E l'origine dell'esclamazione "zonna"
di Un Uomo Libero


Madrid – Tutte le volte che torno da Madrid la prima tappa è Modica. Una Patria condivisa che insistentemente sgomita con l’altra, Scicli, nel polveroso magazzino dei ricordi.
Modica è una melagrana (1) esplosa sotto il tiepido sole autunnale, oscenamente aperta come il ventre di un’amante lasciva e calda. Acidula e dolce nello stesso tempo come la passione più intima e segreta. Metafora erotica, scomposta in tanti grani allegri e rossi come capezzoli turgidi resecati da procaci e giovani seni.
Modica, l’antica Motyke fondata forse dai fenici che non avevano molta fantasia e imponevano alle terre conquistate i nomi di altri luoghi per perpetuarne il ricordo: Motyca Mutuga in Numidia o Mutecia in Mauritania.(2).
Modica, la sicula. Modica la greca.
Modica, la Mutyca difesa da Cicerone dallo stupro economico dell’ineffabile Verre(2).
O semplicemente Modica e basta per dare un taglio a una storia millenaria.
Le sue strade mi soffocano per un senso di segreta decadenza e quelle cento scale, per le quali s’inerpica e si perde la mia angoscia, mi nascondono una pena segreta, antiche lacrime, il grido di un eccidio lontano consumato sotto un cielo d’estate afoso e rosso, tinto di sangue e di peccato per un olocausto inutile che anticipava, drammatico, la Storia.
Modica, amara evocazione di ambiziosi progetti giovanili sfumati al primo scontro col dolore, aspetta con sapienza e pazienza di madre i ritorni sempre più rari al mio centro segreto: enigma che prima di trasformarsi in assenza e rancore fu echi, passi, storie di uomini e gioie.
Dioniso plebeo, venerato e invocato dagli antichi Eoli già come Zònnusos (3), ingombra da tempo la sua memoria antica. Per una fallica ed estatica ossessione, la città, ignara, così da tempo immemorabile lo celebra e s’identifica con il suo misterico nume.
Presto! Che faccia presto la corriera a portarmi lontano, in fuga verso Scicli, prima che le invasate e folli Menadi, contrariate per avere osato rivelare quest’ultimo arcaico epiteto divino, possano aggredirmi e smembrarmi il corpo, prima che possano scatenare dunque i loro bacchici furori e le ire legittime del dio!
(1) Cifr. Gesualdo Bufalino
(2) Adolfo Holm, Storia della Sicilia antica, vol. I Vol. III, Gruppo editoriale Brancato-Clio-Biesse-Nuova Bietti, 1993
(3) Zóννυσος, da “Zán”, voce che richiama l’accadico “zanānu” (piovere), da cui “zunnu” (pioggia) confuso con un altro termine accadico simile “zunnû” (molto infuriato), caratteristica tipica di Dioniso plebeo. (cifr: Giovanni Semerano, L’infinito: un equivoco millenario, Paravia Edizioni Bruno Mondadori Editori, 2001).
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