Lettere in redazione
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08/10/2009 00:06

Io come Rosario nelle Città del Mondo: Stupito e ammaliato da Scicli

di Sandro Franchini

Meteo: Scicli 24°C Meteo per Ragusa

Venezia – Vengo a Scicli da poco più di un anno, regolarmente, circa una volta ogni due mesi. Non posso certo dire di conoscere bene la città, ma in questi viaggi sempre intensi ho incontrato persone, frequentato luoghi, stupendomi sempre di ogni pietra, di ogni riflesso di luce. Come il giovane Rosario delle Città del Mondo di Vittorini, ogni volta che, venendo per la strada alta da Modica, alla curva, mi appare San Matteo, la Croce e poi le pendici delle cave, le piazze, le case di Jungi, giù fino al mare, anch’io mi dico che questa è la città più bella del mondo: so bene che non esistono le città più belle del mondo, ma so che ognuno di noi ha nel cuore, negli occhi, uno, due, non di più, luoghi del mondo dove, quando vi arriva, si sente felice.
Non conosco Scicli nella sua realtà più profonda, come la conoscono i suoi abitanti. Inoltre non sono esperto di niente, tanto meno di urbanistica o di sociologia, né di turismo. Nei miei più di cinquantanni di vita, però, ho maturato qualche esperienza: sono di Venezia, città che con i suoi 70.000 abitanti è sommersa da oltre 21 milioni di turisti l’anno; da più di trentanni lavoro in uno degli Istituti culturali più importanti della città e d’Italia; per nove anni sono stato nel consiglio di amministrazione della Scuola Arciconfraternita di San Rocco di Venezia e quindi del suo straordinario complesso di edifici religiosi e monumentali che ogni anno sono visitati da circa 400.000 persone. In questi anni, per lavoro, mi sono occupato di turismo, di gestione di beni culturali, di promozione culturale.
Ripeto: non sono un esperto e non sono che uno dei tanti che in Italia lavorano in un settore, quello della cultura, che in questi ultimi anni è cresciuto e si è trasformato. Permettetemi perciò, solo in nome dell’affetto che porto per Scicli e solo in nome di quel poco di esperienza che ho, di scrivere qualche riflessione su Scicli: su Scicli che cambia, che cresce, che è consapevole della propria importanza e missione culturale; su Scicli che giustamente vede nel turismo una importante occasione di crescita economica e sociale.

Scicli cambia: nel giro di pochi anni la città ha conosciuto uno sviluppo importante. Scicli era già nota ad un pubblico colto per la bellezza dei propri monumenti e per l’importanza degli artisti che vi lavorano, così come per alcuni riferimenti letterari di grande efficacia e alta poesia. Ma indubbiamente in questi ultimi anni a Scicli è nato un turismo nuovo: turisti nelle vie, nelle chiese, nei ristoranti; si è aperto un elegante albergo, presto saranno due; B&B sempre più numerosi e di qualità vengono annunciati nei siti internet. Altro fenomeno non secondario è quello dell’arrivo in città e nella campagna circostante di decine e decine, centinaia di forestieri (un fenomeno registrato anche nelle vicine Ragusa, Noto, Modica) che hanno comprato casa, investendo quindi capitali a volte modesti a volte più cospicui, restaurando un’edilizia sovente abbandonata da decenni, risanando quartieri ritenuti inospitali, utilizzando per i loro restauri –aspetto che va notato- imprese e professionisti locali. Sta nascendo una nuova residenza di forestieri che trascorrerà, si spera, un periodo dell’anno a Scicli, utilizzerà i servizi cittadini, farà i propri acquisti nei negozi della città, parteciperà alle manifestazioni e alle feste, richiamerà ospiti e, trattandosi a volte di persone ben collegate con i media, contribuirà a rendere ulteriormente noto il nome di Scicli in Italia e all’estero.

