Cultura
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28/10/2025 16:28

La Sicilia e la poetica della frontiera nel cinema di Pietro Germi

Il giudizio di Sciascia sulla frontiera di Pietro Germi

di Redazione

È stato il più siciliano dei registi italiani, pur essendo un genovese. Pietro Germi (Genova, 1914- Roma, 1974) racconta così il suo rapporto con la Sicilia: “La Sicilia è bella. C’è questo senso della frontiera, dell’avventura, in un panorama dove coesistono raffinatezze e arcaicità, ricchezza e miseria: la Sicilia è un modo di vivere, non so se mi spiego, una categoria dello spirito… Non ero mai stato in Sicilia. Quel paesaggio! Quell’arsura! Quelle facce! Quelle piazze pavimentate di roccia sconvolta, quelle chiese enormi, cadenti, sontuose e i palazzi baronali, l’ombra cupa degli interni, coi tendaggi e le imposte serrate e le carovane di contadini coi berretti neri calati sulle fessure degli occhi, che tornano verso i paesi al tramonto, col fucile di traverso sulla sella… Subito fin dal primo momento, dovemmo renderci conto che la Sicilia faceva parte a sé, una repubblica nel seno della repubblica italiana. Il paesaggio siciliano, spiagge e campagne, città grandi e piccole, è sempre pieno di fascino, e la natura, ora prodiga, ora avara, è estremamente viva. Forse di tutte le regioni italiane, la Sicilia è quella che sento più vicina al mio temperamento e da cui sono particolarmente attratto. Purtroppo, tanto mi attira la natura, altrettanto mi respinge un certo aspetto del costume, ancora rigidamente legato alla vecchia tradizione musulmana…”

E non a caso Leonardo Sciascia di Germi scrisse: “La scoperta della Sicilia da parte di Germi equivale a una scoperta di una frontiera nella storia nazionale, una specie di frontiera americana nella storia d’Italia: e diciamo nel senso che la nozione di frontiera ha assunto passando in America dalla storia, e dalla teoria storica, al cinema: un mondo, cioè, di sentimenti primordiali che esprime e costituisce in sé la legge”.