di Gazzetta del Sud


Ragusa – L’apice della perdita dei posti di lavoro nelle fasce giovanili, specie maschili, è stato toccato, al termine di un triennio altalenante a partire dal 2006 e proseguendo nel 2007, al punto che nel biennio 2007-2008 ha segnato un meno 30 per cento, a fronte invece di un recupero di attività tra le donne pari a sei punti percentuali. Il saldo resta comunque negativo con una contrazione di seimila posti di lavoro, quattromila tra gli uomini e duemila tra le donne.
I dati Istat, elaborati dai ricercatori, su una fascia d’età che va da 15 a 64 anni, indicano soprattutto il collasso dell’occupazione in territorio ibleo nell’anno a cavallo tra il 2007 e il 2008, con una perdita al netto di ben 11 mila posti di lavoro, in particolare tra i lavoratori maschi, concentrata soprattutto nell’industria, di cui tremila nel settore delle costruzioni e ottomila nelle attività proprie del settore, controbilanciato solo da un’agricoltura in ripresa con cinquemila nuovi occupati Se non ci fosse stato un recupero di occupazione femminile, pari a tremila unità, il crollo avrebbe toccato le 14 mila unità.
Il fenomeno che, però, preoccupa maggiormente gli osservatori è quello dei seimila lavoratori cosiddetti “inattivi”, soprattutto tra gli uomini, che fanno quasi raddoppiare il numero di disoccupati “ufficiali”. La perdita dei posti di lavoro non si è tradotta, infatti, nella ricerca di un’altra occupazione a causa della sfiducia nella capacità del mercato di offrire nuove opportunità, facendo prevalere un atteggiamento di rinuncia o il ricorso al lavoro nero, che potrebbe riguardare oltre la metà dei seimila “inattivi”. Tra il 2007 e il 2008 gli indici di inattività maschile, specie tra i giovani, sono aumentati infatti del 5,4 per cento, a fronte di una diminuzione dello 0,9 per cento tra le donne, che invece trovano sbocchi occupazionali nel settore dei servizi, che comunque non dà garanzie di stabilità, facendo registrare cinquemila nuovi posti di lavoro
L’effetto della tendenza in termini percentuali è certificato da un corrispondente aumento del 21,2 per cento del tasso di inattività giovanile maschile, speculare ad un calo dell’occupazione, sempre tra i maschi giovani, del 21,2 per cento. Secondo i ricercatori che hanno elaborato i dati Istat, la ricerca di un nuovo posto di lavoro è scoraggiata anche dalla mancanza di prospettive anche in altre aree del Paese, dove la recessione ha frenato l’offerta di occupazione da parte delle imprese. Da qui, la convinzione che neppure la scelta di emigrare al nord può garantire sbocchi di lavoro apprezzabili.
A dare il polso del collasso contribuisce anche il picco toccato dalla Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) degli operai. Nel periodo compreso tra l’aprile 2008 e lo stesso mese di quest’anno sono state autorizzate 96.729 ore di Cigo, pari ad un aumento del 410,10 per cento. I provvedimenti di Cigo hanno colpito soprattutto le aziende metallurgiche, che sono passate da zero a 39.856 ore; trasferimento minerali con un incremento del 298 per cento, meccaniche, balzate da zero a 12.595 ore; di trasporti e comunicazioni, lievitate da zero a 11.868 ore; dell’artigianato edile, che ha segnato un aumento del 24,1 per cento; del legno, salite del 66,1 per cento; alimentari, cresciute da zero a 1.648, e delle costruzioni, con un incremento del 272,8 per cento. In controtendenza si presenta invece l’industria edile, che riduce il ricorso alla Cigo del 56,1 per cento; e le imprese estrattive, che la riducono da 16 a zero ore.
Sempre nel periodo compreso tra l’aprile 2008 e l’aprile 2009, volano anche le ore di Cassa integrazione degli impiegati, con un balzo di oltre il doppio rispetto agli operai, quantificato nell’866,1 per cento. Sono state coinvolte soprattutto le industrie meccaniche, nelle quali la Cigo cresce da zero a 2.324 ore; dei trasporti e delle comunicazioni, da zero a 1.512 ore; metallurgiche, da zero a 1.088; e del trasferimento minerali, del 28,8 per cento. Mentre l’edilizia scende da otto a zero ore.
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