Missione culturale. C’è da chiedersi perché questo sia avvenuto. Perché a Scicli? (A Scicli in particolare, per quello che ci interessa più da vicino; ma più o meno lo stesso è accaduto anche a Ragusa, a Modica, a Noto. Ma non a Gela, non a Vittoria, non a Comiso). Perché a Scicli? Credo sia evidente: il valore culturale di Scicli è quel “di più” che innesca –soprattutto in un centro delle dimensioni di Scicli- un processo virtuoso; il valore culturale di Scicli è “il di più” che fa la differenza.
Scicli è bella (pur con le sue rughe), e avrà un qualcosa “di più” di tanti altri posti della Sicilia, finché sarà bella. Scicli deve tutto alla propria bellezza; se resterà bella diventerà ancora più bella e più felice e fortunata; se diventerà brutta, cadrà nella rovina o per lo meno finirà in quella zona grigia delle città senza volto, di cui nessuno si preoccupa.

L’Unesco ha compreso Scicli tra i luoghi “Patrimonio dell’umanità” in nome della bellezza; Vittorini ne ha parlato perché Scicli è bella; Guccione vi risiede perché questa campagna è sublime; Montalbano è stato qui, Capossela ha celebrato il Gioia con la sua esplosione di musica… tutto in nome della bellezza.
Scicli è come quelle ragazze che sono belle e possono chiedere tutto alla vita: ma, attenzione, non basta essere belle. Bisogna saper essere belle. Voglio dire che la bellezza va mantenuta, va coltivata: Scicli ha una missione da compiere in campo culturale dalla quale non può esimersi, altrimenti sarebbe una “bella ma stupida”. Una “bella” che non ha niente da dire. E la parola che Scicli ora deve saper dire è quella relativa al proprio futuro, allo sviluppo che intende promuovere di se stessa, alle scelte che inevitabilmente deve compiere. Una di queste è quella che riguarda il turismo.

Quale turismo? Di turismo si può vivere e si può morire.

Il benessere economico di Scicli è formato da varie, molteplici attività, aziende, imprese. Industria, agricoltura, commercio rappresentano la struttura portante dell’economia della città e della provincia. Grazie alla ricchezza delle risorse naturali e all’operosità degli uomini, Scicli è animata da un sistema articolato, vivace, diversificato di attività economiche. Come in tutto il mondo occidentale, inoltre, il settore terziario, quello dei servizi, soprattutto in città, è cresciuto enormemente ed è destinato a crescere ancora. In questo quadro il turismo diventa una attività che si svilupperà notevolmente, anche perché questo è l’auspicio di tutte le forze sociali. Credo che sia chiaro a tutti che il turismo è una attività economica che può, se ben amministrata, favorire lo sviluppo di una collettività; altrimenti, se lasciato crescere senza regole e senza un progetto, può arrecare danni gravi e irreversibili. Mi pare doveroso e importante che tutti abbiamo di questo coscienza, finché siamo ancora agli inizi: il turismo di Scicli può, deve essere fin d’ora orientato nel senso più vantaggioso per la città e i suoi abitanti; deve essere regolato e guidato prima che forze economiche esterne non attivino situazioni tali che, con il tempo, aggrediscano Scicli, la strumentalizzino ai propri interessi e, spogliatala, omologata a un qualsiasi “centro vacanze”, non la abbandonino a se stessa.
Come è vero infatti che la moneta cattiva scaccia la buona, così e vero che un brutto turismo caccerebbe quello buono.
Cosa intendo per brutto, cattivo turismo: le orde chiassose in calzoncini corti che dai villaggi vacanze scendono dai pullman senza capire niente di dove sono, cercano chiasso, colore, rumore, potrebbero essere a Scicli, a Taormina, a Cefalù, a San Marino, Venezia, Rimini, Riccione che per loro sarebbe lo stesso. Cattivo turismo è svendere Scicli al dopo-spiaggia, al tour turistico della giornata di pioggia; fare di Scicli l’appendice “colta” della sagra del pomodoro, delle sardine, della melanzana; fare di Scicli l’alibi della “vacanza intelligente” di chi invece non cerca che folklore pacchiano. Un po’ di anni di cattivo turismo, di spettacoli mediocri, di iniziative “facili” e Scicli si ritroverebbe incretinita, volgare, svuotata di senso. L’espressione “svuotata di senso” non è una delle tante frasi fatte usate dagli intellettuali per descrivere fenomeni astrusi. Svuotata di senso vuol dire che, per fare solo degli esempi, in “centro storico” (già il nascere di questa parola è orribile in una città che dovrebbe essere tutta viva, tutta unita, solidale, tutta partecipe della stessa vita culturale ed economica) avremmo quasi solo negozietti di souvenir, più facilmente di paccottiglia visto il facile gusto dei clienti; nel “centro storico” non vivrebbero quasi più sciclitani perché la possibilità dei B&B, affitti ai turisti, vendite a prezzi esagerati, avrebbe fatto alzare il prezzo delle case alle stelle; bar, caffè, pizzerie a decine e decine, con il personale frustrato da una clientela anonima e nervosa, il menù dozzinale, i prodotti scadenti; e via dicendo. Esperienze di posti simili ne abbiamo fatte tutti.
E allora chiediamoci:

