Il merito della scoperta
di Michelangelo Barbagallo

Roma – E’ morto sabato a Roma, all’età di 85 anni e stremato da un male incurabile, il prof. Antonino Di Vita, archeologo di fama mondiale. I funerali si sono tenuti ieri alle 15 presso la Basilica di San Pancrazio al Gianicolo a Roma. Era nato a Chiaramonte Gulfi nel 1926. Compiuti i suoi studi ha iniziato la sua lunga carriera che lo ha portato, tra l’altro, ad essere per 22 anni il direttore della scuola archeologica italiana di Atene dove tra l’altro era stato allievo nel 1950. E’ a lui che si devono numerose e importantissime ricerche archeologiche e approfonditi studi che hanno rappresentato la base per ulteriori ricerche e missioni di scavi in Italia e all’estero.
Per anni ha operato in Grecia e di recente era tornato a vivere in Italia. E’ stato ordinario di archeologia classica all’Università di Macerata in cui è stato anche preside della facoltà di Lettere e rettore. E’ uno dei pochi archeologici italiani che ha alternato l’insegnamento universitario (anche Palermo e Perugia) con l’attività di funzionario nelle Soprintendenze alle Antichità (Siracusa, Roma, Firenze). Dal 1962 al 1965 ha rappresentato l’Italia a Tripoli come consigliere del Governo libico per le antichità della Tripolitania. Da allora si è sempre adoperato costantemente per il mantenimento di un’intesa presenza scientifica italiana in Libia, dirigendo in prima persona e coordinando l’operato di molti dei colleghi archeologici impegnati nella ricerca archeologica in quel Paese.
Medaglia d’oro per i beni culturali, Di Vita è stato membro di numerose accademie italiane tra cui l’Accademia Nazionale dei Lincei di Roma. Ha scritto oltre 270 monografie tra memorie e note che denotano una non comune vastità di interessi nell’ambito dell’intera area mediterranea, dall’età greca al mondo protobizantino. Ha diretto scavi, ricerche, restauri monumentali in Sicilia, in Etruria Meridionale, e all’estero in Algeria, Tusinia, Cipro, Libia, Grecia, Cipro. Ma a Di Vita si deve la testarda ripresa degli scavi archeologici avviati da Paolo Orsi, a Kamarina. La colonia greca che conosciamo oggi è tornata alla luce grazie al lavoro di Di Vita poi proseguito da Paola Pelagatti e da Giovanni Distefano. Ma non solo Kamarina. Aveva scavato e avviato ricerche anche in altre zone archeologiche della provincia iblea a cui era tanto legato. Nel 1955 ha scavato in contrada Rito, nel ragusano, trovando due vasi che, con successive ricerche e raffronti con altri 64 vasi, hanno permesso di testimoniare che già nel sesto secolo a.C. c’era un legame di natura commerciale tra la provincia iblea e Atene, da dove provenivano quei due vasi trovati nelle tombe di contrada Rito. Aveva scritto più volte di necropoli e colonie greche ma non aveva mai messo insieme tutto il materiale. Proprio nei prossimi giorni sarebbe dovuto venire a Ragusa per ultimare la pubblicazione. Era già stato prenotato l’albergo ma quattro giorni fa Di Vita aveva chiamato per disdire. Sabato la scomparsa di uno studioso straordinario.
La Sicilia
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