Bologna - 20 ottobre 2010
di Carmela Grasso

Non sapeva, Luigi Nifosì, il giorno che m’ha portato in dono il suo libro “In volo sulla Sicilia”, di consegnare nelle mie mani la formula magica per tornare bambina. No, non poteva sapere di quel sortilegio in cui cado, ieri come oggi, davanti a una qualunque cartina geografica. Anche allora era l’atlante il mio libro preferito: potevo passarci ore intere nei lunghissimi pomeriggi di un’infanzia con trenta minuti al giorno di tv per ragazzi. Passati quelli, ero quasi sempre “in giro per il mondo”: volavo – con la fantasia, d’accordo – da un continente all’altro, ma per me era come viaggiare e scoprire popoli, nazioni, nature incontaminate e città piene di storia. Bastava, dall’alto della mia postazione, puntare il dito sulla cartina e pensare di poter volare, lieta e beata, come Peter Pan.
Da grande, poi, prima ancora di conoscere questo ispirato “fotoreporter con le ali”, era la mia odiata-amata Sicilia la terra che avrei voluto vedere dal cielo. Deve essere stato un brano di Gesualdo Bufalino, lo scrittore di Comiso, ibleo come Nifosì: “Bisognerebbe volarci sopra, sull’isola – dice Bufalino nella raccolta di saggi “Saldi d’autunno” – e abbracciarla con una sola veduta nel prisma intero dei suoi colori: il bruno delle montagne, il grigioferro delle sciare, il “color del vino” del mare, il giallo delle sabbie, l’insolente azzurro del cielo, il verdecupo dei castagni, il verdeargento degli ulivi, il verdeoro della Conca d’Oro (…) Le geometrie disegnate dall’aratro sulle colline, dal vento sulle dune, dall’onda sugli arenili; contare la manciata di isolotti minori sparsa a piene pugna ai sui fianchi da un Ciclope seminatore…”.
Qualche tempo dopo, per una serie di strane circostanze, ecco fra le mie mani, irresistibile, il libro di Luigi. Lo apro trepidante – Stromboli, in copertina, somiglia tanto all’Isola che non c’è di Peter Pan – e l’incantesimo ricomincia. Così, dall’alto dei suoi cieli turchini, la Sicilia non l’ha vista mai nessuno dei suoi leggendari viaggiatori, dal Grand Tour del Settecento ad oggi. E Luigi, con questa sua smania da moderno Icaro – come dice l’autore dei testi, il romanziere francese Dominique Fernandez – si è “alzato in volo per consegnarci una visione verticale dell’isola…una vista complessiva di paesaggi, città e monumenti che noi poveri pedoni accostiamo solo lateralmente”. Così il merletto coi ciottoli di fiume nel Chiostro dell’Università di Catania, o la spettacolare scacchiera delle Saline di Marsala – “mi ha ricordato un quadro di Mondrian”, confessa Nifosì – la sagoma umana della città di Centuripe, quella da astronave di Grammichele e il braciere ardente e perennemente fumante del cratere centrale dell’Etna. Attenzione, però. Sfogliare “In volo sulla Sicilia” procura vertigini e persino un impensabile senso di onnipotenza: dall’alto di queste inquadrature la Sicilia si domina e appare persino “nuova” questa terra che da millenni ha conquistato popoli e regnanti per la bellezza dei suoi paesaggi ma che fa ogni giorno i conti col cinismo di palazzinari e speculatori. Ma è un’ebbrezza destinata a svanire se, come dice Fernandez, “Vista dall’alto, la Sicilia non somiglia affatto a ciò che si coglie al livello del suolo”. E se Fernandez saluta in Luigi Nifosì colui che “ci ha reso lo sguardo di Dio sulla Sicilia” a noi tocca una grata riverenza per chi, pur inconsapevole, ci ha restituito una beata stagione della vita.
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