Quale turismo per Scicli?

Ci sono tanti modi di intendere la parola élite. Ci sono i ricchi, è ovvio. Ci sono i potenti. Ci sono quelli che costruiscono ville immense, hanno barche come navi, persino l’elicottero. I posti che li accolgono diventano celebri, ma di solito gli abitanti, gli amministratori, tutti diventano poi dei lacché. E quando i ricchi, stufi, se ne vanno, restano le briciole e arrivano i pitocchi. Ma c’è un’altra élite, che mi piace tanto, ed è quella delle persone attente, curiose, che hanno voglia di vedere, imparare, capire. Cercano le cose belle e sanno distinguere subito quello che è vero da quello che è fasullo. Hanno voglia di parlare alla gente, sanno sorridere al cameriere, cedere il passo alle signore e essere gentili con l’anziano. Amano la buona cucina, la buona musica, i buoni libri, i buoni pittori, usano il cellulare solo quando serve. Sono giovani, sono anziani, amano la compagnia, non alzano mai la voce, ma sanno esplodere in fragorose risate, come anche sorridere con dolcezza. Incontrarli è sempre un piacere; frequentarli è un privilegio. Sono una minoranza, ma sono nel mondo a milioni e, guarda caso, li trovi sempre, un po’, negli stessi posti.
Ecco, questo è uno dei tanti modi possibili di intendere la parola élite e credo sia questo il turismo che merita Scicli. E’ il turismo che troviamo in certi borghi, città, campagne d’Europa che sono note nel mondo per la loro bellezza: luoghi aperti a tutti, sia chiaro, nessuna preclusione (anche se c’è chi dice che “nulla è più esclusivo delle cose belle, perché non piacciono a un sacco di gente”), ma quello che offrono è fatalmente apprezzato da un turismo che non è quello di massa. E le dimensioni di Scicli sono perfette per questo genere di turismo.

Che fare?

