Resoconto di una festa
di Elisa Mandarà


Scicli – Corre il brivido febbrile della taranta stasera a Scicli. E chissà come avvertirà quei ritmi etnici estranianti il gigante di pietra, il vetusto San Bartolomeo, ai cui piedi, anche quest’anno, impazzerà il Taranta Sicily Fest.
Mancano solo poche ore al via alla quinta edizione della kermesse, che segna un connubio musicale tra la Puglia, patria della reinterpretazione, in danza, con la pizzica, del celebre mito aracnideo, e la Sicilia, resa protagonista non solo in quanto suggestiva location – è il cuore del barocco ibleo, ad essere coinvolto, sullo sfondo la roccia magnifica di Chiafura –, ma perché a far ballare le migliaia di persone già annunciate saranno i Calanti e le Malmaritate, note formazioni rispettivamente salentina e siciliana, convocate dagli organizzatori della manifestazione, i giovani sciclitani raccolti nell’associazione “Barocco eventi” che, col patrocinio del Comune di Scicli, hanno voluto scommettere su un concetto largo di cultura, in un’operazione di sviluppo del territorio.
Ci avviciniamo ai musicisti, per conoscerne meglio profili, mentre scaldano gli strumenti destinati a una notte in cui i pronostici garantiscono pure il poetico plenilunio, a completare un quadro estivo di singolare emozione. Ospiti pugliesi, i Calanti si organizzano formalmente nel ‘98, continuando una passione familiare che, da nonno Antonio in poi, attraversa diverse generazioni della famiglia Colitti. Dalle prime esibizioni, realizzate in occasioni di feste patronali locali, alle quali s’aggiungeva anche una sorta di ‘esorcismo’, presso abitazioni private, volto a sanare le donne ritenute ‘tarantate’, i Calanti sono certo cresciuti, vantando oggi esibizioni nazionali e internazionali, e avendo realizzato, con le musiche e i balli della loro più importante tradizione, ben cinque prodotti discografici. È, tra l’altro, un entusiasmo che vuole essere contagioso, quello dei Calanti, che oggi pomeriggio ‘formeranno’ i profani in uno stage fissato per le 18,30, diretto da Fabrizio Ricchiello ed Emanuela Capone, esperti di danza di corteggiamento e pizzica-pizzica; un modo per vivere la notte dei tarantolati consapevolmente, evitando di essere travolti da un’ignota febbre.
Concede libera voce all’altra metà del cielo la band delle Malmaritate, formazione nata nel 2013, ma già protagonista di esperienze impegnate e forti. Cantautrici siciliane, Gabriella Grasso (voce e chitarra), Valentina Ferraiuolo (voce e tamburi), Emilia Belfore (violino) e Concetta Sapienza (clarinetto basso e clarinetto soprano) sono spalleggiate dalla Narciso Records, pensata da Carmen Consoli per la valorizzazione delle sonorità riconducibili alla tradizione siciliana. Non origina dal faceto il nome del gruppo, allusivo ai cieli chiusi della disillusione nei quali, fin dal Medioevo, si ritrovavano le donne che avevano contratto matrimoni sbagliati, ove non restava che la libertà del lamento, verso le oppressioni maschili. Ambasciatrici del Telefono Rosa Onlus, le Malmaritate hanno portato la loro musica, oltre che nei palchi italiani, nelle carceri e nei centri antiviolenza, associando la musica alla piéce teatrale, a una forma di danza che sia memento dell’urgenza drammatica che chiama ancora oggi il femminicidio.
Ma la pizzica corre anche su corde assai fresche: l’apertura del festival è infatti affidata alla giovanissima cantante Sofia Gentile, copyright stavolta squisitamente ibleo, che allo Zecchino d’oro s’era esibita con un brano che, lo dice già il titolo, celebra “La tarantola”. E non a torto. Di fronte, infatti, al progressivo rarefarsi dei balli etnici locali, la nuova diffusione della pizzica pugliese può guardarsi come una via possibile di guarigione ai tanti ‘tarantismi coevi’ – in verità assai metaforici – che intaccano la sacrosanta serenità di spirito.
