Cultura
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26/01/2018 13:18

La Sicilia vista dal cielo, lezione all’Università di Catania

Al Coro di Notte, 270 foto che raccontano l'Isola vista dall'elicottero

di Redazione

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Luigi Nifosì e il prof
Luigi Nifosì e il prof

Catania – Giovedì 25 gennaio, in un Coro di Notte affollato, Luigi Nifosì ha parlato della sua fotografia aerea, delle peculiarità e delle difficoltà tecniche che comporta nell’ambito di una lezione del prof. Dario Stazzone, alla Facoltà di lettere dell’Università di Catania, ai Benedettini. I presenti sono rimasti incantati dalla successione di immagini proiettate per circa un’ora, una visione dall’alto dell’intera Sicilia e delle sue isole, le Eolie, le Egadi, persino piccoli lembi di roccia e vegetazione nel mare, come l’Isola Bella e l’istmo, leggero, labile, che la collega alla terraferma.

Nifosì ha collaborato con Vincenzo Consolo e Dominique Fernandez, uno dei francesi che amano la Sicilia e vi hanno abitato. Gli scatti aerei hanno permesso di vedere ogni provincia dell’isola: Messina, inconfondibile per la sua forma di falce, la danza dei traghetti, il braccio di San Ranieri tante volte rappresentato nelle tavole di Antonello. Nella sua provincia le imbarcazioni colorate in una spiaggetta di Naxos e il teatro greco di Taormina. Poi i boschi dei Nebrodi, i laghetti di Tindari, Imera col tempio della vittoria che, stranamente, pochi visitano (e da cui vengono le celebri grondaie leonine del Salinas), il profilo inconfondibile di Cefalù, entrata nella topografia letteraria grazie al “Sorriso dell’ignoto marinaio” ed alla bella figura risorgimentale di Enrico Pirajno di Mandralisca. Quindi le vedute di Palermo, Trapani e Marsala. Ecco lo Stagnone di Marsala e un luogo unico come l’isoletta fenicia di Mozia: dall’alto si osserva perfettamente l’esatta geometria del Cothon. Un pensiero a Nino De Vita, al dialetto della sua contrada marsalese, Cutusìo, ai suoi versi aspri e dolci. Viste dall’alto le saline, geometriche, di colori diversi, ricordano un dipinto di Mondrian. Ecco poi Segesta, le forme geometriche del tempio messo in evidenza dal forte gioco di luci e ombre, Selinunte col mare magno delle sue rovine e i delubri dorici di Agrigento, quella che Pindaro chiamava “la città più bella dei mortali”. Nel cuore della Sicilia sono infiniti i castelli, i borghi abbarbicati che rivelano la tipica urbanizzazione medievale sulle alture (per motivi difensivi e, non secondario, per sfuggire alla malaria). Il ragusano ha caratteristiche inconfondibili, è una nuova variazione paesaggistica delle “cento Sicilie”: le geometrie dei muretti a secco in pietra bianca, i carrubi e, in lontananza, il mare dipinto con lentezza, velatura dopo velatura, da Guccione. Ecco le due Raguse, la bellezza inconfondibile di Ragusa Ibla, la facciata a torre del Gagliardi, l’alta scalinata di San Giorgio e la piazza che sfrutta scenograficamente, con sapienza, il forte declivio. Sono straordinarie certe piazze siciliane, quella di Ortigia dove sorge la chiesa di Santa Lucia, la cui forma evoca quella di un occhio (ne scriveva Consolo ne “L’olivo e l’olivastro”) o il theatrum barocco di Noto, dove le architetture di Gagliardi, Sinatra, Sortino e Labisi definiscono quello che Cesare Brandi definiva il “giardino di pietra”, usando abilmente il declivio del Meti.

Non poteva mancare Vendicari, la cittadina greca di Eloro, i fenicotteri che si alzano in volo (e qui sarebbe stato bello vedere dall’alto anche la colonna Pizzuta, quel singolare monumento greco presso cui ha scavato Paolo Orsi ed a cui ha dedicato una pagina letteraria molto bella Corrado Sofia). Purtroppo l’area di Priolo ed Augusta, ricca di memorie storiche, è anche quella degli stabilimenti petrolchimici, di un’assurda, infernale, incongrua città di Dite. Le foto aeree sono uno strumento utilissimo per studiare le planimetrie delle “città nuove” sorte dopo il terremoto del 1693: ecco la veduta aerea di Avola, la città esagonale ideata dal gesuita Angelo Italia, e Grammichele, altra riattualizzazione dell’utopia rinascimentale della città ideale. Ecco finalmente Catania, “la città dalla pietra nera” secondo Vittorini, la vera capitale rifondata con calcolatissima planimetria dopo il terremoto, dove gli espedienti della ricostruzione settecentesca sono stati sperimentati su larga scala. Incanta una foto aerea del palazzo dell’Università, si scorge il cortile che è un quadrato nel quadrato, non un chiostro conventuale ma uno spazio laico della ragione e dello studio, col fantasioso decoro di ciotoli neri e inserti di calcare. Splendida la veduta del monastero dei Benedettini o di via Crociferi, quella breve via “d’altissima civiltà europea” (Brandi) dove le chiese “sghembano” in una ricercata complicazione degli spazi, in una forte vocazione scenografica. In ultimo, a concludere l’intera sequenza di foto e la sua conferenza, Nifosì ci ha fatto vedere uno scatto della festa di Sant’Agata, del fercolo trainato dai devoti col sacco che definiscono una fiumana bianca tra la folla.