Ci si chiederà: tutto bello, certo, ma cosa di deve fare per avere questo tipo di turismo?
Ricette pronte, in questo campo, non ce ne sono. Ma regole sì. Una regola è quella di individuare alcune “parole chiave”, alcuni elementi essenziali, autentici, nell’identità di Scicli, sui quali fare leva. Nella storia di Scicli, nel suo patrimonio culturale, ci sono degli aspetti, vicende, conoscenze che, messi tutti assieme, costituiscono la specificità culturale della città. Ognuno ne può individuare molti e una delle ricchezze delle nostre città italiane che più stupiscono è proprio la possibilità di scoprire sempre nuove “specificità” nella storia e nel presente delle nostre province. Io, riflettendo su Scicli,  provo a dirne solo tre, che mi rendo conto sono scontate e sotto gli occhi di tutti (questo è anche il pregio delle “peculiarità”: sono sotto gli occhi di tutti e chi le ricorda fa la figura di essere scontato e banale… mi perdonerete per questo). Tre che sono reali, radicate nella storia ma anche che fanno parte del presente della città: ci sono cioè oggi le persone a Scicli che già bene lavorano in questi campi e che ancora di più, con il sostegno di tutti,  possono trarre da queste specificità concreti piani di azione.
Scicli città d’arte, città della bellezza: ovvio, scontato. La presenza dei monumenti barocchi, chiese e palazzi; le scenografie stupefacenti delle piazze e delle strade fanno di Scicli una città d’arte. Come tradurre questa caratteristica in programma di azione? Come fare che da muta presenza, i monumenti diventino attrazione, luogo di incontro, patrimonio prezioso per gli abitanti come per i forestieri, elemento vivo di promozione sociale ed economica? Il mito del barocco esiste già, basta coltivarlo. Sosteniamo gli storici dell’arte di Scicli, ve ne sono di bravissimi, che da anni lavorano in questa direzione facendo conoscere e amare i monumenti, le strade, la storia di Scicli; dagli architetti che hanno operato nei restauri facciamoci dire come hanno fatto. I restauri: a Scicli abbiamo delle conoscenze in fatto di restauro, di uso della pietra, tecniche, esperienze, che possono essere segnalate con orgoglio ai cultori del restauro, agli studenti, ai professionisti. Città d’arte, non certo solo per il passato. Abbiamo alcune gallerie d’arte contemporanea, abbiamo artisti di fama internazionale che vivono e lavorano a Scicli. La mia esperienza delle visite serali in agosto ai monumenti della città, guidate con passione e competenza da storici dell’arte, mi fanno pensare che si possa fare ancora molto in questo settore, sperimentando forme di “turismo d’arte” nuove. Aver visto per le strade di Scicli, per due volte in pochi mesi, gruppetti di giovani che disegnavano, mi ha ricordato come in Inghilterra, Francia, tante volte a Venezia stessa, si ospitino corsi di disegno e di acquerello, sostenuti dagli imprenditori locali e viste con simpatia dagli Amministratori.
Scicli città della musica. La musica ha sempre un’attrattiva speciale. La musica parla a tutti, in tutte le lingue. L’organizzazione di concerti non è così facile ed è costosa. Così come i festival, le scuole di musica estive. Già a Scicli si organizzano bei concerti, anche con la partecipazione di artisti amati dai giovani e di grande richiamo. Purtroppo a volte mi è anche capitato di assistere a manifestazioni per niente all’altezza della città. Bisogna stare molto attenti: se si ammettono manifestazioni scadenti si “brucia la piazza” e gli artisti di fama e di buona reputazione non amano andare in luoghi squalificati. A Scicli il Comune dispone di un luogo nobile come Santa Teresa ed è una grande fortuna; l’esperienza di Capossela è anche di eccezionale impatto per l’immagine della città. Scicli ha due bande musicali, il che è certo un bellissimo segno; ha una Società di Amici della Musica, il che rappresenta una opportunità che molte città vorrebbero avere. Ma Scicli ha un’altra “carta” (se mi si passa l’espressione): vive a Padova, ma ha origini sciclitane, uno dei direttori d’orchestra più amati ed apprezzati a livello internazionale, il maestro Claudio Scimone. Scimone, ormai molti anni fa, ha creato dal nulla un gruppo musicale noto nel mondo, rinnovando il mito di Vivaldi e della musica veneziana, con una sensibilità musicale e una capacità organizzativa e imprenditoriale rare. Che bel cittadino onorario sarebbe! E certo potrebbe aiutarci, con consigli, con suggerimenti su come fare per dare fiato e ali alla musica a Scicli.
Fin qui, mi rendo conto, abbiamo toccato aspetti un po’scontati …Arte, musica…. Bellissime. Ma chi non le ama? Chi non le sogna? Chi non ci prova? Certo, a volte, qualcuno ci riesce.
Ma c’è un altro aspetto di Scicli, molto speciale, che mi ha colpito e che so è all’attenzione di più di una persona in città e in provincia: l’amore per i cavalli.
Scicli città dei cavalli.
I cavalli: a Scicli ve ne sono moltissimi; al sabato, la domenica si vedono bellissimi calessi al trotto per la campagna o per le vie della città; occasionalmente giovani cavalieri percorrono le vie con eleganza antica e rara. La festa di San Giuseppe è l’occasione di esibizioni anche fuori dal corteo ufficiale; a fine agosto si tiene un raduno. La stessa Madonna delle Milizie, gloriosamente a cavallo, volendo, può darci l’occasione di esaltare la perizia delle amazzoni. Il turismo equestre offre enormi possibilità di sviluppo, ma va sostenuto e incoraggiato con professionalità e senza incertezze. Abbiamo alcuni buoni maneggi a Scicli e in provincia; persone competenti e appassionate. Gli Iblei e la campagna sciclitana sono straordinariamente belli e adatti a questo sport. Gli appassionati di cavalli sono senza dubbio un’élite, direi quasi una casta, con propri giornali, e una propria rete di informazione. Attorno ai cavalli si sviluppa un mondo variegato e vivace fatto di avvenimenti sportivi, sfilate, raduni, premi, passeggiate; collegate sono l’ippoterapia e l’attività veterinaria con i loro congressi scientifici.