La febbre del sabato sera comincia alle diciotto e trenta, a Scicli. Spalleggiati da San Bartolomeo, allo specchio coi millenni ruvidi della roccia di Chiafura, intonano le prime note i Calanti, rinomato gruppo di pizzica e taranta, mentre sistemano la scaletta per il concerto della sera le Malmaritate, band tutta al femminile prodotta da Carmen Consoli.
Un dispiegamento di figure, suonatori, tecnici, artigiani, vigili, si spalma lungo il prezioso centro storico della cittadina iblea, a partire da Piazza Italia, cuore logistico del Taranta Sicily Fest, già transennato, in parte chiuso al traffico, e pronto ad accogliere l’annunciata folla di tarantolati che scateneranno piedi e menti da qui a qualche ora.
Ma c’è un altro cuore pulsante, a Scicli, appena qualche passo avanti, risalendo via Nazionale. A piazza Busacca s’aduna una festosa brigata, e sono i colori squillanti dei foulard delle signore a richiamare lo sguardo, mentre il ritmo della taranta ci ha già conquistati. Un pre-festival si compie, grazie alla briosa lezione di pizzica, tenuta dai ballerini Fabrizio Ricchiello ed Emanuela Capone, entrambi della formazione dei Calanti. Uno stage formativo perché la notte non colga impreparati i non adepti, mentre la graziosa Emanuela ci spiega, tra un passo e un altro, che basta poco per impadronirsi dalla pizzica, una danza molto intuitiva, libera, che “devi sentire tua”. La notte impazza da qui a poco. E i ritmi coinvolgono tutti, in una giostra alla quale è impossibile dire di no.
È ancora Emanuela Capone a toglierci qualche curiosità sulle origini della danza pugliese, oggi non disdegnata da musicisti di respiro europeo, che ne hanno colto i valori ritmici, in accordo col sostrato culturale in cui è nata: “la pizzica è tipica danza di corteggiamento dell’uomo alla donna. Nel momento in cui questa cede il foulard, vuol dire che è pronta a concedersi. Oltre alla pizzica, vi è la “pizzica tarantata”, alla cui base vi è una leggenda: le donne, nei campi, potevano essere morse dalla tarantola, che sputava un veleno. A questo punto avevano bisogno di un esorcismo. Pertanto venivano portate nella chiesa di San Rocco a Galatina, in provincia di Lecce. Col tempo si ritenne che quel luogo non fosse efficace per gli esorcismi e le donne colpite dalla tarantola vennero portate nel pozzo di San Pietro e Paolo. Venivano bagnate con quell’acqua, quindi ballavano fino all’alba, per far sì che il veleno che avevano in corpo uscisse attraverso il sudore. Insieme alla donna c’erano sempre due uomini, che suonavano il tamburello ed eseguivano la danza delle spade”.
Il copione segue le previsioni, a partire dalla suggestiva luna piena, dai numeri attesi, dalla splendida performance dei Calanti, dall’esecuzione, in ouverture, della “Tarantola”, intonata dalla piccola Sofia Gentile. Poi è il momento delle Malmaritate, che – ce lo fa presente Valentina Ferraiuolo – scelgono di coinvolgere il pubblico coi brani dell’ultimo disco, “Ognuno havi ‘n sigretu”, “un lavoro che ha visto molte ospiti, Claudia Gerini, Nada, Donatella Finocchiaro, la stessa Carmen Consoli, produttrice del disco con la sua etichetta discografica”. Sulle finalità ideali del gruppo Valentina ci spiega che “Malmaritate è un contenitore d’arte. Di femminile c’è soprattutto sopratutto il pensiero, l’anima. In quanto ambasciatrici del Telefono Rosa, ci siamo esibite nei centri antiviolenza, per beneficienza. Il nostro sound prevede i ritmi siciliani, laziali, campani, in un repertorio che spazia nei dialetti, come nei profumi e nei colori”.
La Sicilia
Foto Adele Statello
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