Attualità
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30/08/2008 20:48

La notte mi fai impazzir…Il nome dell’aeroporto

La finta inaugurazione, ad usum D'Alema

di Giuseppe Savà

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“A Comiso pensiamo di essere autonomi, di non aver bisogno degli altri”.

Lo diceva tempo fa un mio amico.

Premetto che la polemica sul nome dell’aeroporto di Comiso non mi appassiona affatto. Anzi, ritengo sia piuttosto deprimente. Per questo la racconterò da un altro punto di vista.

I personaggi sono tre: Vincenzo Magliocco, Pio La Torre, e un terzo uomo che non vi svelo. Non è Gesualdo Bufalino e neanche Salvatore Fiume.

In breve: l’aeroporto si chiama da sempre Vincenzo Magliocco, aviere comisano morto durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’ex sindaco di Comiso Pippo Digiacomo, oggi deputato all’Ars, nel 2007 intitolò l’aeroporto a Pio La Torre, politico e sindacalista siciliano del Pci ucciso dalla mafia, che ha dato il nome alla legge Rognoni La Torre, che consente di confiscare i beni di Cosa Nostra.

Giù le polemiche: “Perché cambiare nome all’aeroporto? Perché non intitolarlo a Bufalino o a Fiume, due grandi figli della terra dello sfilato quattrocentesco e della pietra calcarea del miocene? La Torre è troppo comunista, troppo di partito…”

“Come? La Torre? Un martire ucciso dalla mafia! Una grande scelta.”

Nel giugno 2008 il centrosinistra perde le elezioni, e il nuovo sindaco, il 34enne Peppe Alfano, a due mesi dall’insediamento, cambia nome, anzi, ripristina il precedente: l’aeroporto si chiamerà Vincenzo Magliocco.

Dimenticavo. In mezzo ci sta anche l’inaugurazione. Già, perché l’aeroporto è stato inaugurato. Da Massimo D’Alema, vicepresidente del Consiglio del Governo Prodi. D’Alema è atterrato nel 2007 a Comiso con l’aereo che porta la bandierina della Repubblica Italiana.

D’Alema, compagno di partito di Digiacomo e di Pio La Torre.

Altra dimenticanza: l’aeroporto non funziona. Nel senso che non era pronto, serviva un altro anno di lavori, ma Digiacomo doveva farsi la campagna elettorale per diventare onorevole, e la vetrina dell’inaugurazione serviva.

Digiacomo aveva annunciato che l’inaugurazione, quella vera, l’avrebbero fatta con Salvatore Adamo, il cantante che fece furore negli anni sessanta con la canzone “La notte, la notte, mi fai impazzir”.

Adamo, chiaramente, è comisano.

Torno a raccontarvi del mio amico: “A Comiso pensiamo di essere autonomi, di non aver bisogno degli altri”.

La nostra discussione verteva sul mancato inserimento di Comiso nel novero dei paesi riconosciuti dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità.

Gli chiesi come mai, nel 97, quando Scicli insieme a Palazzolo Acreide e a Militello Val di Catania, ma anche Comiso, fu esclusa dalle nomination, nessuno a Comiso protestò.

Da noi ci fu una rivolta popolare, anche a Militello e a Palazzolo la politica si mise in moto, si cercò di recuperare. E, bisogna riconoscere, grazie al sen. Mario Occhipinti, e allo storico dell’arte Paolo Nifosì, si recuperò.

“A Comiso pensiamo di essere autonomi, di non aver bisogno degli altri”, mi rispose il mio amico.

Pensai che in fondo è un vizio comune a molti, non solo comisani, ma conservai questo suo giudizio tranchant.

La Torre, D’Alema, Adamo…

Credo che molti politici del centrosinistra ragionino ancora in termini proporzionali, convinti che il “Partito” è tutto, la propria città è tutto.

A Comiso questa cosa di scambiare il nome di un comisano (Magliocco) con quello di un palermitano (La Torre) non l’avevano digerita del tutto, e così i comisani quasi hanno tirato un sospiro di sollievo per il ritorno all’antico.

Anche su questo sito c’è una polemica strisciante che ora potrò ospitare a piè di questa pagina sulla opportunità di cambiare il nome all’aeroporto, ma le questioni interessanti, a mio modesto giudizio, sono due.

 

La prima è che chi cambia il nome a una cosa vuole in realtà passare lui alla storia.

La seconda, e più importante, è che nessuno mai ricorderà l’aeroporto di Comiso con il suo nome, sia esso l’imperscrutabile Magliocco che il dimenticato Pio La Torre.

Perché i due nomi peccano dello stesso difetto: sono noti a noi, a quelli del mestiere, agli iblei o ai siciliani.

E, vi sorprenderò, neanche Bufalino o Fiume avrebbero fatto al caso nostro.

Basta guardare i nomi dei più importanti aeroporti del mondo.

Come si chiama l’aeroporto di New York? Jfk, John Fitzgerald Kennedy.

Of course.

E quello di Roma, meglio conosciuto come Fiumicino?

Leonardo Da Vinci, messere.

Sono nati l’uno a New York e l’altro a Fiumicino?

No, mica il nome dell’aeroporto si sceglie in base ai nativi del posto!

I nomi degli aeroporti, per passare nell’immaginario collettivo mondiale, devono essere già entrati nella storia, nella storia mondiale, dalla porta principale. E’ una questione tecnica, di comunicazione.

Scartati Falcone e Borsellino, nome già presente su Palermo, chi resta?

Totò Schillaci?

No.

Resta un solo nome che ha il respiro del personaggio europeo e mondiale.

Federico II di Svevia.

E’ lui il terzo uomo.

Perché chi viene da New York a Comiso non sa chi sono Magliocco, La Torre, o Adamo, ma Federico II è già nell’immaginario collettivo mondiale.

Fin quando si penserà, in termini di comunicazione, ai nomi in campo sino ad oggi, la polemica potrà appassionare i santacrocesi piuttosto che i frigintinari (con rispetto parlando per entrambi), ma la scelta, qualunque sia, non favorirà l’identificazione dell’aeroporto di Comiso come di un aeroporto che incarna al livello più elevato l’essenza stessa della Sicilia.

Terza dimenticanza. Daria.

Daria è una mia amica che gestisce un hotel a Scoglitti.

L’anno scorso litigava tutti i giorni con i suoi clienti: “Atterriamo a Comiso e in taxi veniamo a Scoglitti”, annuncia un tizio che chiama da Milano.

“Signore, l’aeroporto di Comiso non è ancora in funzione, sarà inaugurato fra un anno”.

“Ma come, se ho visto D’Alema al Tg2 che atterrava!”.

 

La notte, la notte, mi fai impazzir…

 

Giuseppe Savà

 

Nel ritratto in copertina, Federico II di Svevia