Giudiziaria
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05/02/2011 00:49

La famiglia del feto morto al Maggiore: Sanzionate quei medici

Coinvolta una famiglia pozzallese

di Telenova

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Modica – In attesa che la Procura di Modica decida se chiedere o meno il rinvio a giudizio per i medici coinvolti nella vicenda, la famiglia di Manuel Pecoraro, il piccolo nato morto il 12 luglio scorso all’ospedale di Modica chiede l’intervento dell’Ordine dei Medici e della Azienda sanitaria per sanzionare il comportamento dei sanitari. La famiglia, all’indomani della notizia della morte del feto, aveva presentato una formale denuncia alla Procura chiedendo l’autopsia. L’esame era stato eseguito, su incarico del Pm presso il Tribunale modicano, dal dottore Cascio di Catania. Le risultanze di quella perizia, depositata in Procura, hanno spinto la famiglia a chiedere intanto la sanzione dal punto di vista disciplinare, in attesa dei risvolti giudiziari. Michela Lo Piccolo, 36 anni, e il marito, Maurizio Pecoraro, 39 anni, che risiedono a Bagheria, ma che vivevano a Pozzallo, si sono rivolti anche all’assessorato regionale alla Sanità. Sotto accusa tre medici ginecologi di Pozzallo e Modica. Questi i fatti raccontati nell’esposto. Il 12 luglio dello scorso anno la signora Lo Piccolo, che portava avanti una gravidanza assistita, si era presentata all’ospedale di Modica riferendo di non sentire muovere il feto dal giorno prima. Dopo il tracciato durato circa 90 minuti, il medico di turno eseguiva un’ecografia al termine della quale rassicurava la donna “che non c’erano problemi e che poteva andare a casa”. Il giorno dopo, nello stesso ospedale veniva eseguita una seconda ecografia, che accertava invece l’assenza di battito del feto. “Alla richiesta di mie spiegazioni – si legge nell’esposto – il primario ha risposto al padre che il feto era morto e che erano cose che potevano succedere. Ho fatto le mie rimostranze, sostenendo che se mia moglie fosse stata seguita con più attenzione la sera prima con una più attenta analisi del tracciato che avrebbe rilevato la sofferenza fetale, e che se lui fosse stato presente, il bambino poteva essere salvato”. Pecoraro riferisce che a quelle sue affermazioni, c’è stata una reazione scomposta da parte del medico e, per questo, ha presentato querela. “Urlando ancora in modo volgare ha invitato mia moglie ad andare a casa, seppure con il feto morto in grembo, per ritornare l’indomani e procedere al parto”. Dalla perizia medica del dottore Cascio emerge, a carico del medico che ha eseguito i controlli il 12 luglio, “un grossolano errore professionale, nella qualificazione dell’imperiziaà a carico del ginecologo che avrebbe omesso ” àdi valutare adeguatamente le alterazioni preagoniche evidenti nel tracciato cardiotocografico omettendo di ricoverare la paziente e di monitorare il benessere fetaleà”. Un giudizio negativo anche sull’operato della ginecologa che aveva in cura la donna. La ginecologa sarebbe incorsa “in errore professionale, nella qualificazione dell’imperizia, non individuando la presenza del cordone nucale – si legge ancora nella perizia eseguita dal dottore Cascio – e dell’imprudenza quando dopo avere esaminato il tracciato cardiocotografico eseguito dal medico di turno non interpretò correttamente la situazione di gravità in cui versava il feto”.