Cultura
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21/11/2009 14:38

La Sicilia orfana di Sciascia

di Marcello Benfante

Il ritornello, ormai da vent´anni, è sempre lo stesso, anche se variamente declinato. In forma interrogativa: «Se ci fosse Sciascia, che ne direbbe di questo o di quest´altro?». In forma esclamativa: «Ah, se ci fosse ancora Sciascia!».Fatto è – l´abbiamo detto mille volte – che Sciascia ci manca e che da vent´anni soffriamo e stentiamo per questo lutto della nostra cultura non ancora efficacemente rielaborato.


Ma che ci manca di Sciascia, avendo l´eredità inesauribile delle sue opere? Soprattutto la sua vigilanza, la sua attenzione perspicacissima, la sua capacità di cogliere il divenire dei fenomeni sociali, il loro preludere alle svolte storiche. Ci manca il suo magistero morale e intellettuale, come anche la sua scrittura sincronistica, se ci è concessa l´espressione, così precisa e graffiante. Ci manca il finissimo letterato e più ancora, forse, il rigoroso polemista. Confrontarsi con la sua sottile e potente e lucida intelligenza era un esercizio di vita e di pensiero: una via direttissima per giungere al cuore dei problemi.


Sciascia era il vero ponte che collegava la Sicilia all´Europa, ponendo l´isola e perfino la sua stessa vocazione isolazionista al centro di un dialogo internazionale in cui la separatezza diventava appartenenza e partecipazione. Insieme a Pasolini a Calvino e forse a pochi altri è stato l´intellettuale del Novecento che più ha sprovincializzato l´Italietta arretrata e angusta, stigmatizzando il suo “eterno fascismo”, il suo cattolicesimo manierista, il suo servilismo opportunista, il suo qualunquismo amorale, le sue mafie e le sue consorterie.


Fatalmente non ebbe un consenso unanime, anche se vastissima e indiscussa fu la sua autorevolezza, e di conseguenza la sua influenza. D´altronde la sua inorganicità al potere ne faceva fatalmente un eretico. In alcune sue battaglie, condotte con grande fermezza, sfiorò perfino l´impopolarità. Fu così per la querelle contro i cosiddetti “professionisti dell´antimafia”, per la contestazione della nomina del giudice Borsellino a procuratore di Marsala, per la sua interpretazione appassionata del dramma di Aldo Moro. Ma anche la sua lettura del fenomeno mafioso, la sua rottura con il Partito comunista dopo l´esperienza di consigliere comunale nelle sue file, la sua perorazione di un garantismo indefettibile furono oggetto di critiche aspre, di accesi scontri.
Certo è che egli difese un´idea altissima di giustizia. E basta rileggere con obiettività gli scritti di “A futura memoria” per rendersi conto di quanto pretestuosi fossero certi attacchi a posizioni certo criticabili, ma anche assai ponderate, sincere, pregnanti e perfino profetiche per certi versi. Così come ora appaiono strumentali i tentativi di appropriazione indebita del suo lascito allo scopo di attaccare la magistratura e financo il concetto di un´etica della politica.


Il vuoto che Sciascia ha lasciato, non solo in Sicilia, ma nel paese intero, è enorme. È difficile scorgere nel dibattito nazionale una figura che possa collocarsi sulla sua scia, che ne abbia raccolto il testimone. È difficile d´altronde individuare antagonisti di grande rilievo al conformismo dilagante. Ma forse oggi personalità come quelle di Sciascia o di Pasolini sono letteralmente impensabili, improponibili. Sarebbero inesorabilmente – qualcuno dice – emarginate e denigrate da un sistema dei media refrattario e insensibile alla sapienza dei maestri, allo scandalo del dissenso.


Certo, in un bilancio necessario a vent´anni dalla morte e a quasi novanta dalla nascita occorre interrogarci su quale uso, al di là delle volgari strumentalizzazioni, possiamo fare della parola di Sciascia. È ancora attuale, non la sua pagina, ma la sua critica sociale?
Le trasformazioni culturali, economiche, politiche sono state straordinarie in questo lasso di tempo. Alcune proprio nel senso – si potrebbe dire lungo la linea della palma – che egli aveva preconizzato. Altre invece tali da rappresentare una profonda mutazione antropologica della vita italiana. E tuttavia l´attualità di Sciascia è ancora evidentissima.
Pasolini ha scritto che «Sciascia non ha mai smesso di essere attuale, fin dal suo primo apparire come autore all´inizio degli anni Cinquanta». Spiegava, Pasolini, che l´attualità di un autore è generalmente data dalla sua capacità di “ricattare” (anche attraverso il successo). Ma il caso di Sciascia era affatto diverso: «Invece Sciascia ha saputo con assoluta eleganza evitare in ogni caso l´ambigua implicazione del ricatto. Si è mantenuto sempre purissimo, come un esordiente».


Ma occorre anche dire che Sciascia è attuale soprattutto perché è un classico, nel senso più vivo e meno monumentale della parola. E un classico – ci ha spiegato Calvino – è sempre attuale.