinghie strette e di polemiche sui costi della politica. E neanche trascurabile: ai diecimila euro che spettano ai parlamentari nazionali, si aggiunge un vitalizio che in media è di cinquemila euro netti al mese. Quattordici i fortunati, di destra e di sinistra: un ex ministro (Calogero Mannino), due ex governatori come Salvatore Cuffaro e Angelo Capodicasa, l’ex presidente dell’Assemblea Nicola Cristaldi, l’ex sindaco di Palermo e attuale portavoce di Italia dei Valori Leoluca Orlando, nove ex assessori regionali: il colonnello finiano Fabio Granata, Vladimiro Crisafulli, Giuseppe Firrarello, Salvatore Fleres, Ugo Grimaldi, Dore Misuraca, Alessandro Pagano, Sebastiano Burgaretta Aparo. E Raffaele Stancanelli, il quale detiene il record della tripla indennità, visto che riceve anche lo stipendio da sindaco di Catania, al quale ha detto però di volere rinunciare.

L’ipotesi di risparmiare
Il caso è stato sollevato dal presidente dell’Assemblea, Francesco Cascio, in vista del consiglio di presidenza del 9 giugno in cui ha messo all’ordine del giorno il taglio della pensione, senza escludere di intaccare i diritti acquisiti. «Trovo necessario, in un momento di grandi difficoltà economiche, dare un segnale di contenimento della spesa pubblica e di moralizzazione della politica. Contiamo di risparmiare un milione di euro all’anno». Un beneficio tutto siciliano: perché se al contrario un ex deputato nazionale viene eletto nel Parlamento regionale, lo Stato se lo scrolla dal groppone. «È vero – aggiunge Cascio – ci stiamo adeguando al regolamento di Camera e Senato con qualche ritardo, ma del resto abbiamo evitato di omologarci ad altre cose, come all’aumento di stipendio deciso dai senatori per se stessi. Le nostre indennità sono ferme al 2007».

Le baby pensioni
Ma c’è di più: perché i figli di mamma Regione, se hanno cominciato la loro esperienza politica prima della riforma previdenziale del 2000 (che ha fissato a 60 anni il tetto minimo per ritirarsi a vita privata), ottengono la pensione a soli 50 anni quando hanno tre legislature alle spalle. Soglia che sale a 55 se le legislature sono due e arriva a 60 se è una sola. D’altronde, di baby-pensioni la Regione siciliana è esperta: qui un padre malconcio, una madre con gli acciacchi degli anni, una moglie cardiopatica valgono oro. Basta dovere assistere un coniuge, un genitore o un figlio con una malattia «di particolare gravità» per avere diritto a un beneficio unico in Italia: non un doveroso permesso, non un congedo per assistenza continuativa, ma l’agognato vitalizio. L’assegno scatta per tutti i dipendenti – dai custodi ai più alti papaveri della burocrazia – che abbiano 25 anni di contributi. Per le mamme ne bastano 20. Il colpo di genio, pochi anni fa, lo ebbe proprio una donna, che si fece adottare da una novantenne male in arnese per conquistare il diritto alla pensione. «Naturali o no, sempre figli sono», allargarono le braccia negli uffici. Ma adesso, a sette anni dall’introduzione del privilegio stabilito nel 2003 dalla munifica Assemblea siciliana ai tempi della giunta Cuffaro, il caso è diventato bollente.

L’assegno a Russo
Perché a utilizzare il prezioso salvacondotto per assistere il padre malato è stato il più alto in grado dell’amministrazione, il segretario generale Pier Carmelo Russo, che si è portato a casa – a 47 anni – una pensione che è baby soltanto per ragioni anagrafiche, raggiungendo i 6.462 euro netti al mese. Niente male. Tanto più che Russo, anziché passare le giornate al capezzale del padre, pochi mesi dopo il pensionamento è rientrato in campo come assessore all’Energia della giunta Lombardo. Uno dei più esposti, con tanto di scorta, assegnatagli da quando si è schierato contro i termovalorizzatori in odor di mafia. Non è servita a sedare le polemiche la sua rinuncia all’indennità di assessore, circa 300 mila euro lordi all’anno, devoluti in beneficenza. La burocrazia-lumaca, finora, non ha sganciato un solo soldo ai poveri.Oltre un miliardo e mezzo di sprechi a carico del Servizio sanitario nazionale da parte di 165 Asl di 19 regioni, che non avrebbero attuato il risparmio della spesa farmaceutica, è stato scoperto dalla Guardia di Finanza che ha denunciato 225 persone. Il presunto spreco si deve al modo di acquisto e distribuzione dei farmaci inseriti nel prontuario terapeutico ospedale-territorio. «Si tratta – spiega la GdF – di farmaci destinati a pazienti cronici come i trapiantati d’organo, i malati oncologici e i diabetici e che devono essere costantemente controllati. Gli ospedali e le Asl, fin dal 2001, possono acquistare questi farmaci direttamente dalle case farmaceutiche con uno sconto del 50%. Per la distribuzione dei preparati, poi, è prevista una duplice via e cioè «diretta pura», tramite ospedali ed Asl, e «diretta per conto» tramite farmacie convenzionate, che ricevono però solo un aggio. Ciò nonostante, spiega la Guardia di Finanza, è emerso che la distribuzione dei farmaci è avvenuta, in larga parte, mediante il canale tradizionale (a rimborso) delle farmacie aperte al pubblico. Ciò che ha causato una maggiore spesa pari a 1.515.655.352 euro.