Tutto quanto scritto qui sopra non vuol essere che un contributo, consapevolmente in parte banale, a una riflessione che credo debba essere compiuta sul futuro di Scicli prima di tutto da parte dei cittadini e da parte di tutti coloro che amano questa città, foresti compresi. Scicli è straordinariamente viva. Lo dimostrano le pagine di Scicli News per rendersene conto: vivaci, ben fatte, ben scritte, frizzanti per la partecipazione intelligente di tante persone che amano la loro città. A volte si capisce che purtroppo le polemiche, anziché esaminare la realtà con distacco e lucidità per il bene di tutti, sono, come dire, inacidite da rancori personali. La mia idea di Scicli è certamente ingenua, certamente non vedo, o cerco di non vedere, alcuni difetti che tanti amici mi segnalano. Avrò tempo per vederli. Ma vorrei anche che tutti capissero che Scicli ha delle ricchezze rare proprio lì dove tutto sembra banale e scontato: la luce, il mare, i boschi di pini e di cipressi, i carrubi meravigliosi, la roccia luminosa delle cave ce le ha date il buon Dio; ma la bontà del pane, la frutta appena colta di certi baracchini lungo la strada, le scacce di via del Gesù dove in uno stanzone buio un mago buono ti prepara le sue cose con un sorriso e una gentilezza che ti chiedi dove sei; i caffè che sono un’istituzione, ognuno nella sua piazza, dove se sei solo sei sempre sicuro di trovare un amico; il negozio di vini dove ti danno consigli con una competenza e professionalità che trovi solo a Parigi; la veglia di ferragosto nella chiesa del centro, dove a mezzanotte canta e prega un coro dolcissimo di giovani: questo ce lo danno gli uomini.  E ancora… la farmacia, il giornalaio, l’autista dell’autobus, i ragazzi del pesce, il ristorante, le mie vicine di casa a san Guglielmo, orgogliose e liete dei loro bellissimi vasi di fiori… Potrei continuare per delle ore: questa è la mia Scicli.
Questo vorrei che restasse.
Scicli però cambia, tutto cambia. Ora è importante che il cambiamento non distrugga tutto questo. Scicli deve crescere, migliorare, prosperare e a Scicli ci sono le idee e le persone giuste: ho conosciuto sciclitani molto, molto in gamba. Giovani soprattutto, con una voglia di fare, di agire che mi hanno colpito. Sono gli sciclitani che devono fare. Noi da fuori, se fosse utile, possiamo dare una mano, ma questo è un lavoro da fare dal di dentro. Certo l’Amministrazione comunale, la politica possono fare molto. Ma quello che conta è la formazione di una opinione pubblica forte, con le idee chiare. Certo i media hanno in questo un potere e responsabilità enormi. Ma vorrei richiamare –e poi finisco- l’attenzione sul ruolo delle associazioni. Niente può sostituire, nella formazione di una coscienza collettiva dei problemi di una comunità, il ruolo delle associazioni dove, in numero non dispersivo, si possa riflettere, discutere, studiare, approfondire e poi portare fuori, all’attenzione di tutti, il frutto di questa riflessione. Le associazioni morte, dove si va per sentire qualcuno che parla e poi si va via, lasciano delusi. Ho visto quello che una associazione ambientalista ha saputo fare a Scicli nella chiesetta di San Vito: un lavoro straordinario; lo stesso per quella che si occupa della storia del costume. Nella mia esperienza penso a quanto hanno saputo fare in tante città d’Italia associazioni come Italia Nostra, il Fai, il Cai per la salvaguardia dei monumenti, della cultura, del paesaggio, rendendo i cittadini corresponsabili attraverso l’approfondimento, il confronto, la riflessione. Ecco. Ho finito. Scusate la lunghezza.

 

Sandro Franchini

 

16 settembre, 2008